I «salotti» vicentini Palladio e Ferak scossi dalla cacciata di Perissinotto da Generali
Domenica 3 Giugno 2012 alle 15:34 | 1 commenti
Per essere informati su "cause ed effetti" che toccano una parte rilevante della finanza vicentina col terremoto Generali (fuori Luigi Perissinotto, dentro Mario Greco nel vertice del colosso triestino e internazionale) bisogna leggere i giornali nazionali e localmente, solo, Il Corriere del Veneto. Eppure nei "giochi" ci sono, e come che ci sono, le vicentine Palladio e Ferak, tra i maggiori azionisti della compagnia intorno ai quali si disegnano gli equilibri non solo finanziari dell'Italia. E la Ferak vede insieme Cassa di Risparmio di Torino e la famiglia Amenduni, che è una potenza industriale, immobiliare e finanziaria in Italia e non certo solo a Vicenza ...
Pubblichiamo, quindi, l'articolo di Claudio Trabona, da Il Corriere del Veneto, che sulla defenestrazione di Giovanni Perissinotto esordisce definendola giustamente «una storia che riguarda molto da vicino il Veneto: per i personaggi coinvolti, per le motivazioni all'origine della guerra mossa al capoazienda, per gli intrecci di rapporti personali e partecipazioni azionarie nei «salotti» Palladio Finanziaria, Ferak, Finint».
Per poi proseguire così.
Innanzitutto, va registrata la resa dei conti consumatasi ieri mattina in consiglio di amministrazione delle Generali a Milano. La sfiducia al capoazienda è avvenuta con dieci voti favorevoli contro cinque (più un astenuto). Tra questi ultimi, va annotato quello di Carlo Carraro, rettore di Ca' Foscari, consigliere indipendente in rappresentanza dei fondi d'investimento azionisti del Leone di Trieste. Il suo voto pro-Perissinotto, sia pure sganciato da un qualsiasi legame diretto con altre vicende, è rappresentativo degli umori dominanti nella finanza veneta. Né Enrico Marchi né Roberto Meneguzzo né, a quanto pare, Veneto Banca sono contenti del ribaltone ai vertici operativi della più grande compagnia italiana di assicurazioni. Il presidente di Finanziaria Internazionale, addirittura, s'è sentito in dovere l'altra sera di intervenire con un comunicato in cui, difendendo Perissinotto, indicava non nel cattivo andamento in Borsa di Generali ma «in tutt'altre e meno nobili motivazioni la ragione di quanto sta succedendo» a danno dell'amministratore delegato, che verrà sostituito (è ufficiale) da Mario Greco. Per completare il quadro di un Nordest più che contrariato, va anche registrata la «perplessità » e «l'apprensione» espresse da Renzo Tondo, governatore del Friuli Venezia Giulia.
Marchi e Perissinotto si conoscono da una vita e sono amici, così come lo sono Roberto Meneguzzo e il top manager estromesso dopo 32 anni di carriera all'interno del Leone. Non si spiega tutto con i legami personali, ma senz'altro si può affermare che Perissinotto ha funzionato da catalizzatore di una serie di alleanze e operazioni comuni. Generali è socio al 10% di Finint, ed è anche azionista di minoranza di Agorà Investimenti, la controllante (attraverso Marco Polo Holding) della Save. Sulla sponda vicentina, connessioni altrettanto robuste: Generali è un forte investitore in Vei Capital, il fondo costituito dalla merchant Palladio Finanziaria, a sua volta azionista di Ferak, «salottino» (dove siedono anche Finint, gli Amenduni e Veneto Banca) che possiede direttamente l'1,7% del gruppo assicurativo e insieme a Fondazione Crt è socio paritetico in Effeti, che ha in mano un altro 2,2%. A questo proposito, va annotata la strana situazione di ieri al cda decisivo di Generali: Angelo Miglietta ha votato contro Perissinotto, esprimendo così i desiderata di Crt di cui è segretario generale (fino a luglio) ma ignorando in questo modo il parere degli altri azionisti di Effeti. Si è creato così un paradosso: i veneti, pur collocandosi come terza forza (se sommiamo quota diretta e indiretta) in Generali, non hanno potuto contare nulla nel momento topico.
Questo avrà conseguenze nei rapporti tra Crt e Ferak? Arduo prevederlo, mentre si può già considerare assai probabile che ognuno mantenga la posizione in Generali, non fosse altro perché uscirne sarebbe un bagno di sangue a questi prezzi di Borsa. I prossimi mesi diranno anche in quale scenario e con quali rapporti di potere si muoverà la Palladio di Meneguzzo: Perissinotto ha denunciato di esser stato fatto fuori da Mediobanca per il sospetto di aver agito da ispiratore delle mosse anti-Piazzetta Cuccia dei vicentini nella partita Fonsai. Ipotesi (quella del burattinaio) stranegata dal diretto interessato.
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Retroscena Il confronto tra gli azionisti sulla richiesta di uscita
Il verdetto dei soci e il ruolo di Intesa
La mossa di Mediobanca, la svolta dei privati
La revoca del mandato a Giovanni Perissinotto a 10 mesi dalla scadenza, che verrà richiesta da Mediobanca, Caltagirone, De Agostini e dalla Fondazione Crt, ha ragioni dicibili ed altre meno, ma tutte destinate a mettere in tensione gli equilibri della finanza italiana, resi fragili dalla Grande Crisi. Le ragioni dicibili si riassumono nella cattiva performance del titolo. L' esposizione al rischio Italia, naturalmente alta nonostante la dimensione internazionale del gruppo, pesa nel confronto con Allianz, Axa e Zurigo. E tuttavia molti degli azionisti principali invidiano la Zurigo, che capitalizza il doppio delle Generali quando, tradizionalmente, valeva qualche miliardo meno. Non a caso si indica in Mario Greco, numero due della Zurigo, il nuovo numero uno del Leone. Perissinotto potrebbe replicare esibendo i risultati della gestione industriale, ricordando antichi stop venuti da Mediobanca e, soprattutto, confrontando le sue tristezze borsistiche con quelle dei suoi critici. Le ragioni meno dicibili riguardano gli assetti azionari. Riaffiora il dubbio, a suo tempo prospettato da Cesare Geronzi, quando questi presiedeva la compagnia, che l' amministratore delegato stia tentando di costruirsi una cerchia di soci legati da rapporti d' affari con la compagnia, e dunque fedeli al top manager che li aveva favoriti. Si citano l' incrocio azionario con l' oligarca ceco Petr Kellner, le nuove relazioni con la Vtb, la banca russa che a Cipro lavorava per il Kgb, le relazioni con la finanza veneta dei Meneguzzo e dei Marchi, connessa con Forza Italia e con uomini come Marco Milanese. Per Mediobanca, primo azionista, e per la Fondazione Crt, De Agostini e Leonardo Del Vecchio, altri soci di peso, quelle riserve geronziane, ora nei fatti condivise, non potevano essere sostenute, perché la priorità era quella di regolare i conti con quel presidente che ingombrava. Certo erano respinte dal consigliere Diego Della Valle, l' ariete lanciato contro Geronzi e il suo alleato Vincent Bolloré. Un altro socio di peso, Francesco Gaetano Caltagirone, pur condividendoli, non faceva un uso dirompente di tali argomenti, preferendo misurare la perfomance: quella performance deludente che ha indotto Del Vecchio a reclamare il ricambio alle Generali nella sua intervista al Corriere. Ma a Perissinotto si rimprovera anche la vicinanza con Roberto Meneguzzo, l' uomo d' affari vicentino della Palladio che con Matteo Arpe, un ex di piazzetta Cuccia, ha attaccato Mediobanca sul fronte delicatissimo del salvataggio Fonsai. Questa vicinanza si manifesta apertamente nella partecipazione di Generali al fondo Vei Capital che Meneguzzo ha in animo di usare nella partita Fonsai. Perissinotto ha fatto conoscere la sua contrarietà, ma senza clamori e senza grandi effetti se è vero che i poteri su Vei Capital li esercita Palladio. Molta curiosità rimane attorno alla quota della società di Meneguzzo oggetto di un portage da parte della Hong Kong Banking Corp (Hsbc): una delle maggiori banche del mondo, si osserva, non rende simili servizi a sconosciuti imprenditori veneti, ma solo a clienti di adeguato livello. E in effetti, visto che li dovrebbe dichiarare all' Isvap se mai chiedesse l' autorizzazione per Fonsai, Meneguzzo avrebbe potuto rendere noti gli utilizzatori finali di Hsbc. Nel mondo che ruota attorno a piazzetta Cuccia c' è anche il sospetto che Perissinotto goda di troppe simpatie nel mondo di Intesa Sanpaolo che si estende oggi al ministro Passera. In effetti, il leader delle Generali è stato un partner leale della banca presieduta da Giovanni Bazoli. E questo gli è riconosciuto. In conclusione, va detto che le partecipazioni incrociate e i clienti-soci non sono un' invenzione di Perissinotto. La storia di Mediobanca e, su scala e per tempi minori, della Capitalia geronziana è ricca di simili intrecci. Ma bisogna poterseli permettere. Cuccia e Maranghi hanno zittito per mezzo secolo i soci perché Mediobanca dava loro più di quanto ricevesse. Capitalia ha avuto più difficoltà. Mediobanca resiste. Generali è al dunque. RIPRODUZIONE RISERVATA
Mucchetti Massimo
Pagina 35
(1 giugno 2012) - Corriere della Sera