I disabili, non cose ma Persone
Lunedi 15 Febbraio 2016 alle 23:09 | 1 commenti
Negli ultimi tempi sta succedendo ripetutamente: persone con disabilità , anche di giovane età , inserite in strutture residenziali, vengono trattate con violenza e pesantemente umiliate dagli operatori che le hanno in carico e che dovrebbero prendersene cura. Stavolta a Nocera Inferiore, poco prima a Grottaferrata, qualche mese fa anche qui vicino a noi, a Ficarolo nel rodigino (foto). Accade nelle strutture pubbliche, in quelle private ed in quelle convenzionate del terzo settore. Ma come è possibile? Ci vien da pensare che quegli operatori siano dei mostri, ma sicuramente chi li conosce può garantire sulla loro assoluta normalità . E allora come può accadere?
La risposta la possiamo trovare già nelle descrizioni degli inquirenti relative ai loro comportamenti: "trattavano i disabili come cose". Si comportavano cioè come se quei ragazzi e quegli adulti con pluridisabilità fossero cose e non "persone". Non riconoscevano in coloro che avevano davanti qualcuno di simile a se stessi, ma un qualcos'altro così differente da essere considerato un oggetto indegno di rispetto.
Il rispetto è indissolutamente legato al riconoscimento dell'altro come persona, se esso manca ogni cosa può succedere.
Non è semplice, di questo si deve dare atto, riconoscere in un "diverso" una persona uguale a noi stessi; questo vale nei riguardi della disabilità , così come per tutte le altre differenze (di razza, di genere, di religione, di provenienza, di orientamento sessuale, ecc.). La cronaca di ogni giorno ci evoca le paure più profonde e ci mette a confronto con episodi di pregiudizio e di discriminazione.
Le persone con disabilità sono una lente di ingrandimento eccezionale per la lettura dei fenomeni sociali. Non c'è da stupirsi quindi se, in un momento storico in cui i pregiudizi verso alcune categorie di diversi vengono legittimati in una discreta parte della società , riappaiono atteggiamenti regressivi anche verso le persone con disabilità .
Prima della straordinaria stagione dei diritti umani negli anni 70 (non molto lontani, se ci pensiamo bene), che ha prodotto le importanti leggi sulla chiusura delle strutture manicomiali e sull'integrazione scolastica e lavorativa, i comportamenti che adesso ci indignano erano la norma.
Dopo anni di lavoro per trasformare i servizi e le modalità di aiuto alle persone in grave difficoltà stiamo tornando indietro? Se ci indigniamo probabilmente no, per fortuna, ma il rischio è forte ed occorre correre ai ripari, ripartendo dall'educare al riconoscimento della persona che sta in ogni essere umano, un concetto che deve abitare in tutta la società civile, perchè così possa definirsi.
Questo non significa che gli operatori che si sono resi responsabili di violenze debbano essere scusati, anzi è importante che la giustizia dia un segnale forte e deciso a difesa delle persone più deboli. Non si deve tuttavia prescindere dal considerare quanto difficile sia il loro ruolo e quanto sia facile smarrirsi.
È pensiero comune che per lavorare con la disabilità occorra soprattutto il buon cuore, ma purtroppo anche il cuore tenero può indurirsi se non è sorretto da una forte professionalità e da un'organizzazione del lavoro adeguata ad affrontare i tanti problemi della quotidianità .
Quando si assume un operatore difficilmente si approfondisce quale sia la sua modalità di "riconoscimento dell'altro", ma l'etica si può anche apprendere, se viene insegnata.
Nelle strutture residenziali, ma anche nei centri diurni, dove esiste una relazione ravvicinata e prolungata con quelli che vengono definiti "gli Ospiti", sono indispensabili dei robusti programmi di supporto, con aggiornamento e confronto continui. Un gruppo di operatori lasciato a se stesso può uniformarsi su comportamenti e pratiche violenti senza accorgersi della propria devianza.
Non è un lavoro che possa essere svolto da tutti, e quindi deve essere considerata la possibilità di ricollocare e indirizzare a mansioni più adatte chi non ha le caratteristiche per poter svolgere una professione che, anche nelle prestazioni più semplici, deve sempre tendere alla promozione della persona e non alla sua sola assistenza.
Tutte cose che costano? Si, certo, tuttavia è stato ampliamente dimostrato che le politiche proattive, orientate a generare sviluppo ed autonomia nella persona con disabilità , alla fine costano meno e producono molto di più.
La crisi economica e la limitatezza dei fondi a disposizione, fattori reali di cui tenere conto, non possono essere la scusante, per chi amministra, per scelte che non tengano conto del valore della persona e dei suoi diritti fondamentali.
Senza questa attenzione, fatti come quelli di questi giorni continueranno a succedere e mineranno la fiducia dei singoli e delle famiglie nelle istituzioni e nella loro capacità di tutelare il cittadino.
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Troppi interessi economici non supportati da adeguata rflessione. Si piange sempre dopo le tristi vicende e si convocano diritti su diritti e soldi, mai qualcosa che informa proprio questi diritti e questi denari che debbono essere spesi beneperchè sono di tutti e non di questa o quella associazione o cooperativa o istituto,