Fondazione Roi, allo squallore degli accusati si sommano i dubbi sugli accusatori: dalla nipote di Giuseppe Roi a troppi ex dei poteri
Venerdi 4 Marzo 2016 alle 23:48 | 1 commenti
«Gianni Zonin e la Fondazione Roi, ora è un caso: dopo le "puntate" flop su azioni BPVI la triangolazione per comprare l'ex Cinema Corso. Di mezzo Berlusconi, Unicredit, Intesa e... il Multisala Roma. In città c'è Rai Report»: così titolavamo venerdì, 4 marzo, la nostra inchiesta basata su «documenti certi, sia pure complessi ma non impossibili da trovare per chi sappia e voglia farlo (e noi siamo tra i maggiori contribuenti vicentini delle società che forniscono visure di ogni tipo che costano ma rendono fatti documentati i rumors di corridoi spesso interessati più a certi ronzii che ad altri boati conclamati)...».
Di sicuro cercheremo ancora e pubblicheremo sulle testate del nostro network multimediale altri documenti certi o testimonianze di fonti attendibili, che, per essere con certezza tali, devono esibire documenti e fatti e non solo rappresentare interessi personali, materiali o politici.
Leggiamo stasera su un mezzo online ben informato non tanto su documenti che dimostrino fatti ma su esposti resi noti a Report e ai "portavoce locali" prima ancora che ai destinatari (quello di oggi sarebbe stato indirizzato a Zaia, Soldà , Variati, Cappelleri, Dolcetta e Iorio) in cui pare si assuma che i ronzii siano boati di fatti.
Saremo felici che questo esposto corredato dai nostri documenti, cercati autonomamente, e di altri che abbiamo recuperato o letto ma che lasciamo che li usino altri per fare da megafono di alcuni degli estensori e firmatari dell'esposto che temiamo vogliano usare lo scandalo della Fondazione Roi per scopi personali ammantanti della ricerca del bene pubblico a cui non sempre sono stai così attenti quando avevano ruoli pubblici o a cui non erano particolarmente sensibili quando quei ruoli li ottenevano per meriti di partito o di categorie rappresentate.
Se stendiamo un velo, per noi logico e rispettoso, su alcuni dei firmatari, che forse, presi come sono da attività ancora in essere, professorali o di cura in prima persona della cultura (Giuliano Menato, Francesca Leder, Luca Romano, Zeila Biondi, Italo Francesco Baldo) hanno apposto la loro sigla senza decrittare le altre messe prima o dopo i loro nomi, non possiamo non farci domande sulla prima firma evidenziata sul mezzo in cui abbiamo letto dell'esposto, quella di Barbara Ceschi, nipote del marchese Giuseppe Roi, preoccupata probabilmente delle sue volontà disattese dall'attuale gestione della Fondazione, che ne porta il nome ma che non è stata affidata nè a lei nè a suoi rami familiari contigui.
E accanto al nome della nipote di Giuseppe, che non è assurdo immaginare affranta dal doppio mancato rispetto, verso di lui, ora, verso di lei, prima, compare subito quello dell'ex assessore Gianni Giglioli, suo fidato consigliere, ma umanamente "avvelenato" contro quei poteri di cui faceva parte, sicuramente con attenzione al bene pubblico, ma da cui, proprio per questa cura?, poi è stato messo messo in disparte. E compaiono i nomi di altri ex, da Ubaldo Alifuoco, ex alleato di peso ma poi estromesso da Variati da ruoli publici, all'ex presidente della Bertoliana, Mario Giulianati, e fino all'ex presidente della Fiera berica, ex dirigente confindustriale oltre che Camerale, Dino Menarin.
Tutti ex, tutti, forse, sostituiti nei loro ruoli da chi migliore di loro non sarebbe, ma tutti animati, è una nostra personalissima opinione, più dal desiderio di rifarsi del recente passato che da quello di mettersi a disposizone del futuro prossimo.
Se il mondo degli accusati, ben rappresentato, si fa per dire, dai protagonisti e dai complici del caso Roi, è ora che venga punito ed espulso, quello di certi accusatori datati sarebbe ora che capisse da se stesso di non essere all'altezza di una Vicenza da rifondare totalmente e non solo da "restaurare" parzialmente.
Se gli ex lo faranno gliene sarà grato il futuro e si dissolveranno anche i nostri, maliziosi, dubbi.
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