La storia rivisitata della base Dal Molin dopo l'(ab)uso politico di Achille Variati: persa un'occasione di "contaminazione" positiva
Venerdi 3 Marzo 2017 alle 22:07 | 2 commenti
Gentile Direttore, in una lettera di circa un mese fa, ripercorrendo questi ultimi 10 anni che hanno visto accadimenti per certi versi surreali, in particolare la gestione della questione "Dal Molin" da parte dell'Amministrazione, concludevo con una vena amara: Vicenza è profondamente cambiata, chissà come sarà in futuro. Voglio comparteciparla di una vicenda personale, sotto forma di lettera che volevo indirizzare in particolare ad un amico ma pensandoci potrebbe valere anche per altri amici con i quali, a modo mio, ho marciato nelle numerose manifestazioni contro il progetto della nuova base Usa. Per una maggiore comprensione della missiva, che di seguito scrivo e che vi chiedo di pubblicare (e di seguito la pubblichiamo, ndr), chiarisco la mia posizione rispetto alla questione. Inizialmente ero certamente proccupato nella previsone dell'accorpamento della 173°, successivamente vedendo lo smantellamento della pista di volo e da altri indizi si poteva capire che era in corso una revisione dei programmi militari in Africom, per asempio, ma anche con il Coespu, Gendarmeria Europea e Coe...
Inoltre avveniva la riconversione della Ederle e nasceva una nuova scuola per 1300 ragazzi. In sostanza una componente civile di americani ben superiore ai militari.
C'erano elementi sufficienti per chiedersi se fosse il caso, per il Movimento No Dal Molin, e per l'Amministrazione in primis, di rivedere tutta l'impostazione oppositiva e di pensare a nuovi rapporti. Non di succube accondiscendenza ma di intelligente e propositiva dialettica di relazioni dell'intera Comunità americana con la città .
Idea aborrita dal movimento, bisognava procedere senza se e senza ma, e porsi tali interrogativi significava tradire lo spirito della lotta, incrinare la certezza che si era di fronte al male assoluto.
Idea non considerata dal Sindaco Achille Variati per il quale nella trattativa col Governo, ai fini delle compensazioni, bisognava vantare danni incalcolabili per la città .
Ed ora che ci rimane? Un movimento miseramente decaduto dopo un'epopea esaltante di iniziative, di elaborazioni di missioni in Europa, in Svezia per contestare il Nobel per la pace ad Obama, negli Stati Uniti a manifestare davanti alla Casa Bianca, ecc... Ma abbiamo un Parco della Pace che rifulgerà a livello regionale, nazionale, financo europeo.
Sto pensando che sbolliti gli umori dei fatti di cronaca si potrà cominciare a ricostruire la storia dei fatti.
Penso che facilmente apparirebbe che ben altro si poteva ricavare da una simile vicenda, e come diceva il Prof. Antonio Papisca, direttore del Centro Diritti Umani di Padova, che su richiesta di alcuni amici aveva elaborato il progetto City Diplomacy, in cui Vicenza aveva ruolo di capofila di una rete di Città per la Pace e avrebbe potuto portare la propria testimonianza presso l'ONU negli organismi competenti per la pace e la cooperazione internazionale.
Caro Direttore, lei ora mi conosce, pertanto penso non sia necessaria la pubblicazione del nome a comprova della veridicità della fonte anche se mi stuzzica lo pseudonimo che mi ha suggerito ma su cui voglio riflettere per il... futuro.
Ecco allora la lettera che l'anonimo a noi ben noto scrive all'integerrimo amico pacifista (ma ancor più bellicoso raccoglitore di voti) Achille Variati.
Caro amico, non ha alcun senso che continuiamo a logorarci sulla questione. Io non sono pacifista integralista, cerco solo di convivere civilmente e di avere relazioni sullo stesso piano con gli altri. Così con i militari auspicherei occasioni per relazioni di confronto civile, sono convinto che sarebbe importante per la città avere la capacità di capire la variegata gamma di programmi militari. Prima di dare valutazioni di merito bisognerebbe conoscere. Era il suggerimento del Prof. Antonio Papisca, di chiedere come una delle compensazioni l'attivazione di un tavolo per la conoscenza del "militare" a Vicenza. Sarebbe stata cosa saggia che il cosidetto movimento No Dal Molin poteva chiedere.
Sarebbe stato un intelligente modo per capire come valutare la compatibilità del "militare" rispetto all'art. 2 dello Statuto, che impegna a perseguire la cultura della pace e convivenza civile. Lo Statuto è l'atto costitutivo della comunità cittadina e si poteva chiedere loro se dimorando in questo territorio lo potevano apprezzare e riconoscere, così com'è per le leggi dello Stato.
L'invito del Vescovo Mons. Beniamino Pizziol a chiusura dell'omelia della S. Messa di Domenica 26 gennaio, rivolto alla Comunità parrocchiale della Madonna della Pace, è stato di aprirsi alla Comunità della caserma degli americani composta da tante etnie, culture e religioni e - di converso - alla Comunità della Ederle di aprirsi al territorio per convivere pacificamente, dando insieme - in questo modo - un segno esemplare di convivenza alle genti di tutte le etnie, culture e religioni che qui approdano in cerca di pace e convivenza.
Si tratta di due autorevoli richiami volti non a giudicare il bene o il male ma a cercare insieme un percorso di convivenza rersponsabile.
Caro amico, da tanto tempo mi sto arrovellando su come sopire questa ossessione e sempre più mi sto confermando nella convinzione che aver mantenuto una posizione di antagonismo o peggio, così come sbottò un interlocutore, "disprezzo totale e permanente finchè restano qui", non solo non è stata una posizione da qualificare pacifista, ma addirittura ha fatto perdere alla città l'occasione di creare relazioni. E ha fatto perdere l'occasione di contaminare positivamente una cultura marziale inducendola ad un agire più umano nelle missioni, non solo quindi ad operare nel rispetto del diritto internazionale. E allora e soprattutto il comportamento umano lo avrebbero mantenuto pensando alla loro Comunità di mogli, figli, amici ... stretti insieme nella convivenza civile e pacifica della nostra Comunità cittadina, che questo da loro si aspetta nelle prove più crude della vita.
Addio amico pacifista.
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