Crisi BPVi, la nostra intervista a Stefano Righi del CorSera: "I soci dovevano stare più attenti"
Giovedi 24 Settembre 2015 alle 20:40 | 1 commenti
Stefano Righi, giornalista economico del Corriere della Sera, è una penna conosciuta e prestigiosa nelle analisi del mondo economico e bancario. Su Vicenzapiù abbiamo più volte pubblicato i suoi articoli e chiesto un suo intervento sul sistema bancario a nord-est. Lo abbiamo intervistato in esclusiva lo scorso aprile, subito dopo l'assemblea della Banca Popolare di Vicenza e, dopo la visita della Guardia di Finanza in via Btg. Framarin, non abbiamo resistito a voler sapere il suo punto di vista sulle ultime vicende dell'istituto di credito presieduto da Gianni Zonin.
Le perquisizioni della Procura di Vicenza alla Popolare arrivano a ridosso dell'approvazione obbligata del nuovo piano industriale che prevede un aumento di capitale da 1,5 miliardi necessario a ripristinare i coefficienti patrimoniali della banca e subito dopo l'attivazione di un consorzio di garanzia con 5 banche, che assicureranno la sottoscrizione dell'eventuale importo. Le due operazioni sembrano conseguenziali nel tempo. Un puro caso? E che effetto avranno sul futuro della banca
Proviamo a fare chiarezza: l'indagine della Procura di Vicenza va a vedere i comportamenti passati della banca e di alcuni suoi esponenti di vertice. Poi, l'aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro, garantito da Unicredit, va a coprire un buco del passato, mentre il piano industriale, che non è ancora stato presentato, ma lo sarà probabilmente nell'ultima settimana di settembre, dirà in quale modo l'attuale amministratore delegato Francesco Iorio intende riportare la banca sul terreno della redditività .
Le due banche nazionali del Consorzio di garanzia, Unicredit e Mediobanca, e le tre straniere (Bnp Paribas, Deutsche Bank e Jp Morgan), se saranno maggioritarie nella sottoscrizione diretta del capitale, assumeranno il controllo di fatto dell'Istituto con un investimento di fatto contenuto rispetto al valore "commerciale" della Popolare di Vicenza. A vantaggio o a svantaggio della massa degli azionisti che non solo vedranno almeno dimezzato il valore delle loro azioni ma conteranno ben poco nella gestione di una banca che sarà sempre meno del territorio?
Solo Unicredit garantisce l'aumento. Le altre quattro banche si sono impegnate a collocare le azioni. Il fatto mi sembra assolutamente positivo perché garantisce un futuro e una continuità alla banca. Invece, prevedere adesso il prezzo non è possibile. Dipenderà da molti fattori, su tutti l'incontro tra domanda e offerta.
C'era un mezzo diverso per assicurare la sopravvivenza della banca ma anche per tutelare di più o meglio anche gli azionisti attuali, in gran parte risparmiatori, piccoli imprenditori e dipendenti vicentini della BPVi stessa, considerando che l'abbattimento del valore della azioni di decine di migliaia di azionisti si ripercuoterà anche sull'economia locale sottraendone miliardi di euro che sembravano riposti in un salvadanaio (o in "una musina" come affermava chi quelle azioni le collocava) e che ora non sono più disponibili?
Certo che c'era! Ed era una maggior vigilanza da parte di tutti i soci, non solo da parte degli organi di amministrazione e controllo. Ora, invece, la strada intrapresa mi sembra la migliore possibile. Bisognava allertarsi prima, ma è chiaro a tutti che per vent'anni la banca ha rappresentato l'ottimo: i suoi titoli davano dividendi crescenti e aumentavano di valore. Peccato che di valore si trattasse e non di prezzo, che alla fine è l'unica cosa che conta.
Sulla crisi dell'Istituto vicentino hanno pesato di più la mala gestio interna o le nuove normative imposte dalla Bce e dall'Europa, tra cui i controlli più stringenti e diretti sui parametri di valutazione e la trasformazione in Spa delle Popolari più grandi?
L'Europa non è cattiva e neppure la Bce. Le regole sono chiare a tutti e i banchieri hanno contribuito a scriverle.
I reati contestabili o contestati in primis al presidente Gianni Zonin e all'ex direttore Samuele Sorato risalgono a prima del dicembre 2014, quando la vigilanza era ancora di competenza della Banca d'Italia. Successivamente la Bce ha imposto alla Banca una pesante pulizia contabile che ha comportato il deprezzamento delle azioni e un 2014 chiuso con 760 milioni di perdite. Ma, nonostante questo, la Banca d'Italia non ha mai elevato sanzioni ma anzi nel vicino passato indicava l'Istituto vicentino come un possibile e virtuoso aggregatore di altre banche. Che conseguenze ci possono essere per la Banca d'Italia?
Non è così. L'Unione bancaria europea nasce il 4 novembre 2014. Il Supervisory Mechanism funziona da inizio 2014. I controlli ci sono stati. E infatti sono emersi i comportamenti distorti. Quanto al passato, mi pare che più volte la Banca Popolare di Vicenza si sia promossa soggetto aggregatore, ma le parole non sono mai divenute fatti. Mi sembra evidente che qualcosa deve essere accaduto...
La linea della Banca d'Italia con la Banca Popolare Vicentina è stata molto diversa da quella, molto più dura, tenuta con Veneto Banca. Ci potrebbero teoricamente essere implicazioni legali della Banca d'Italia anche per la diversità di trattamento Veneto Banca?
Non vedo diversità di trattamento.
Quanto ha contato in questo atteggiamento l'attività di lobby presso la Banca d'Italia dell'ex Ragioniere Generale dello Stato Andrea Monorchio, vice presidente del Cda di lunga data, e di Gianandrea Falchi, da meno di un anno alla Popolare di Vicenza come consigliere per le relazioni istituzionali e internazionali e già capo della Segreteria particolare della Banca d'Italia, per anni a fianco dell'ex Governatore di Bankitalia Mario Draghi?
Non vedendo diversità di trattamento, dico: nulla.
Iorio sta portando a termine il primo passo della sua opera di riassetto patrimoniale con l'aumento di capitale. In generale come giudica il suo operato?
Iorio ha fatto tutte le cose che andavano fatte. Il suo arrivo rappresenta una netta discontinuità con il precedente management. Attendiamo ora il piano industriale.
Se fosse tra gli azionisti della Banca Popolare di Vicenza che peso darebbe alle azioni legali che alcuni di loro da soli o riuniti in associazioni e comitati stanno intraprendendo? E sottoscriverebbe o meno l'aumento di capitale se avesse le risorse per farlo?
Le azioni legali non devono preoccupare gli attuali azionisti. Invece, per sottoscrivere o meno un aumento di capitale, bisognerebbe almeno conoscerne i termini. Ma è ancora troppo presto.
Quali sono state, se ce ne sono state, le responsabilità specifiche della politica veneta e vicentina nel caso Popolare di Vicenza il cui cambio di assetto proprietario, tra l'altro, scombussolerà gli equilibri locali che hanno ruotato da anni intorno a Zonin e alle emanazioni della sua Banca in Confindustria Vicenza?
La politica non c'entra con quanto è accaduto in Popolare di Vicenza. Non facciamo confusione! La banca è privata, con soci, consiglio di amministrazione e collegio sindacale. La politica è stata fortunatamente lontana dalle decisioni strategiche della banca e, mi auguro, continui a stare lontana e a disinteressarsi di quanto accade in via Battaglione Framarin.
Che conclusioni e che auspici trae dalla crisi delle due Popolari venete di livello nazionale sfociate per entrambe anche in più o meno spettacolari azioni giudiziarie?
Ci vorrà del tempo, ma le banche possono farcela. Rappresentano un territorio vivissimo e dinamico, che spesso si è identificato in loro. Ora però bisogna fare i conti con il passato e guardare in faccia la realtà : la governance delle popolari non è adeguata al sistema finanziario odierno. Il governo Renzi, fortunatamente, ha imposto una legge di riforma. Ai principi di questa dovrebbero adeguarsi anche altre banche popolari.
Con il contributo di Giovanni Coviello Â
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