Riforma costituzionale lascia fuori dal senato le regioni a statuto speciale, il prof. Renato Ellero: lo avevo detto al Fatto Quotidiano
Venerdi 11 Novembre 2016 alle 19:37 | 0 commenti
Il Professore Renato Ellero ha chiamato in redazione per darci lo stesso messaggio che, ci dice, via sms aveva inviato a Il Fatto Quotidiano qualche tempo fa: “date un occhio allo statuto delle regioni a statuto speciale, avrete delle sorpreseâ€. Che sorprese? Chiediamo all’esperto professore. E in modo semplice ci spiega ciò che ha verificato un paio di settimane fa, prima di avvisare le redazioni (dichiarando di non reclamare la paternità dell'avviso al Fatto Quotidiano). “Le regioni a statuto speciale hanno un proprio statuto. Quest’ultimo stabilisce che i consiglieri regionali non possano essere contemporaneamente membri di una delle due Camere e, quindi, anche del Senato. Questo però è ciò che prevede la riforma costituzionaleâ€. Quindi, secondo lo statuto delle regioni di Trentino Alto Adige, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e Sicilia, le suddette regioni non possono avere una rappresentanza in senato come le altre regioni?
“Ammesso che vinca il Sì al referendum per la riforma costituzionale questo sarebbe il risultato. Ma c’è di più: lo statuto di queste regioni si comporta come la costituzione. Dunque per attuare la riforma costituzionale ne servirebbe un’altra per modificare questi statuti, abilitare il doppio incarico nelle regioni a statuto speciale e poi eventualmente mettere in atto la riforma proposta dal governo Renziâ€.
“Ma non ci potevano pensare prima, ma che riforma è? Quella della Banda Bassotti in libera uscita!†si chiede polemicamente il professore.
Anche Il Fatto Quotidiano ha pubblicato poche ore fa l’analisi della questione (partita grazie alla riflessione di Ellero o di altri che hanno posto il problema e che sono sulla stesssa lunghezza d'onda...) elaborata dal giurista Antonio D'Andrea che definisce la questione risolvibile, ma non manca di aggiungere che “potevano scrivere meglio quel testoâ€. L’alternativa è che le regioni rese speciali da questi statuti modifichino le regole passando, prima dell'eventuale entrata in vigore della riforma, per “altri 4 via libera delle Camere nazionali più un parere di ciascun consiglio regionale†dichiara D'Andrea ai colleghi de Il Fatto, confermando che il processo non è dei più semplici.
Senza questo percorso, però, di fatto si lascerebbe vuoto per metà il “nuovo†Senato che sarebbe composto, se passerà la riforma che andrebbe in vigore nel 2018, oltre che da sindaci anche da consiglieri regionali.
Tutti meno quelli delle regioni a statuto speciale, che dovranno correre per metterci una pezza in tempo.
A meno che non vogliano rimanere fuori dal Senato e, magari quelle indipendentiste, "uscire" dall'Italia unita...
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