Ilva, Langella: il solito ricatto
Martedi 27 Novembre 2012 alle 11:25 | 0 commenti
Giorgio Langella, segretario regionale PdCI FdS - La Magistratura ha disposto l'arresto di 7 dirigenti
dell'Ilva. L'accusa è grave: hanno tentato di nascondere l'inquinamento. Quell'inquinamento che ha provocato centinaia di decessi e guadagni stratosferici (si parla di qualche miliardo di euro in 15 anni) per i padroni dell'Ilva. "Lorpadroni" rispondono chiudendo gli stabilimenti di Taranto e lasciando a casa 5000 lavoratori.
Non contenti annunciano come "ineluttabile" la chiusura di tutti gli stabilimenti del gruppo in Italia: Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica. È l'ennesimo, odioso, ricatto di una casta imprenditoriale che vuole poter agire al di fuori della legge. Inaccettabile. Il governo convoca le parti sociali e gli enti locali. La Fiom ha invitato gli operai di restare al lavoro. Di fatto la fabbrica è occupata. Ha fatto bene. Non si può accettare il ricatto padronale. La Magistratura deve fare il suo dovere. Chi ha inquinato, chi ha (di fatto) fatto ammalare e ucciso i lavoratori e i cittadini residenti nelle zone vicine alla fabbrica, chi ha provocato il disastro ambientale che viene documentato non può restare impunito perché ricatta la collettività . Si requisiscano fabbrica e beni dei malfattori. Che siano i lavoratori, lo Stato e le Istituzioni a prendere in mano i destini degli stabilimenti. E che si condannino i responsabili di quanto successo all'Ilva nella maniera più severa possibile e senza attenuanti. È ora di finirla con l'arroganza e l'immunità concessa alla "casta di lorpadroni".
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