Il topolino di Pontida
Domenica 19 Giugno 2011 alle 13:33 | 0 commenti
Giorgio Langella, PdCI, FdS - E' appena finito il discorso di Bossi a Pontida. Chi si aspettava novità vere è, sicuramente, rimasto deluso. Per l'ennesima volta Bossi lancia un "penultimatum" al suo capo Berlusconi. Bossi sostiene che se si andasse oggi al voto vincerebbe la sinistra e che, quindi, non si può far cadere il governo. E lancia messaggi: ministeri al nord, fine della guerra in Libia (ma solo perché altrimenti arrivano i profughi), "riforma" fiscale. Cose risapute.
Bossi chiede a Berlusconi e Tremonti di sedersi attorno a un tavolo (e afferma che se, poi, volesse partecipare anche Maroni sarebbe meglio). Il discorso di Bossi è stato faticoso, confuso, malinconico e, per molti aspetti, penoso.
Sintomo di una dirigenza politica che non sa cosa fare perché troppo legata a quanto non ha fatto in tutti questi anni di governi orribili ai quali ha partecipato.
L'impressione è di una lega chiusa in un angolo che può fare solo propaganda.
Ma di quanto ha detto Bossi vorrei rimarcare un concetto che non deve essere sottovalutato. Bossi ha affermato che "i principi universalistici non si possono più applicare".
Per Bossi in pratica (e lo ha detto esplicitamente) i diritti non possono essere uguali per tutti i cittadini. Un concetto che ci porta indietro di secoli e che è stato accolto da chi ascoltava con il grido "secessione, secessione". A questo slogan Bossi ha risposto che se il "popolo" vuole la secessione sarà giusto prepararsi.
Vecchi slogan, vecchia propaganda. Nessuna proposta reale per uscire dalla crisi. Un'attesa imbarazzante di quello che diranno e faranno Berlusconi e Tremonti ai quali, per Bossi, non esiste alternativa.
Alla fine degli interventi è stato chiesto dal palco di firmare per il trasferimento dei ministeri al nord. Una "grande" iniziativa che ci costerà moltissimo.
La risposta della lega alla situazione mi è sembrata inadeguata, inutile e patetica. Io continuo a credere che sia necessario mandarli a casa subito.
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