Fondazione Roi: l'impudenza di chi ha usato Barbara Ceschi è un assist per Zonin & c. che querelano senza rispondere a domande vere
Mercoledi 23 Marzo 2016 alle 16:07 | 1 commenti
Il 4 marzo con un articolo, documentato, dal titolo parlante ("Gianni Zonin e la Fondazione Roi, ora è un caso: dopo le "puntate" flop su azioni BPVI la triangolazione per comprare l'ex Cinema Corso. Di mezzo Berlusconi, Unicredit, Intesa e... il Multisala Roma. In città c'è Rai Report") abbiamo iniziato ad occuparci a fondo del caso della Fondazione Roi, che aveva speso tutta la sua liquidità , poi di conseguenza azzerata, per sottoscrivere azioni della Banca Popolare di Vicenza, con la quale, prima dei titoli, aveva già in comune il presidente, Gianni Zonin, e il vice presidente, Breganze Breganze. E abbiamo abbiamo approfondito più volte il caso utilizzando sempre documenti.
Come quelli per l'acquisto dell'abbandonato ex Cinema Corso publicati il 10 marzo col chiaro titolo "L'ex Cinema Corso è stato pagato 2,5 milioni di euro dalla Fondazione Roi alla Will 2004. Che l'ha comprato da Cinema 5 alias Fininvest"
Ma mentre lavoravamo su dati e documenti avevamo subito, lo stesso 4 marzo, messo in guardia i lettori su chi, con chiara "impudenza" ci pareva non avesse come obiettivo principale quello di fare chiarezza sulla vicenda ma privilegiasse quello di "accusare", magari per vecchi malanimi, destra e manca utilizzando l'imprudenza della nipote, non di sangue, del marchese Roi, Barbara Ceschi a Santa Croce, e titolavamo decisi "Fondazione Roi, allo squallore degli accusati si sommano i dubbi sugli accusatori: dalla nipote di Giuseppe Roi a troppi ex dei poteri".
Ora l'evoluzione della vicenda, come prevedevamo e temevamo, porta i rappresentanti del Cda dela Roi, con a capo Zonin, e la stampa locale, con a capo chi si sa, a spostare l'attenzione da quello che ci sembrava l'argomento da approfondire, le accuse di fondo, complessive e documentate sul "caso Roi", ai passi degli accusati contro l'accusatrice, grazie prima alla pubblicazione di una lettura dei bilanci non proprio lineare con annessi preannunci di azioni legali contro chi avesse messo in dubbio la buona gestione della Roi, sia pure ormai senza liquidi, e poi alla querela contro la nipotina imprudentemente fidatasi degli impudenti consigliori.
L'annuncio del passaggio dalle ipotesi ai fatti contro Ceschi arriva a centro pagina oggi sul Il Giornale di Vicenza, che a sinistra lo supporta con altre "buone nuove" sul Cda della Roi e a destra con la riduzione a danno marginale della perdita di quasi un milione e mezzo di euro da noi quantizzata e sempre a causa di azioni BPVi in capo alla Fondazione Maria Teresa Mioni, gestita prima da Breganze e poi dal notaio Boschetti, che, comunque e nello stesso articolo, si lamenta della odierna scarsa liquidità della Mioni.
Leggiamo il pezzo sulla querela a firma Ro.La.: "La Fondazione Roi passa al contrattacco. Con l'avvocato Enrico Ambrosetti che, per conto della Fondazione stessa, della quale è il legale, ha presentato una denuncia querela per diffamazione aggravata nei confronti della nipote del marchese Roi Barbara Ceschi. La quale, durante l'assemblea della Banca Popolare di Vicenza dello scorso 5 marzo a Gambellara, quella che alla fine ha votato sì alla trasformazione in Spa, ha parlato di «malaffare» nella gestione della Fondazione Roi e messo anche in discussione l'operazione che ha portato all'acquisizione dell'ex cinema Corso, in corso Fogazzaro. Operazione che Ceschi ha, appunto, contestato apertamente e duramente. Subito è scesa in campo la Fondazione Roi spiegando, cifre alla mano, che per l'acquisto dell'ex cinema sono stati spesi 1.600 euro al metro quadro e non 8 mila euro come sostenuto dalla nipote di Roi. Adesso, dunque, la querelle si traduce in carte bollate. Con l'avvocato Ambrosetti che, come detto, per conto della Fondazione ha presentato querela".
Ebbene, basandosi su un fatto vero, anche se a nostro parere più che marginale, e da noi evidenziato s questo mezzo anche agli "impudenti" incuranti della croce che poteva abbattersi sulla quasi marchesina Barbara Ceschi a Santa Croce, cioè che, avendo pagato la Fondazione Roi l'ex Cinema Corso 2,5 milioni di euro, il costo di 8.000 euro a mq urlato in assemblea aveva ben poco di aritmetico, è partita la querela per diffamazione aggravata.
Et voilà , il tiro dal caso vero si è spostato sul "facimme ammuina".
Sia pure punita, se giusto, la marchesina per la sua imprudenza e magari per questo si rivalga sugli impudenti che l'hanno ispirata, ma l'avvocato Ambrosetti e soprattutto i suoi rappresentati rispondano, magari anche sulle colonne della stampa amica, alle vere domande:
1 - perchè il Cda della Fondazione Roi ha investito tutta la liquidità in azioni della banca presieduta dai suoi stessi vertici, alias Zonin e Breganze?
2 - cosa se ne farà per i suoi fini statutari delle mura in abbandono dell'ex Cinema Corso e, se volesse rimetterle in sesto per un qualche profitto da spendere in "cultura", quanto le costeranno i lavori e con quale cassa li pagherà ?
3 - dulcis in fundo: come mai nell'assemblea della Fondazione Roi del 15 ottobre 2015 il suo Cda, con i suddetti vertici, ha fatto approvare il prolungamento statutario della propria durata da tre a cinque anni?
A Ro.La, la brava collega Roberta Labruna, cediamo volentieri l'opportunità di raccogliere le tre risposte, che a noi, nè impudenti ma, deontologicamente, neanche imprudenti, difficilmente vorranno dare gli imperterriti silenti.
Ma che ci piacerebbe poter conoscere e, magari, poter condividere, se dimostreranno con fatti e non azionin legali la buona gestione della Fondazione a cui tiene la città e l'area a cui Zonin, ex presidente della BPVi, e Breganze, ex candidato sindaco, dovrebbero tenere altrettanto...
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