Il manifesto web di Alessandra Moretti: un bel programma passando, però, per "Aushwitz" in "biciletta"
Mercoledi 14 Maggio 2014 alle 15:03 | 1 commenti
Stiamo seguendo Alesssandra Moretti, volto nuovo, e carino, della politica nazionale e forse euroepa, se pure esiste ancora questa parola, con pari attenzione per i suoi tour elettorali in città e provincia e per le sue gaffes, tra cui la cena "made in Maltauro" con confindustriali, banchieri e imprenditori danarosi e suoi amici, come ha detto il suo organizzatore "privato", il presidente del gruppo Gianfranco Simonetto, e per i suoi comizi con, purtroppo per lei capolista e per il PD, pochi ascoltatori tra la gente comune, a Torri come a Bologna.
Oggi ci è arrivata dalla parlamentare per meriti di listino bloccato una newsletter sui perché della sua candidatura e sui suoi programmi europei, che volentieri e come sempre pubblichiamo, anche se magari avremmo preferito che l'ex vice sindaco vicentina con i fondi lecitamente raccolti anche nella cena (36.000 euro?) pagasse un buon correttore di bozze, se non un ghost writer, più consono a una "salottiera tv" e a una aspirante star dei rotocalchi di gossip.
Perché, passi per "biciletta" invece che "bicicletta", ma scrivere "Aushwitz" invece che "Auschwitz" ci porta a temere, una volta esclusa l'ignoranza di un'avvocatessa come lei, che l'errore su un nome così importante e così pieno di significati, da entrare a far parte del documento morettiniano, sia stato commesso per eccessiva leggerezza o celerità . Le stesse caratteristiche che hanno etichettato la bionda vicentina quando ha fatto cucù a Bersani, un momento prima che "cadesse". Anche grazie al suo cucù.
"Absit iniuria verbis", ma questa è cronaca non opinione.
Come è da cronaca il manifesto di Alessandra Moretti, che pubblichiamo integralmente e senza correzioni, augurando sinceramente a lei e all'Italia che rappresenterà che diventi storica l'attuazione dei suoi contenuti trasformando l'etichetta di opportunista che ora l'accompagna in quella di intelligente interprete delle trasformazioni della società .
Non ci credo molto, sono sincero visti gli approcci precedenti anche nel governo della città ma se mi sbaglio mi corrigerete...
Il direttore
Vince la speranza
La notte in cui Matteo Renzi mi ha telefonato per domandarmi un impegno come capolista nel nord-est per le elezioni europee non ho dormito. Lo so, potrà sembrare ingenuo, ma la prima cosa cui ho pensato sono stati i miei figli. Riuscirò a continuare a essere una buona mamma per loro? Riuscirò a essere presente anche da Bruxelles? Riuscirò a dare una risposta alla domanda di futuro che percorre tutta l'Italia? Sarò in grado di far rivivere all'Europa dimensione di speranza?
Se c'è una cosa che mi riprometto ogni giorno, è di continuare a essere me stessa. Una donna semplice ma con la schiena dritta, determinata ma gentile, sorridente perché credo nella speranza, ma non ingenua da non sapere che questa speranza va coltivata e alimentata giorno per giorno con azioni concrete.
Sono un'ex amministratrice locale. Mi piace dire che quella dell'amministratore locale è una malattia dalla quale non si guarisce mai. È un vestito che non ti togli mai di dosso. Per questo motivo ho avuto tante difficoltà a comprendere i meccanismi dei palazzi del potere ( e ancora ne ho). Quando ero vicesindaco, i cittadini mi bloccavano mentre andavo in comune in biciletta per arrabbiarsi con me se facevo qualcosa di sbagliato. Io ascoltavo. Avevamo opinioni diverse? Alle volte sì. Ci scontravamo? Pure. Ma il fine ultimo era il bene della nostra comunità e alla fine della discussione ci rimboccavamo le maniche per portare a casa il risultato.
In Parlamento ho assistito a urla, insulti, congiure, falsità e finta indignazione a uso e consumo della stampa. Ho visto i giovani del movimento 5 stelle buttar via la speranza del cambiamento per urlare a comando di un comico rabbioso; sono stata insultata, accusata di tradimento e offesa. La migliore risposta è quella della gentilezza e della determinazione. Spalle dritte e gentilezza. Come quando facevo il vicesindaco. Ascolto, confronto, decisione. La determinazione unita alla voglia di ascoltare sono uno strumento fortissimo.
Renzi, dicevo, mi ha chiamato, e nel suo inconfondibile accento fiorentino mi ha detto: " Alessandra, in passato hai fatto anche battaglie dure contro di me. Adesso c'è bisogno di restare uniti. In Europa dobbiamo mandare avanti chi ha entusiasmo e voglia di fare. Te ci stai?"
Ho accettato con determinazione perché credo che la nostra Europa debba essere l'Europa della speranza. L'Europa del grande sogno europeo, quella nata per dire mai più ad Aushwitz, quella che non ha paura di ricercare la pace, il benessere e la crescita. L'Europa che vede nella solidarietà tra i popoli un'opportunità e non una zavorra.
La nostra Europa è l'Europa democratica, più vicina ai cittadini e non schiava dei suoi dogmi. È l'Europa che non pensa ai bilanci di fine anno ma agli investimenti per il prossimo decennio.
La nostra Europa è l'Europa della solidarietà e del lavoro. L'Europa del reddito minimo e del sussidio di disoccupazione europeo. Perché chi decide di andare a produrre in Bulgaria lo deve fare per la qualità del lavoro bulgaro e non perché lì il lavoro costa meno.
Allo stesso tempo la nostra Europa libera il tempo degli imprenditori con un click per far correre le imprese e ripartire l'economia. La nostra Europa usa le sue risorse per dare credito alle piccole imprese, non alle grandi banche.
La nostra Europa parla ai giovani di lavoro e innovazione, non di regole e direttive. La nostra Europa è quella nella quale se due ragazzi si chiudono in un garage e inventano una startup che funziona, questa viene immediatamente finanziata, e non sommersa da un centinaio di documenti da compilare in triplice copia e da consegnare a mano a 15 uffici differenti.
La nostra Europa è un'Europa che crede nel lavoro delle donne, non solo per una questione di equità ma perché quando le donne lavorano, è l'intera economia che sorride con loro.
La nostra Europa usa al cento per cento i fondi strutturali per la crescita e non ha paura di indicare chiaramente l'origine di un prodotto. "Made in Italy" è il marchio più utilizzato al mondo dopo "Coca Cola" e "Visa", è la seria leggerezza del vivere italiano che tutti ci invidiano, è il bello che noi regaliamo al mondo. La nostra Europa la bellezza la mette in vetrina.
La nostra Europa è quella dei tanti che hanno pianto nel vedere le bare bianche dei bambini annegati a Lampedusa. La nostra Europa è l'Europa che insieme accoglie, insieme protegge e insieme fa integrazione.
La nostra è l'Europa della speranza che non cede a quella delle paure, della finanza e della solitudine.
Lasciamo la paura.
Riprendiamoci l'Europa con un sorriso.
Un abbraccio,
Alessandra Moretti
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