Galan e la sua presunta cava in Croazia: le accuse, smentite, del deputato Kajin
Giovedi 23 Ottobre 2014 alle 09:49 | 0 commenti
di Alessandro Zuin*
Di qua (il Mose) e di là (l'Istria) dell'Adriatico, un guaio tira l'altro per l'ex governatore del Veneto Giancarlo Galan. Nel mare di accuse che gli sono piovute addosso, spunta adesso quella del deputato istriano Damir Kajin, personaggio controverso della politica croata, che ha deciso di spararla grossa: tra i vari interessi di Galan in Croazia, ci sarebbe stata anche una cava sulla costa orientale dell'Istria, a Castelnuovo, da dove sarebbero state estratte enormi quantità di pietre destinate - vedi la straordinaria coincidenza - ai cantieri del Mose nella laguna di Venezia (foto d'archivio di una cava croata).
Fin qui sarebbe soltanto una curiosità , per quanto sospetta. Ma il deputato Kajin, per spararla ancora più grossa, ci ha messo sopra il carico: Galan, che dall'affare avrebbe incassato niente meno che 50 milioni di euro, avrebbe ottenuto la concessione di cava violando le leggi croate, con la complicità (adeguatamente ricompensata) di amministratori locali e regionali suoi amici. Una cinquantina addirittura, mica quattro gatti. Per Galan, tuttora ristretto agli arresti domiciliari per la vicenda Mose, parlano i legali Antonio Franchini e Niccolò Ghedini. La loro è una smentita globale: «Le dichiarazioni del deputato Kajin appaiono un esercizio di pura fantasia - contrattaccano i due avvocati - e sono palesemente diffamatorie. Galan non è mai stato titolare né diretto né indiretto di cave di pietra in Istria, né, tantomeno, ha ottenuto la concessione delle stesse attraverso pretese attività illecite. Si rivolgerà , quindi, all'autorità giudiziaria a tutela della verità ». Dal Consorzio Venezia Nuova, cioè il costruttore del Mose, fanno sapere che effettivamente il pietrame per i cantieri veniva acquistato in Istria, ma da un'unica cava, quella di Antenal a Cittanova. Di altre cave nei contratti non c'è traccia. Resta da capire quale sia il vero obiettivo della guerra scatenata dal deputato Kajin. «Le sue parole vanno prese con le pinze - dicono dalla Voce del popolo, il quotidiano in lingua italiana di Fiume -, da quando è stato sconfitto e ha rotto con il suo vecchio partito, fondando i Democratici istriani, sta conducendo una personale battaglia contro la corruzione nella pubblica amministrazione». E i presunti corrotti, guarda caso, stanno tutti nel campo avversario.
*Da Il Corriere del Veneto
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