Dieci anni per la denominazione del palasport, lettera sul perché dev'essere già PalaConcato. Il primo sostegno arriva da Coviello
Martedi 23 Ottobre 2018 alle 21:40 | 0 commenti
Che le tempistiche della pubblica amministrazione siano piuttosto lunghe è risaputo. Forse è meno noto, però, che la Commissione consultiva per la Toponomastica cittadina del Comune di Vicenza debba aspettare dieci anni dalla morte di una persona per un’intitolazione. Ma per un palasport che un nome non l’ha mai avuto, caso più unico che raro, altri dieci anni sono troppo lunghi da attendere.
E allora, come per il nome Menti ufficializzato solo recentemente per lo stadio, e sperando nel supporto di altri media, speaker, tifosi e tutti gli addetti ai lavori, dopo l’apposizione della targa per Antonio Concato avvenuta domenica (clicca qui per il video) prima della partita con le tenere “Lupette†padovane (finale 60-43), il palasport per noi diventa già da oggi palaConcato.
Dopo i tanti “coccodrilli†del giorno dopo, spesso scadenti nell’ipocrisia o nelle ripetute e stucchevoli boutade sulla Coca Cola, in questa occasione pubblichiamo anche la nostra lettera ricordo a qualche settimana di distanza dal suo addio, spiegando perciò il nostro motivo dell’intitolazione per questo personaggio unico nel mondo del basket. Il primo sostegno alla proposta arriva da Giovanni Coviello: "sono d’accordo - spiega - da ex presidente del Club di volley femminile di serie A di Vicenza per tanti anni, quelli in cui avevamo superato il basket del presidente Concato. Siccome il Sistema locale non mi consentito di prolungare quegli anni a sufficienza per competere con la sua storia complessiva, io mi inchino a lui perché nei suoi tanti anni di successi, ma soprattutto quelli più duri della ripartenza, è stato capace di conquistarseli. Viva il PalaConcato".Â
Caro Antonio,
per una volta ti do del tu, a te che davi sempre del Lei a tutti, anche a chi conoscevi da anni. A te che avevi la vista lunga e sapevi riconoscere le persone più convenienti che potevano aiutare la tua creatura in un preciso momento, anche se incapaci. Alla tua calma e freddezza, al tuo desiderio di conoscere anche i cavilli dei regolamenti federali.
Quel “Lei†era per mantenere un certo distacco, da tutti: di quelli che quando ti ritrovi a una cerimonia in Basilica palladiana per ricordare i successi sportivi italiani e della città , ti premiano e onorano calorosamente davanti al pubblico. Ma quando sono spenti i riflettori rimani da solo, lì con i tuoi ottant’anni suonati nel loggiato del monumento palladiano, dove hai avuto l’intuizione geniale di portare la tua squadra a giocare.
C’ero presente anch’io quel giorno al museo sullo sport italiano. Non siamo mai stati in grande affinità , tra caratteri burberi e riservati; ma una mano al tuo bastone e l’altra sotto il mio braccio siamo usciti insieme dalla Basilica. È stato un momento pieno di sensazioni, silenzi, piccoli passi e parole, che ripensandoci mi fanno comprendere meglio la vita.
A te che in gioventù avevi una fidanzata nella zona della Val di Non, in Trentino, e andavi sempre in auto a trovarla. Di donne, giocatrici, ne hai avute tante nella tua vita, ma una donna al tuo fianco da ricordare non c’è. La solitudine non l’hai sofferta, perché avevi la tua creatura. E una passione è qualcosa di infinitamente più vicina di qualsiasi altra presenza fisica, ti accompagnerà per sempre.
Un nome ad un impianto sportivo, con l’indifferenza e superficialità che regna sovrana in questo mondo, forse non servirà a ricordare la tua figura negli anni.
Ma chiunque entrerà in quel palazzo, dovrà provare brividi. Di passione.
Ripensando a te, Antonio.
Con affetto, Edoardo
(nella foto sopra uno scatto di Concato in quella mattinata in Basilica)
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