Il cosiddetto tribunale dei ministri non esiste
Martedi 15 Febbraio 2011 alle 22:11 | 0 commenti
Renato Ellero (avvocato, già senatore della Lega Nord durante il primo governo Berlusconi e professore universitario di diritto penale) inizia la sua collaborazione con VicenzaPiù dal n. 207 in distribuzione.
Se Silvio Berlusconi abbia consumato o meno con la minore denominata Ruby rapporti sessuali a pagamento, e anche le palpazioni di certe parti del corpo rientrano nel concetto di rapporto sessuale; se Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora siano o meno dei prosseneti; sono argomenti sinceramente di grande attrazione, ma non interesseranno questo breve approfondimento.
Il diritto è talmente poco misterioso per chi lo conosce, che si riesce a capire dalla linea difensiva che uno o due avvocati scelgono se sono convinti dell'innocenza o della colpevolezza del loro assistito. A buon intenditor poche parole.Â
Al contrario mi interessa un argomento che sento ingannevolmente ripetere in comunicati stampa e soliloqui; ma sul quale colpevolmente i media mantengono il lettore nella più assoluta ignoranza.
Parto dalla frase chiave, sia sul piano concettuale sia su quello politico, con la quale il presidente Berlusconi afferma che i pm di Milano non sono il «suo» giudice naturale precostituito per legge: il riferimento è all'articolo 25 comma primo del testo costituzionale. Contestualmente il premier afferma che si presenterà solo davanti al suo giudice naturale precostituito per legge. Ciò con preciso riferimento alla legge numero 1 del 1989 la quale riguarda i reati commessi dal «Presidente del Consiglio o dai Ministri nell'esercizio delle loro funzioni».
Non entrerò nel merito dell'intervento a favore di certa "Ruby Rubacuori" presso la questura di Milano poiché l'argomento, assieme alle relative giustificazioni, mi infastidisce. Certo non v'è dubbio che i pm milanesi non siano i giudici naturali e precostituiti per legge, ma questo per il sol fatto che i pm sono magistrati, ma non giudici. L'argomento difensivo salta da solo. Che il premier si presenti o no davanti ai magistrati requirenti è del tutto irrilevante. Ciò che interessa conoscere è se il «Tribunale per i Ministri» esista; e se esiste interessa sapere che cosa sia.
Va subito chiarito che il tribunale è come sua qualificazione giuridica un organo collegiale o monocratico, dipende dal tipo di reati, che decide con sentenza se l'imputato sia colpevole o innocente. Faccio grazia al lettore della terminologia tecnica agganciata ai concetti di colpevolezza o innocenza. Il «Tribunale dei Ministri» quindi non esiste ed è espressione terminologica gergale ed invero anche assai infelice.
Ai fini del ragionamento quindi è utile ricordare il famoso processo Lockheed del '79. All'epoca il parlamento si trovò davanti ad una serie di polemiche nate sulla previsione costituzionale di allora: costi del processo, unico grado senza appello, la Corte Costituzionale allargata bloccata per mesi. Il legislatore decise così di modificare la normativa costituzionale. Tant'è che dopo un non breve periodo di discussione varò appunto la «Legge 1 del 1989».
In questa legge la funzione tipica del pubblico ministero che svolge le indagini preliminari viene svolta da un collegio di tre giudici mai denominato tribunale. Più nello specifico si tratta di tre giudici effettivi e di tre giudici supplenti estratti a sorte tra i magistrati in servizio nei tribunali del distretto che abbiano certe caratteristiche di carriera. Questo collegio dura in carica due anni, vale a dire viene rinnovato ogni due anni. In ragione dell'articolo 8 di detta legge costituzionale, questo collegio svolge in un termine ristretto di tempo, ovvero in novanta giorni, le indagini preliminari; vale a dire quegli atti che nel processo ordinario vengono svolti dal pubblico ministero. Grossolanamente potremmo definirlo pm collegiale. Terminate le indagini preliminari questo collegio, che potremmo considerare istruttore con un richiamo al precedente codice di procedura penale uscito di scena proprio nel 1989, chiede al pubblico ministero che ha trasmesso il fascicolo il parere. Il pm può chiedere l'archiviazione, nuovi atti d'indagine o il rinvio a giudizio. Il collegio può disporre nuovi atti d'indagine, archiviare con decreto o chiedere al procuratore della repubblica di trasmettere alla camera competente le conclusioni favorevoli al rinvio a giudizio. Ma anch'esso non è un giudice, perché non può emettere una sentenza di condanna o assoluzione.
Allora perché assistiamo a questa distorsione concettuale quando si attribuisce a tale organo collegiale una qualità che non ha? Perché la decisione sul rinvio a giudizio è subordinata all'autorizzazione allo svolgimento del processo, che nel caso di Berlusconi deve essere concessa dalla Camera dei Deputati. Questa può a maggioranza assoluta dei componenti (316) decidere (si veda il parere dell'attuale «Giunta per le Immunità ») di non concederla qualora in ragione dell'articolo 9, comma secondo, sempre della legge uno dell'89, il ministro «inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo».
Ipotizziamo una situazione che i comportamenti recenti (si ricordi il caso Cosentino) rendono pressoché incredibile; e cioè che la Camera dei Deputati autorizzi il processo a Berlusconi. Quale sarà , allora sì, il giudice naturale precostituito per legge in base all'articolo 25 della Costituzione? Sarà il «Tribunale di Milano» in formazione collegiale; esattamente lo stesso cui Berlusconi sarebbe rinviato qualora il gip accogliesse l'ipotizzata richiesta di rito immediato da parte dei pm. Il giudice naturale precostituito per legge è lo stesso in entrambi i casi.
Prima domanda: ma allora perchè tanto rumore? Seconda domanda, retorica: c'è qualcuno che crede che la stessa aula che non ha autorizzato l'uso delle prove dirette a dimostrare l'appartenenza di Nicola Cosentino alla camorra, autorizzi i giudici a processare Berlusconi per accertare la sua colpevolezza o la sua non colpevolezza?
Per chiudere vorrei tranquillizzare comunque i sostenitori sullo status parentale di tale "Ruby Rubacuori", i quali ritengono che Berlusconi abbia salvato i rapporti diplomatici italiani con Hosni Mubarak e di conseguenza la serenità politica dell'Egitto. In tal senso rivolgo ai membri della giunta per le immunità , con l'onorevole Maurizio Paniz in testa, l'invito ad accendere il televisore. Vedranno che a preservare quella serenità ci stanno già pensando gli egiziani.
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