Embargo digitale e totalitarismo democratico. Gli effetti del caso Berlusconi
Lunedi 21 Dicembre 2009 alle 18:57 | 0 commenti
Dopo l'aggressione al premier si moltiplicano le voci di chi vorrebbe limitare la libertà di espressione sul web. Un percorso tecnicamente arduo e sottilmente pericoloso
Perché fa scivolare sempre più la democrazia verso il regime
L'aggressione ai danni di Silvio Berlusconi ha dato la stura ad una campagna, già covata da tempo, il cui obiettivo neanche troppo celato è quello di restringere il campo delle libertà di espressione, specie le espressioni del dissenso. Allo stesso tempo pezzi importanti del governo hanno preso di mira le modalità con le quali sarà possibile partecipare alle manifestazioni di piazza. Però a fare irruzione nell'agenda dei media sono stati i social network.
Twitter, i blog, ma soprattutto Facebook, sono stati le piazze elettroniche nelle quali i commenti all'evento di Milano sono stati più duri. Apprezzamenti per il gesto, posizioni ironiche, invettive sarcastiche, j'accuse violenti: insomma c'è stato di tutto e di più. E proprio rispetto a queste contestazioni le voci del governo, nonché quella di editorialisti "lealisti" con le istituzioni repubblicane come Giannantonio Stella, si sono levate quasi unanimi. Il ministro dell'Interno Bobo Maroni della Lega ha parlato esplicitamente di norme allo studio pensate per oscurare i siti che riportano espressioni violente o che propugnano odio.
Diritto digitale
Sul piano del diritto digitale c'è poco da dire. I server, ovvero i sistemi di computer, che ospitano materialmente portali come Facebook o moltissimi blog come quelli del circuito Google, che sono ospitati all'estero (spesso negli Usa) seguono il diritto dello stato di appartenenza. Di conseguenza, se le autorità italiane ritengono che siano stati commessi reati, occorrerà seguire la strada delle rogatorie internazionali e vedere se i soggetti interessati fuori dai nostri confini potranno o vorranno concedere i dati necessari per rintracciare eventuali responsabili che hanno inserito le loro invettive in forma anonima.
Cancellazione ardua
La cancellazione tout-court pensata in ambienti della maggioranza di centrodestra, indipendentemente dal fatto che la si consideri giusta o meno, è assai ardua. La rete poi è liquida nella sua essenza. Una frase anonima ritenuta ingiuriosa, può sparire da un server americano la mattina ed apparire in uno russo al pomeriggio per poi terminare la giornata in uno svizzero e continuare così per giorni. Inevitabilmente la tecnologia è più veloce del diritto e gli strumenti tecnici per venire a capo di sciarade informatiche del genere sono assai complessi. Si usano in situazioni particolari (superfrodi, attacchi alla sicurezza nazionale da parte di potenze straniere, mafia, narcotraffico internazionale) e funzionano se i potenziali bersagli "aggressori" sono pochi.
Se però in contemporanea un milione di utenti in mezzo mondo si mette a scrivere commenti ritenuti contra legem dalle autorità , la loro cancellazione o rimozione, unitamente alla identificazione dei responsabili, sempre che lo siano, è di fatto impossibile. Perché, a meno di oscurare un pezzo enorme del web a tutti gli italiani (cosa al momento impossibile e platealmente incostituzionale), la strada degli accertamenti penali va percorsa perseguendo le responsabilità personali, non i comportamenti collettivi. Detto in soldoni per ogni frase nel mirino si dovrebbe aprire uno o più procedimenti giudiziari presso la procura della repubblica di Roma. Si parla sempre di prese di posizione ritenute illegali e comparse in siti che non seguono il diritto italiano. Per quelli di casa nostra invece ci sono le procure competenti.
Sentimenti proibiti
Ma la questione tocca un aspetto più profondo. Un aspetto che col diritto digitale "ci azzecca" solo incidentalmente. Le domande che bisogna porsi sono altre. È pensabile censurare in qualche maniera l'odio? Si può proibire a tizio di odiare caio e di esprimere a parole tale odio? L'odio come l'amore è un sentimento. Si può proibire a qualcuno di pronunciare frasi ispirate da sentimenti violenti? Per legge si possono vietare i sentimenti? Ovviamente no. Non possono essere posti limiti alla espressione del pensiero anche quando questo è aberrante. Quando il legislatore lo fa, magari con l'intento di contrastare totalitarismi e prevaricazioni, alla fine si contraddice perché si mette sul medesimo piano di ciò che pretende di combattere. In questa prospettiva il mio ragionamento riprende integralmente quello snocciolato da Massimo Fini il primo di dicembre su Il Fatto. Fini però in quel corsivo va oltre e riflettendo su una recente legge penale polacca che vieta il materiale propagandistico che fa riferimento al nazismo o al comunismo, parla di norma fascista. Tant'è che riportando il medesimo ragionamento sul piano della ventilata legge "oscura-siti", torna nuovamente utile un'altra asserzione di Fini: «L'antifascismo non è un fascismo di segno contrario, ma il contrario del fascismo».
Armi spuntate
Così per l'ennesima volta nel web finiscono per riversarsi vizi e virtù della vita reale. Mentre appare chiaro che ogni iniziativa legislativa tesa ad affermare i modi della democrazia, anche digitale, in maniera coercitiva, finisce per sintetizzare una dittatura della democrazia la quale, almeno secondo una prospettiva storica moderna, è una contraddizione in termini.
È chiaro quindi che i proclami di Maroni e altri sono dettati principalmente dalla contingenza. Una contingenza nella quale il malcontento verso il governo, e la classe dirigente più in generale, cresce sia in superficie che in modo carsico. Le norme "oscura-siti" sono evidentemente un'arma spuntata in partenza; un'arma che rischia contestualmente di sortire l'effetto contrario rispetto a quello propugnato a parole. Il tutto con la conseguenza, dietro l'angolo, di esacerbare ancor più gli animi.
Reati antidemocratici
Per di più la norma penale italiana è già abbondantemente sbilanciata a favore dell'autorità e lesiva dei diritti dei cittadini sovrani. La legge Mancino e molti ambiti delle norme sull'ordine pubblico lo testimoniano. Ancora, c'è tutta una serie di reati collegati ad una concezione etica dello Stato o peggio ancora fascista. Qualche esempio? Offese all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica; lesa prerogativa della irresponsabilità del Presidente della Repubblica; vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze armate; vilipendio alla nazione italiana; vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato; offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose; turbamento di funzioni religiose; ingiuria, diffamazione, istigazione a delinquere, istigazione alla disobbedienza delle leggi; oltraggio a pubblico ufficiale. Sono reati non compatibili con una democrazia.
Il governo, come è evidente, ha già a disposizione un ampio ventaglio penalmente restrittivo. E a mio modo di vedere gli strumenti palesemente non costituzionali o borderline rispetto alla Carta fondamentale sono già molti. Ergo il giro di vite annunciato in questi giorni a danno di social network e blog è figlio bastardo di patrigno e matrigna. Il primo porta i segni della concezione, sottilmente totalitaria, che contraddistingue il regime democratico così come lo conosciamo. La seconda invece porta i segni della paura. La paura cieca e pericolosa che avvelena le membra di chi detiene il potere e teme di perderlo a breve.
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