È stallo sulle bonifiche di Marghera: implicazioni sull'area di Aim Bonifiche?
Venerdi 8 Gennaio 2016 alle 00:39 | 0 commenti
Domani, venerdì 8 gennaio, cade l'anniversario della firma dell'accordo di programma per Porto Marghera (con ricadute possibili su Aim Bonifiche che in quell'area ha un sito ad oggi "bloccato", ndr). Un protocollo da 153 milioni di euro che «cambierà il volto» dell'area industriale più controversa del Veneto, «l'occasione del riscatto dopo lo scandalo Mose», o almeno così fu presentato. Ma non ci sarà granché per cui brindare. A dodici mesi dalla stretta di mano a Roma tra il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, il governatore Luca Zaia, l'allora commissario straordinario di Venezia Vittorio Zappalorto e il presidente dell'Autorità portuale Paolo Costa, infatti, i lavori procedono al ralenti, per non dire che sono proprio fermi, mentre il cuore dell'intero progetto di riconversione, ossia il rilancio delle aree Syndial-Eni da parte della newco pubblica, resta al palo.
E pensare che al momento della firma ministro, presidenti e commissario assunsero sorridenti un impegno ardito: «Saranno 30 mesi di cantieri». Intanto ne sono passati 12, si vedrà in quelli a venire.
Beninteso: i 2 mila ettari di Porto Marghera sono un pantano in grado di far sprofondare le migliori intenzioni e 18 anni di accordi naufragati il giorno successivo i titoli sui giornali sono lì a ricordarlo (l'articolo in basso aiuta a farsi un'idea), e però si era sperato che quello di un anno fa fosse davvero il giorno della svolta, per l'autorevolezza dei protagonisti (presenziò anche il sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta), gli obiettivi ambiziosi (riqualificazione dell'area, consolidamento delle attività esistenti, investimenti per il rilancio industriale e l'ambientalizzazione, nuove infrastrutture utili alle aziende) e la cifra in ballo, 153 milioni di cui 103 a carico dello Stato (frutto dei rimborsi ottenuti da Alcoa per lo stabilimento di Fusina) e i restanti suddivisi tra Comune e Regione. Il ministero mise a disposizione anche un credito d'imposta da 50 milioni per convincere le imprese a mettersi in gioco. «Un intervento coordinato di ampio respiro, che non si disperderà in mille rivoli» disse il ministro Guidi. «Per la prima volta non ci si limita a trattare di bonifiche e crisi aziendali, ma si punta a un insieme coordinato di interventi infrastrutturali capace di creare reali condizioni di sviluppo» aggiunse Costa. «Una grande operazione che è anche una risposta concreta agli 11.100 lavoratori che operano a Porto Marghera. Il futuro dell'area non è un luna park ma la manifattura» postillò Zaia. Inutile dire che Confindustria era entusiasta.
Proprio Zaia, però, è stato il primo a tirare il freno, bloccando solo un paio di mesi dopo, a febbraio, la delibera messa a punto dall'allora assessore con delega su Porto Marghera, Massimo Giorgetti (sostituì nel ruolo Renato Chisso, incarcerato nell'ambito dell'inchiesta Mose), delibera che segnava il primo e più importante passo della «rinascita» del polo chimico stabilendo le modalità d'ingresso della Regione in «Marghera Eco Industries srl», la società del Comune di Venezia che dovrebbe subentrare nella proprietà dei 108 ettari ceduti da Syndial in virtù di un preliminare datato addirittura aprile 2014. Le ragioni? Dubbi sulla tenuta finanziaria dell'accordo, pare, sulla fattibilità del piano economico industriale e pure sui nomi degli amministratori cui affidare il timone della srl, cui spetta il delicato compito di valorizzare l'area sviluppandone le potenzialità urbanistiche. La delibera viene riscritta in termini assai più cauti e passa ma nel frattempo sono arrivate le elezioni, in Regione come a Venezia, e tutto si ferma, con grande preoccupazione della stessa Eni, su cui pende la responsabilità delle bonifiche (è a tutt'oggi proprietaria dei terreni), che vuol sapere che ne sarà dei 38 milioni che a sua volta ha messo sul piatto. A Palazzo Balbi arriva una lettera a metà tra la sollecitazione amichevole e la diffida formale ma la situazione è caotica, la delega su Porto Marghera va prima all'assessore all'Ambiente Gianpaolo Bottacin poi a quello allo Sviluppo economico Roberto Marcato e ogni volta si deve ricominciare daccapo. Si arriva così a ottobre, quando, pressata dal sindaco Luigi Brugnaro («Sono pronto ad andare avanti da solo»), la Regione si decide finalmente ad entrare in società col Comune, al 50%, per il tramite della controllata Veneto Acque (Ca' Farsetti è invece rappresentata da Immobiliare Veneziana). E di nuovo ci si è fermati.
«Non so il motivo - dice il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta - dal punto di vista finanziario è tutto a posto, i soldi ci sono». E, pur in minima parte, sono stati utilizzati dal Comune e dal Porto. Nessuno, quindi, dia al governo la colpa dello stallo. «È una situazione complessa - chiosa l'assessore allo Sviluppo economico Roberto Marcato - i ritardi nella costituzione della società ? Non è quello il problema. Occorre un ragionamento più ampio, un piano complessivo. Ho incontrato nei giorni scorsi Brugnaro, abbiamo entrambi preso in mano il dossier in corsa, ma siamo determinati ad andare avanti». Anche la Regione, dunque, fa quel che può. E il Comune? «La società è stata costituita, stiamo lavorando - assicura il sindaco Brugnaro - nessun ritardo, anzi, c'è tempo fino ad aprile per rogitare i terreni, incontreremo Eni e procederemo. Porto Marghera è una priorità ».
Di Mauro Bonet, da Il Corriere del Veneto
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