Il Fatto, allarme Artigianfidi: i tagli di BPVi agli anticipi su fatture per carenza liquidità creano meccanismo perverso su fidi a rischio. Intanto Banca (Im)popolare di Vicenza rimane muta su 8 domande e Matteo Marzotto in Cda
Venerdi 19 Febbraio 2016 alle 10:02 | 0 commenti
Mentre la Banca Popolare di Vicenza continua a non rispondere alle nostre 8 domande più quella sulla permanenza in Cda "condannato" Matteo Marzotto, arrivano, lo scrive Gianni Favero su Il Corriere del Veneto, Sviluppo e vari Confidi tra cui Artigianfidi a porsi altre domande su affidamenti alle PMI, interconnessioni con le garanzie prestate tramite azioni oggi ridotte al lumicino e difficoltà per gli anticipi su fatture causa di carenze di liquidità legate alla fuga di depositi per 8,8 miliardi, solo in parte attenuata da inizio anno stando alle dichiaarzioni recenti del presidente Stefano Dolcetta.
A lui e a Iorio ricordiamo, però, che per essere credibili bisogna dissipare tutti i dubbi, tra cui gli otto da noi esplicitati. Una banca, pergiunta nelle condizioni di quella vicentina, non può ma soprattutto non ha alcun diritto di non essere un libro aperto. Il rischio? Che il libro soci si assottigli definitivamente dopo che a ridursi a carta velina sono stati i risparmi di 119.000 soci meno un migliaio di... privilegiati.
Ecco l'articolo odierno di Gianni Favero de Il Corriere del Veneto che suggeriamo di leggere al nostri lettori, ma, soprattutto, al solerte Ufficio stampa di evidenziare nella sua quotidiana rassegna stampa ai vertici della Banca (Im)popolare di Vicenza
Liquidità Bpvi, allarme Confidi «Niente anticipi sulle fatture»
di Gianni Favero, da Il Corriere del Veneto
Le aziende che temono ripercussioni sulle loro linee di finanziamento per il fatto di aver dato come garanzia le azioni di Banca Popolare di Vicenza, quando i titoli avevano il valore dei bei vecchi tempi, vanno senz'altro aiutate, purché abbiano un rating all'altezza. Dunque, in sostanza, solo se hanno i fondamentali per meritare credito, esattamente come tutte le altre. Su questo punto sono allineati un po' tutti i player del sistema delle garanzie e del credito istituzionale, i quali assicurano la massima attenzione e la sicura disponibilità ma nessuna corsia di comodo.
La posizione di Veneto Sviluppo è espressa con grande nettezza dal nuovo presidente, Massimo Tussardi: «Non ritengo plausibile - dice - che la finanziaria regionale possa intervenire in alcun modo in questa vicenda, a meno che, ma non riesco ad immaginare con riferimento a quale norma, non le venga chiesto specificatamente dalle istituzioni». In altri termini, Veneto Sviluppo «potrà valutare se e come sostenere aziende coinvolte nel problema delle azioni prestate come garanzia, ma solo se è idoneo il loro merito di credito, connesso alla qualità degli investimenti».
Anche Patrizia Geria, direttore generale di Neafidi del Veneto, esclude che nelle scelte dell'istituto possano entrare automatismi collegati alla posizione degli interlocutori rispetto alla Popolare di Vicenza. «La valutazione che fanno i Confidi è sempre di grande attenzione verso la sostenibilità del programma delle aziende e alla storia che c'è dietro. Del resto - prosegue - non mi sento di fare un ragionamento che abbia a che fare con una banca oppure con un'altra. Siamo spettatori di un cambiamento talmente epocale che di sicuro ci troveremo in tempi rapidi di fronte ad un mercato finanziario profondamente diverso da quello attuale».
L'aspetto più pericoloso, che intravede Luciano Sassetto, direttore di Artigianfidi di Vicenza, è invece quello di una nuova restrizione del credito dovuta al venir meno, nella raccolta di Bpvi, di qualcosa come 8 miliardi di euro. «Il timore nato nei risparmiatori, anche a causa di una cattiva informazione, ad esempio sul "bail-in", ha portato molti di loro a trasferire i depositi in altri istituti, sottraendo alla banca la fondamentale liquidità per soddisfare la richiesta di affidamenti. Stiamo già osservando casi di aziende che non possono più scontare gli effetti, ciò significa che la banca non anticipa gli importi delle fatture emesse. Se questi imprenditori sono in deficit di liquidità è chiaro che il quadro si complica». Non risultano invece, almeno a oggi, richieste di rientro degli affidamenti a causa del crollo di valore delle azioni date in pegno. «Di norma le domande di questo tipo derivano piuttosto da gravi situazioni di insolvenza. Comunque è certo che una svalutazione così profonda del titolo non aiuta».
Intanto, rispetto al buon fine dell'aumento di capitale da 1,5 miliardi (in effetti 1,763 mld, ndr), ieri l'amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, si è espresso in termini ottimistici, dicendo che «sarà un grande successo, senza sorprese negative sul mercato». Ghizzoni ha anche rilevato che Bpvi «ha fatto tanto per risolvere i problemi di qualità dell'attivo ed è una banca locale in un'area molto ricca, che pu ò solo fare bene».
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