Dopo il flop mangiasoldi di BPVi e delle 3 Z, per Confindustria Vicenza compromesso su Caron e Vescovi? Si profila un... Variati ter
Mercoledi 9 Marzo 2016 alle 00:41 | 2 commenti
Siamo stati tra i primi, se non i primi, a fare il nome di Diego Caron come candidato alternativo a Luciano Vescovi come nuovo presidente di Confindustria Vicenza al posto dello "scaduto" Giuseppe Zigliotto, già fuori dal Cda della Banca Popolare di Vicenza, ruolo che ricopriva dal 2003 con così grande "eticità " da essere oggi indagato insieme al suo mentore Gianni Zonin, lui che non ammise la nostra società editrice, Media Choice, all'iscrizione alla sua associazione per essere così poco rispettosa del codice etico di Confindustria Vicenza da avere l'impudenza di condannare le malefatte (di alcuni) degli imprenditori di Vicenza (e dei politici loro sodali).
O, peggio, di rivelarle per primi in qualche caso e di denunciarle, documentandole, tipicamente da soli quando altri non lo fanno con una sufficiente presa di distanza (e con mille scuse nei confronti dei lettori) neanche quando sono conclamate. Vi bastano, come estremamente sintetico estratto, i nomi, tra gli imprenditori, di Enrico Maltauro e, appunto, di Gianni Zonin e, tra i politici, di Giancarlo Galan?
Che dire ora dei due candidati?
Luciano Vescovi, per carità di sicuro un brav'uomo di suo, ha scelto cattive compagnie don Zigliottesche e siede, per premio?, nel board della siculo - veneta Banca Nuova controllata da BPVi perpetuando, così, la tradizione dei doppi incarichi, bancari e confindustriali, un vizio, non dimentichiamolo, associabile anche socio di Zigliotto in Ares Line, Roberto Zuccato, suo predecessore in Assindustria Vicenza e ora a capo degli industriali veneti mentre rimane ancora nel Cda "soci-cida" della Popolare Vicentina. Allora la poltrona di successore dell'amico presidente uscente sembra un "premio" poco... etico per Vescovi, imprenditore edile, lo si mormora (urla?) nell'ambiente degli industriali vicentini dove quelli alla Maltauro e alla Zonin lo vedono sempre più come una vittima da sacrificare alla residua decenza, mentre quelli più degni di chiamarsi imprenditori ne sono convinti anche perché avrebbero l'occasione di liberarsi da un fardello di corruzione e di intreccio di interessi che ha condannato Vicenza non solo alla recessione nei prossimi anni (non si assorbono così facilmente miliardi di euro bruciati come la carta straccia delle azioni strapagate) ma anche al pubblico ludibrio con la sua ex Banca (Stefano Righi ha scritto su Il Corriere della Sera: "i diciotto componenti del board della Vicenza hanno avvallato negli anni ogni nefandezza...").
Allora, direte, avrà campo libero il suo competitor, prima sfavorito, Diego Caron che, sul fronte bancario almeno, non ha scheletri nell'armadio? Forse sì, anche perché, parrebbe, lo dicono altre voci, che il "metalmeccanico" Caron è vicino alla famiglia Amenduni, quella sconfitta nell'ultimo decennio (in banca, in Assindustria e nella "politica" cittadina e di area... vasta) dalla coppia presidente ventennale di BPVi - presidenti pro tempore di Palazzo Zonin Longare (così proprio noi chiamammo Palazzo Bonin Longare, sede di Confindustria Vicenza, abitato prima da Zuccato e poi da Zigliotto ma con le chiavi in mano alla terza, più pesante, Z, quella del Re del vino) .
Per il gruppo del vecchio Don Nicola Amenduni, umiliato dal vignaiuolo Gianni e oggi addirittura non più membro della locale associazione, sarebbe, quindi, una grande vittoria (vendetta?) issare di nuovo la sua bandiera, di acciaio, a Piazza Castello, che, per altro, in tempi di magra e di chiusure di aziende, potrebbe godere di nuovo del versamento delle loro consistenti quote associative. Ma proprio la vicinanza agli Amenduni di Diego Caron e la forza sempre consistente ma oggi ridotta del gruppo (che comprende anche il 10% di Ilva e l'Aedes Immobiliare oltre alle costose quote in Generali ma, che per alcuni di quegli investimenti oltre che per la crisi dell'acciaio, avrebbe anche problemi di ordine finanziario) potrebbero portare ad accordi di compromesso tra l'area confindustriale vicina alla Valbruna, pro Caron, e quella del sistema Maltauro - Gemmo, filo Vescovi,
Lo farebbe intendere anche una dichiarazione, che riprendiamo da VeneziePost, di Diego Caron e in cui, dopo aver sottolineato che con Luciano Vescovi condivide gli stessi interessi, ovvero "riportare Confindustria Vicenza all'autorevolezza che le compete", auspica, tuttavia, che "gli associati, in questo momento di terremoto che ha colpito l'economia del territorio in modo drammatico, rimangano uniti per il bene dell'organizzazione".
Si spererebbe anche per il "bene del territorio", oggi penalizzato dalle "nefandezze" dei vertici della sua ex Banca, a cui non sono estranei quelli confindustriali e visto che il rinnovo dei vertici di Confindustria Vicenza e le vicende della Banca Popolare di Vicenza condizioneranno non poco gli equilibri politici e di potere futuri.
Al sindaco di Vicenza e presidente e della Provincia, Achille Variati, ci permettemmo ad agosto 2015, durante un incontro non ufficiale, di disegnare il quadro degli orrori a cui oggi stiamo, purtroppo, assistendo e che pareva lo meravigliassero anche per la stima che professava per l'intelligenza di Giuseppe Zigliotto.
Ma in "questo momento di terremoto", come lo ha definito Diego Caron, chissà che un Variati ter (se, come sembra, la norma che oggi lo impedisce verrà cancellata da Renzi) non possa far parte di un "compromesso globale" che lui stesso sarebbe di sicuro bravo a tessere per la parte politica che necessariamente gli si accompagnerà .
Sarebbe un male?
Nel panorama attuale dei possibili aspiranti a Palazzo Trissino, e non solo, immaginare dei candidati invertebrati muoversi tra i portavoce di interessi ben più muscolari sarebbe di certo più pericoloso per la città che non per noi continuare a fare, e con maggiore attenzione, i "cani da guardia" dell'almeno esperto Variati.
Almeno potremmo ricordargli, ad ogni più sospinto, che noi glielo avevamo detto, in tempi non sospetti e senza interessi che non fossero quelli di testardi, tenaci e...incoscienti giornalisti indipendenti, che il "tallone di Achille" di Vicenza erano le tre zeta di Palazzo Zonin Longare.
Un Variati ter, quindi, potrebbe forse apparire inizialmente un male ma, ad oggi, potrebbe essere almeno il "male minore".
E non è detto che Variati non possa essere ricordato proprio per il suo terzo mandato, da leader indipendente e amministratore navigato, meno schiacciato da una Confindustria di sicuro più debole del passato e da una Banca Popolare spa che, per vivere, prima, e prosperare, poi, dovrà concentrarsi, come da sempre dice il suo Ad pro tempore Francesco Iorio, sul suo essere Banca e che, con una proprietà sprovincializzata e forse globalizzata, non guarderà più a Vicenza come terreno di potere ma solo di business.
Insomma ecco un possibile tema del prossimo futuro: Variati ter, un male minore o un'opportunità ?
Intanto noi, per sicurezza, non molleremo il nostro solito ruolo di "cani da guardia del potere".
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