Fiat si fa il contratto? Vantaggi del monopolio
Martedi 3 Agosto 2010 alle 16:07 | 0 commenti
Filippo De Marchi (Apindustria Vicenza) - "La vicenda della newco Fiat e della disdetta del contratto nazionale? È l'ennesima dimostrazione del solco esistente, soprattutto in Italia, tra la grande industria e tutti gli altri. E della impossibilità di rappresentare contemporaneamente gli interessi dell'una e degli altri." Non usa mezzi termini Filippo De Marchi, presidente di Apindustria Vicenza.
"Al di fuori di Fiat e, forse, di pochissimi altri - osserva il leader delle pmi beriche - a nessuno sarebbe concesso di tenere sotto scacco un sito produttivo e il territorio che lo ospita, una associazione di categoria e un intero Paese. Temo dipenda anche dalla ormai cronica mancanza di un interlocutore politico, capace di delineare una vera politica industriale, strutturale e non legata a filo doppio alle sorti di un unico settore o, peggio, di un'unica impresa. Oggi, paradossalmente, siamo zeppi di ministri senza portafoglio e ci manca quello dello Sviluppo economico, ma non è che negli anni precedenti sia andata molto meglio. Non è un caso, comunque, che nella vertenza il Governo sia rappresentato dal solo Ministro del lavoro, che non ha capacità di intervento sulle prospettive strategiche di Fiat. Tantomeno, purtroppo, sulla vera questione cruciale, che è l'ormai insopportabile livello dei costi a carico delle imprese e che derivano certamente dai contratti di lavoro e dal peso del welfare, ma anche e soprattutto da una fiscalità indiscriminata e da una burocrazia soffocante."
Non c'è dubbio che la decisione di Marchionne di usare il contratto come una clava, abbia incontrato numerosi consensi, ma - puntualizza ancora De Marchi - "anche se c'è chi pensa che così si contribuisce ad innovare, a vantaggio di tutti, un sistema di relazioni industriali e di regole contrattuali ormai ingessato, non va dimenticato che Fiat è tra quelli che hanno costruito e radicato questo sistema, nel quale la posizione dominante dell'azienda torinese ha portato ad una serie di vantaggi sulle pmi: non parlo solo degli incentivi riservati, ma anche di altri aspetti, come ad esempio la totale assenza di regole a tutela dei tempi di pagamento, che tradizionalmente favorisce il grande committente rispetto al piccolo fornitore."
"In quest'ottica - conclude De Marchi - credo che il disimpegno di Fiat rispetto alla propria associazione di rappresentanza, abbia una rilevanza ben più importante del semplice rigetto del contratto nazionale: in fondo, non c'è nulla di strano se un gruppo delle dimensioni di Fiat stipula autonomamente un contratto collettivo, mentre altrettanto non può dirsi, ovviamente, per la gran parte delle piccole e medie imprese. Semmai, cade proprio una delle più forti rigidità , imposte al sistema da Fiat e dalla grande industria: il dogma che la contrattazione collettiva di riferimento possa essere fatta solo a livello nazionale, viene ora violato proprio dal più grande gruppo industriale nazionale. Non c'è più alcun motivo valido, ora, per negare l'utilità di decentrare a livello territoriale "pezzi" importanti di contrattazione collettiva, anche normativa, lasciando ai contratti nazionali solo un ruolo di tutela dei diritti e doveri di base. E' questa la vera sfida che i sindacati e le altre rappresentanze datoriali nonché, naturalmente, il Governo, devono dimostrare di saper raccogliere e vincere: dimostrare che la strada per modernizzare il Paese non passa solo dagli stabilimenti Fiat, ma anche e soprattutto dal sistema delle piccole e medie imprese."
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