Opinioni | Categorie: Politica

Divisi alla meta

Di Alessio Mannino Martedi 24 Febbraio 2009 alle 17:23 | 0 commenti

Il fronte No Dal Molin è spaccato. Le analisi e le intenzioni, gruppo per gruppo. La Bottene: "Dal sindaco mi aspetto fatti, non parole"


Bottene durante l'occupazione della Basilica (fonte altravicenza.it)Separati in casa, mentre la casa brucia. E' la fotografia odierna del composito fronte No Dal Molin. Diviso in vari gruppi, con due tronconi principali (Tavolo e Presidio) e uno in mezzo, il più piccolo ma forse, quanto ad analisi, il più lucido (Comitato Vicenza Est-RdB Cub). E l'obbiettivo comune, impedire la già avviata costruzione della base Usa, che sfugge sempre più di mano. Se non è ormai tramontato del tutto.

 

Aggiungi un posto al Tavolo. Ben trentacinque sigle, fra movimenti, partiti, associazioni e comitati, da aprile sono riuniti nel Tavolo di Consultazione. Indirizzo: Casa della Pace. Ci sono i cattolici pacifisti (Cristiani per la Pace, rete Lilliput, i preti No Base), c'è il gruppo di acquisto solidale Equistiamo, le Donne in Rete, Legambiente, l'Asoc, i comunisti del Circolo Gramsci. C'è il Coordinamento dei Comitati rappresentato da Giancarlo Albera, la primissima organizzazione locale a essere insorta contro il progetto americano. «Noi continuiamo la battaglia sul piano legale, e siccome per lo Stato italiano, visto che non ci è stata concessa la Valutazione d'impatto ambientale che invece è sempre dovuta, la legge è evidentemente un optional, puntiamo all'Europa», spiega Albera. Infatti è andato lui in persona a Bruxelles a perorare la causa della petizione sul Dal Molin alla commissione apposita, dove siede, tanto per cambiare, anche il commissario governativo Paolo Costa. «Costa arriva a dire, cito testualmente, che si tratta di "un riuso dell'esistente con qualche espansione". E' possibile definire così il passaggio da 100 a 320 mila metri quadri di superficie edificabile e da 200 a 800 mila metri cubi di volumetrie?», chiede polemico. A questo punto, per Albera, per la Via c'è da sperare solo nell'Europa. Anche a lavori ormai cominciati. «Nella sentenza del Tar c'è scritto che l'inizio dei lavori non è autorizzato, e invece...», allarga le braccia sconsolato. La petizione, partita dal Coordinamento, verrà seguita, secondo Albera, da altri esposti, ma anche da serate di sensibilizzazione («sono convinto che ancor oggi la gente non sia informata»). Per il resto è laconico: «valuteremo con gli altri il da farsi, e chiameremo tutti, anche il Presidio».

Più guerrigliera è l'ex leghista Franca Equizi, anche lei, col suo comitato Salviamo l'Aeroporto, entrata nel Tavolo. «Abbiamo inviato una raffica di esposti, l'ultimo dei quali dice che la Provincia potrebbe riprendersi l'area perché, con la nuova destinazione d'uso militare, decade la convenzione stipulata negli anni '30 con l'aviazione civile». E promette: «Ne stiamo preparando altri. Ma con gli altri del Tavolo abbiamo anche partecipato ai blocchi del 4 e 5 febbraio». Blocchi dimostrativi, con nugoli di ciclisti che rallentavano i camion della ditta subappaltatrice. Ma non finisce qui, secondo la Equizi: «Coi soldi raccolti dal referendum autogestito pensiamo di comprare il terreno della parte civile dello scalo. Questo perché noi non andiamo contro la legalità, né facciamo iniziative senza avere i numeri». La stoccata è per il Presidio, che con 150 persone è andato all'assalto del cantiere la mattina del 10 febbraio prendendosi denunce per violenza privata aggravata e scontrandosi frontalmente col questore Giovanni Sarlo, che ha ipotizzato per i No Dal Molin una possibile accusa di "associazione a delinquere". Per la Equizi, fino a un anno fa nel Presidio, quelli di Ponte Marchese «vogliono solo farsi un centro sociale, per loro la battaglia è un mezzo, non un fine». Parole pesanti. Ma lei rincara la dose: «Nel Tavolo c'è la massima democrazia interna, al Presidio invece decide un gruppetto infiltrato da elementi provenienti dalla sinistra extraparlamentare degli anni '70. Mi spiace, ma se loro continuano a voler imporre le decisioni, dico che per sposarsi bisogna essere in due».

Certo è che sottoporre al voto ogni singola decisione con 35 voci, con gente che va e viene dalle riunioni, e con tante sensibilità politiche diverse, non è proprio l'ideale, col cantiere che va a pieno regime. Ne è consapevole Ciro Asproso, rappresentante dei Verdi, che con Sinistra Democratica e la Cgil coprono il fianco politico-sindacale di Casa della Pace. «Sì, siamo in troppi, questo è un problema. Ma è proprio il metodo di sentire tutti, oltre al fatto che adottiamo forme d'azione non plateali ma istituzionali, ciò che ci rende alternativi al Presidio», chiarisce. «Ma siamo noi che abbiamo posto la questione della Via, noi che abbiamo pensato all'Europa, e il Presidio ci viene dietro». Non è, per dirla con franchezza, un po' patetico questa fare a gara fra disperati? Non è che il Presidio i numeri in piazza li ha e il Tavolo no? «I numeri ci sono ancora, ma io al blocco fisico non ho mai creduto, e quello della Val Susa è un mito: là la situazione è completamente diversa». Rivolgersi alle istituzione metterà anche al riparo dalla demonizzazione dei benpensanti, però paga poco. «E perché, paga forse andare in pochi a forzare il cantiere?», ribatte la Equizi. Dal canto suo, Asproso lancia la proposta di un «comitato di crisi» con tutte le forze in campo, una sorta di comando di pronto intervento. Ipotesi difficile, se col Presidio è dura persino parlarsi.

Presidio contro il mondo. «Quelli del Tavolo non hanno i numeri, ecco perché non scendono in piazza». Esordisce così Cinzia Bottene, consigliere comunale di Vicenza Libera e donna-simbolo del Presidio di Rettorgole, per darci un'idea di come intende proseguire la lotta. «Andremo avanti con azioni su strada come il gazebo in viale Ferrarin, e anche coi blocchi», dice riferendosi al presidio del pomeriggio del 20 febbraio, messo in piedi coi consiglieri Rolando (Variati Sindaco) e Soprana (Vicenza Capoluogo, che pure fa parte del Tavolo ma tant'è: ci si muove alla spicciolata). Ammesso che i "concorrenti" non abbiano forza numerica, neppure il Presidio sembra averla. «Ma 200 persone alle 5 e mezza di mattina non sono poche», sbotta la Bottene ricordando l'infausta giornata del 10 febbraio. Insistiamo: per un blocco fisico efficace ci vorrebbe ben altra potenza di piazza. «Convengo, ma è anche vero che mentre noi, così, possiamo mobilitarci in tempi brevi, la questura è più rigida, mica può schierare ogni volta 400 agenti». Una guerra di logoramento con la polizia, insomma. «La vera risposta è arrivata sabato 14, con migliaia di persone che sfilavano». Sì, ma con Variati che non ha partecipato e il Tavolo che non ha aderito (ma molti di loro c'erano a titolo personale - come dire: c'erano ma non c'erano...). «Variati ha dichiarato di non poter aderire perché come sindaco non poteva mettersi contro le altre istituzioni come la questura, ma così contraddice sé stesso, perché ce lo ricordiamo tutti in Piazza dei Signori tenere un discorso durissimo contro il Consiglio di Stato. Che mi risulta essere un'istituzione, o no?», polemizza la Bottene. Magari Achille sta imboccando la via d'uscita: la famosa exit strategy. «Io gli riconosco la buona fede, ma si percepisce una non-volontà di fare tutto il possibile. Invece ora mi aspetto fatti concreti, non parole». Un avvertimento in piena regola. Con gli amici-nemici del Tavolo la Bottene va giù piatta: «Sono molto, molto, molto delusa dalla mancata adesione del Tavolo alla manifestazione di sabato 14 e non la giustifico in nessun modo. Noi ci mettiamo la faccia, ci becchiamo le denunce, siamo ogni giorno in strada: ebbene, sarebbe piacevole almeno che da loro arrivasse la solidarietà. Invece niente». La chiosa è di Olol Jackson, altro leader dei presidianti, origini "disobbedienti" e braccio destro di Gianfranco Bettin, consigliere regionale dei Verdi: «Ognuno fa quel che ritiene più giusto. La strategia è la stessa per tutti, la tattica è diversa. Sì, siamo paralleli con gli altri gruppi, perché noi diciamo no ai formalismi e seguiamo un percorso di coerenza». Traduzione: non ci gingilliamo con le petizioni e non abbandoniamo la trincea perché questo infastidisce le istituzioni.

No Base di tutto il mondo, unitevi! «Ormai non danno fastidio a nessuno, tanto meno a chi ha il potere. Bisogna prendere atto della realtà vicentina e smetterla con le analisi consolatorie e coi numeri gonfiati». E' impietoso Germano Raniero, a capo del sindacato autonomo RdB-Cub. Ex Presidio anche lui, col suo gruppo vicino a Rifondazione collabora col Tavolo, ma non ha aderito «all'ammucchiata». Il suo giudizio è molto critico: «Quanti di quelli che sabato 14 erano in strada poi vengono in viale Ferrarin davanti ai cancelli? Siamo sempre i soliti 200, se va bene». E' l'immagine di un movimento ridotto al lumicino, che si parla addosso, anzi, si muove addosso.

Gli fa eco Patrizia Cammarata, portavoce del piccolo Comitato di Vicenza Est, anche lei sindacalista autonoma e già candidata sindaco per una lista d'ispirazione comunista: «I numeri lo dimostrano: il movimento vicentino da solo non ce la può fare, occorre pensare a una grande manifestazione nazionale». I big dei partiti e dei vari movimenti sono spariti, però. «Perché si è perso l'aggancio al movimento internazionale contro la guerra, che ha avuto il suo momento culminante il 17 febbraio 2007, con la marcia a cui hanno partecipato tutti». Ma che è stata politicamente significativa perché metteva in difficoltà l'allora governo Prodi, "reo" di aver concesso il nulla osta alla Ederle 2. «Infatti cos'è che ha fatto cambiare registro? Lo shock del sì di Prodi. Uno shock per i Comitati e per il Presidio, entrambi illusi che il governo di centrosinistra fosse diverso. Da allora è cominciato il "tutti a casa", e si è verificato il passaggio alla dimensione locale, è diventato predominante l'aspetto urbanistico», spiega la Cammarata. «Tanto è vero che hanno corso con una lista civica di nome indipendente ma di fatto legata a Variati, che col referendum ha istituzionalizzato la protesta. Un vero boomerang». La troskista non fa sconti: «Assistiamo a un gioco delle parti. I Disobbedienti che egemonizzano il Presidio sono apparentemente radicali, in realtà i loro referenti politici sono ormai nel Pd, penso soprattutto a Cacciari. Indubbiamente hanno una grande capacità organizzativa e mediatica, hanno un forte legame col quotidiano Il Manifesto, e possono contare su possibilità economiche che nessun altro ha». Come se ne esce (se se ne esce)? «Creando un clima d'inospitalità verso l'esercito americano, mettendo in discussione la prima base, la Ederle 1». Arduo, se si pensa che sta lì da quarant'anni e rompere le scatole in viale della Pace rinfocolerebbe l'accusa di anti-americanismo. «Un conto è essere anti-americano, un conto è essere contro l'esercito e la guerra. Invito piuttosto i lavoratori a prendere coscienza di ciò, in particolare la Cgil, che non si è più esposta più di tanto, anzi non ha mai proclamato scioperi contro la base. Noi sì», rivendica l'esponente RdB-Cub.


Commenti

Ancora nessun commento.
Aggiungi commento

Accedi per inserire un commento

Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.





Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
Gli altri siti del nostro network