Il Giornale di Vicenza a 31.215 copie: il monopolio fa meno 4,7%, lo decidono i lettori
Lunedi 19 Novembre 2012 alle 23:48 | 0 commenti
Col suo meno 13,1% di lettori, come emergeva dai dati Audipress 2012/II sui lettori medi dei quotidiani che fotografavano la peggiore performance di un quotidiano locale in Italia (rilevazioni dal 9 gennaio al 25 marzo 2012 per il primo ciclo 2012 e dal 2 aprile all'8 luglio 2012 per il secondo ciclo 2012), Il Giornale di Vicenza sembrava aver toccato il fondo di una discesa preoccupante.
Eppure su Prima Comunicazione, il mensile che pubblica i dati ufficiali di vendite e diffusione dei media italiani, il verdetto dei numeri di settembre confrontati con quelli di agosto, che pure dovrebbe essere un mese da "fondo" del mercato delle edicole, avrà fatto sussultare ulteriormente gli editori dell'Athesis, la società tra Confindustria Vicenza e la consorella di Verona a cui fa capo la proprietà del quotidiano di Via Fermi oltre che de L'Arena di Verona e di un altro set di media di un impero locale molto forte.
Le 1.537 copie perse in settembre rispetto a quelle agostane con relativo meno 4,7% nelle copie vendute che ora arrivano ad appena 31.215 (su una popolazione adulta della provincia, e quindi di possibili lettori, di ben oltre 20 volte superiore) fanno il paio con le 1.556 copie perse nei dati di diffusione, vendite più omaggi vari, che fanno scendere da 37.639 i quotidiani "messi in mano" ai lettori ad agosto ai 36.083 di settembre.
E sui dati non ci può essere contestazione alcuna perché da qualche mese sono non più rilevati in maniera indipendente ma sono i «dati medi dichiarati dall'editore e pubblicati sotto la sua responsabilità », precisa Prima Comunicazione per ogni mezzo.
Quelli appena resi noti, pur se inseriti in un ambito in cui la diminuzione di vendite è, salvo poche eccezioni, la norma e dove non fanno testo i nostri "anomali" quindicinali VicenzaPiù e BassanoPiù saliti a 11.000 copie di diffusione solo per il cartaceo (mentre nel web sono da pole position), sono, però, dati ancor più preoccupanti per un quotidiano che sulla piazza, a differenza di altre situazioni in altre città , non ha concorrenti nel settore della stampa cartacea. Questo grazie al monopolio pubblicitario favorito, pur se Il Giornale di Vicenza è foraggiato anche da contributi pubblici, da istituzioni e para istituzioni locali poco abituate, e ancor meno favorevoli, all'informazione indipendente e in virtù del gioco di sponda della politica commerciale del suo foglio gratuito "In Città ", le cui tariffe pubblicitarie sono da campagna Conad del sottocosto pur di togliere spazio ai concorrenti.
E grazie alla totale ritirata da Vicenza dell'altrettanto storico Il Gazzettino, dopo che il suo proprietario Gaetano Caltagirone, il suocero dell'Udc Pier "Ferdi" Casini, ne ha fatto la compiacente sentinella dei suoi affari immobiliari in Veneto, e alla limitatissima foliazione de Il Corriere del Veneto. Sul comunque interessante dorso de Il Corriere della Sera interessa poco investire al suo iniziale socio locale Gianni Zonin da quando ha trovato ben altra eco alle sue gesta grazie alla predominanza conquistata presso il quotidiano "diretto" dalla proprietaria Confindustria Vicenza di cui è da poco presidente Giuseppe Zigliotto, un fedele membro del re dei vini nel Cda della banca fin dal 2003, e "condiretto" da Ario Gervasutti.
Almeno per un altro anno, si dice, a dispetto dei, nuovi, santi dopo che il suo protettore iniziale, Roberto Zuccato, col più classico del "promoveatur ut amoveatur" è stato sfrattato da Palazzo "Zonin" Longare per diventare presidente degli industriali del Veneto.
A lui, infatti, a capo di un azienda da poco più di dieci milioni di euro di fatturato, tocca l'ingrato compito di (pensare di) contare in una regione in cui quelli che di certo non sono disabituati ai riflettori ma che pesano un po' di più, per fatturato e numero di dipendenti, di cognome fanno, ad esempio, Benetton o Rosso...
A meno che il Veneto dell'industria, affidando la sua rappresentanza a un esponente dei piccoli imprenditori, non abbia ripetuto lo storico errore di pensare di poter contare nella politica economica nazionale (e internazionale) lasciando i suoi veri generali nelle retrovie.
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