I rischi a breve della BPVi e di Veneto Banca sono il rischio vero per il Fondo Atlante: chi salverebbe il salvatore? La magistratura vigila
Domenica 24 Luglio 2016 alle 15:35 | 0 commenti
Si scrivono e si dicono tante corbellerie, sulle due banche venete, la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, e sul fondo Atlante. Tutti vogliono metterci la pezza, ma solo quella, che di soldi non ce ne ha voluto mettere nessuno, ma proprio nessuno. A parole tutti sono stati paladini del rilancio, anche a Vicenza, con le varie associazioni e cordate di imprenditori, ma tutto si è squagliato come neve al sole, come peraltro era ampiamente prevedibile. Anche Luca Zaia e Achille Variati danno indicazioni, a parole, e solidarietà , poca e comunque a chiacchiere, quando prima del disastro se ne guardavano bene dal mettere in guardia i soci delle due banche. E ai loro livelli e con i loro rapporti non potevano non capire... Ora, la situazione è molto semplice. Ci sono due banche, disastrate, con un socio, che ha la quasi totalità del capitale sociale, che come attività fa correttamente "speculazione finanziaria".
E il fondo, tramite Alessandro Penati, il presidente di Quaestio Sgr, che lo ha costituito su pressioni del governo sul sistema bancario che lo ha finanziato, ha già detto che cercherà di realizzare al meglio l'investimento in un lasso di tempo tra i 5 e 7 anni (prima sembravano meno, ma poi...)
Le due banche, dopo aver bruciato 11 miliardi e passa di capitale dei circa 200.000 soci, hanno perso anche, nel frattempo, il loro asset fondamentale la fiducia dei clienti, e questo flop lo ha dimostrato appieno la corsa ai disinvestimenti, che si sarebbe appena ridotta, anche grazie a tassi folli promessi a chi deposita, ma che ha determinato un crollo pauroso nell'arco dell'ultimo anno sia della raccolta diretta che di quella indiretta.
E in effetti, come si fa a dar torto a chi non vuole rischiare gli effetti del bail-in e non si fa più incantare dalle rassicurazioni che si erano sprecate negli ultimi anni, pre fallimentari, con responsabilità totali e dirette delle due ex Popolari, ma consistenti e indirette anche del sistema politico in generale e dei media locali?
Non basterebbero le 342 pagine del nostro libro testimonianza "Vicenza. La città sbancata", una selezione dei nostri articoli di warning pubblicati su VicenzaPiu.com dal 13 agosto 2010, a contenere i titoli e gli articoli troppo spesso velinari e in palese conflitto di interessi con quelli dei lettori del Giornale di Vicenza, che fa capo a Confindustria Vicenza, il cui presidente, Giuseppe Zigliotto, ora indagato con Gianni Zonin, era il membro storico dal 2003 del Cda della BPVi, e il cui successore attuale, l'amico Luciano Vescovi, da cui il nuovo nome mediatico del GdV come Giornale di Vescovi, è stato fino alla sua elezione vice di Marino Breganze a Banca Nuova.
Recentemente BPVi è corsa ai ripari, per la "liquidità ", facendosi finanziare per miliardi dalla BCE, ma nel contempo paga la nuova raccolta il 2,5%, un tasso con cui non potrà mai guadagnare a meno che non tiri su le commissioni a carico sempre dei clienti finanziati, che a quel punto, quelli "buoni e non quelli con difficoltà di rientro, saranno incoraggiati a "uscire", è ovvio, con un effetto da "xè pèso el tacòn del buso". Starebbe un po' meglio su questo fronte la più lontana, ma non troppo, per gli effetti sul Vicentino , Veneto Banca che, dopo aver offerto il 2% per la raccolta ora è scesa a un più umano, anche se sempre "costoso", 1,75%,.
Il personale, intanto, appare, nei colloqui a quattrocchi, allo sbando, ai livelli alti preoccupato anche da possibili e non ingiustificate azioni legali dei soci nei loro confronti e, ai piani bassi, toccato dalla disistima dei clienti e timoroso per i futuri, drastici tagli di organico.
Anche quanto agli impieghi quali imprenditori di qualità (per quelli non affidabili pesano come un macigno sul futuro prossimo della BPVi le loro insolvenze, attuali e future) andranno a chiedere nuovi fondi a queste due banche quando la gran parte di loro ha magari perso soldi con le azioni crollate a 10 centesimi e ha intrapreso o ha intenzione di intraprendere azioni di rivalsa verso la BPVi?
E allora cosa succederà ?
Saperlo ci candiderebbe a sostituire tutto il Cda attuale, da Gianni Mion in giù, con sicuro risparmio di tanti soldi ancora spesi anche se questa volta, finiti quelli dei "soci popolari", ora almeno appartengono ad Atlante che se vuol spendere di suo...
Ma, visto che alla Banca noi almeno non costiamo e che in passato noi di... VicenzaPiù ci abbiamo preso i... più di chi pure vanta un pedigree più apprezzato nell'ancora vivo "Palazzo "Zonin Longare" ("tutto cambia perché nulla cambi" direbbero nella sicula Banca Nuova), proviamo a fare un'ipotesi.
Il Fondo Atlante da suo statuto dovrà realizzare al meglio le attività e non dopo troppo tempo, tipo i 4 anni a cui ieri accennava Stefano Dolcetta su Il Gazzettino, che evidenziava problemi che al solito, nella stessa intevista, il Giornale di Vescovi contrabbandava per "appetibilità " della BPVi.
Visto che di banca non è rimasto molto, che BPVi e Veneto Banca da sole non possono andare lontano e che assieme sarebbe anche peggio, il Fondo Atlante, mancando acquirenti remunerativi per le due banche (basta far riferimento ai valori proposti per le 4 banche "risolte", da Etruria a Cassa Marche, che pure non hanno più NPL in pancia) e necessariamente dopo una cura da cavallo, potrebbe dover ricorrere al vituperato spezzatino.
Venderà gli impieghi, buoni e anche non performing, venderà filiali (ma poche ormai, ad essere ottimisti, saranno interessanti per il mercato nell'epoca del digital banking), proverà a vendere gli immobili in un momento non propizio, forse anche i chiacchierati quadri, sperando di realizzare almeno quanto speso (Palazzo Repeta comprato per un "inchino" a Bankitalia ne sarà un esempio tipo), licenzierà migliaia di dipendenti, chiuderà le filiali non vendute e butterà alle ortiche le vecchie insegne di Banca Popolare di Vicenza, che oramai sono sinonimo di "cattivi affari" (malaffare?).
Imitando in questo un'altra azienda locale, quel Gruppo Maltauro, che dopo gli ennesimi "fattacci", ora si chiama, è un caso per carità , sinteticamente con ICM (anonimo acronimo di Impresa Costruzioni Maltauro) la nuova Banca di Mion potrebbe rispolverare l'acronimo, meno noto, di BPVi e diffonderlo, grazie ai suo poderosi tre uffici di comunicazione, quelli che non rispondono alle domande con e senza Zonin, come acronimo di Banca Per Validi Investimenti.
Questa sarebbe la fine delle due banche?
Mah. Solo il presidente Gianni Mion e il vice vicario Salvatore Bragantini possono sapere cosa riusciranno a far fare a Francesco Iorio.
Con quali tempi?
Non sarà facile reggere un anno con l'evidenziazione più che probabile di altre perdite (da Npl e quant'altro) e con, soprattutto, l'incombente spada di Damocle da non trascurare che dal pool dei magistrati di Vicenza, con in testa il procuratore capo Antonino Cappelleri, pur se ancora molto prudente, partano azioni di rivalsa sulla banca stessa (nel caso, probabilissimo, che continuino a crescere le richieste di danni legalmente sostenibili) se i tavoli di concertazione non verranno attivati a breve e con esiti positivi e gestibili nell'ambito degli accantonamenti effettuati nel bilancio 2015.
E se le due banche, anche se qui, per ovvi motivi territoriali, parliamo soprattutto della (ex) nostra BPVi, Banca Per Validi Investimenti, non dovessero farcela (e l'aria internazionale che tira non è tra l'altro favorevole agli istituti finanziari minori) alla fine il Fondo Atlante ci rimetterebbe una bella fetta del suo investimento da 2,5 miliardi di euro.
Con le immaginabili, e realmente non augurabili, conseguenze a catena.
Chi salverebbe, infatti, a quel punto il fondo Atlante nato per per lo sviluppo e la salvezza delle banche?
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