Desolazione e licenziamenti negli aeroporti di Brescia e Verona comprati dal gestore del Marco Polo di Venezia. Per il ministro Graziano Delrio la situazione non è problematica
Mercoledi 25 Maggio 2016 alle 08:41 | 0 commenti
Si può fare. Si possono comprare senza gara e con poca spesa gli aeroporti concorrenti, lasciarli deperire lesinando gli investimenti, licenziare i dipendenti e trasferire indisturbati i voli nello scalo che si vuole privilegiare. Il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, non ci vede niente di male: rispondendo a un’interrogazione sugli scali di Brescia, Verona e Venezia con quest’ultimo nella parte del leone a scapito degli altri due, dice che secondo lui la vicenda non fa una grinza, adagiandosi così comodamente nel solco tracciato dal suo predecessore, il ciellino Maurizio Lupi.
Nonostante 140 lavoratori siano stati spediti a casa, il ministro appare serafico: “Considerata l’innegabile importanza della tutela dei lavoratori, è stato interessato il competente ministero del Lavoro che ha assicurato la disponibilità a monitorare la vicendaâ€. Rasserenati da impegni così stringenti, i licenziati possono dormire tra due guanciali.
EFFETTI COLLATERALI
140 lavoratori spediti a casa. Presentato un esposto all’Anac di Cantone
La stangata degli aeroporti è la conseguenza di una brutta storia che è anche oggetto di un esposto dell’esperto di trasporti Dario Balotta al presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone. Nel 2014 successe che con un gioco di prestigio Enrico Marchi, amministratore della Save che gestisce il Marco Polo di Venezia, riuscì ad assicurarsi con appena 24 milioni di euro il controllo non di uno, ma di due aeroporti, entrambi della società pubblica Catullo: gli scali di Brescia e Verona. Brescia con potenzialità enormi nel settore delle merci e Verona più tagliato per il traffico passeggeri, visitatori della Fiera e melomani richiamati dalla stagione lirica dell’Arena. Dapprima Marchi si comprò per poco più di 1 milione una piccola partecipazione alla società Catullo (2 per cento) di un comunello di quelle parti, Verona Villafranca. Poco dopo e con la complicità degli enti locali soci della Catullo (comune di Verona, province di Bolzano e Trento, Camere di Commercio, Fondazione Cariverona…), Marchi aderì a un aumento di capitale di 50 milioni (poi scesi a 24 per la defezione delle banche socie) portandosi a casa il 40 per cento e diventando, di fatto, il ras degli aeroporti dell’Italia del Nordest.
Già allora ci fu chi si lamentò parecchio dell’affare facendo il confronto con Lubiana dove per un aeroporto con un numero di passeggeri inferiore a Verona, in 20 avevano partecipato alla gara e il vincitore aveva pagato 117 milioni di euro. Nessuno allora poteva però essere così pessimista da prevedere lo sfascio successivo. Per il calo di turisti l’ente lirico dell’Arena di Verona è stato messo in liquidazione dal sindaco Flavio Tosi all’inizio d’aprile. I voli della danese Airsud che dovevano collegare Brescia con il sud Italia sono stati portati a Venezia, idem quelli da Verona per Parigi (3 volte al giorno con Air France) e i giornalieri di Air Maroc con Casablanca pensati per gli extracomunitari di quelle parti.
Qualche tempo fa due parlamentari veneti, il deputato Pd Gianni Dal Moro e il senatore Stefano Bertacco di Forza Italia, illustrarono ai giornalisti lo stato pietoso degli aeroporti, in particolare quello di Verona. Dal Moro: “Gli edifici sono capannoni industriali… la desolazione è imbarazzanteâ€. Bertacco: “Il nostro biglietto da visita aeroportuale è quello che èâ€. Molto critici i sindacati. Massimo Castellani, Cisl Veneto: “Dovevano costruire parcheggi, alberghi, ristoranti, distributori, non è arrivato un euroâ€. Brescia e Verona non sono aeroporti spompati da sovvenzionare, anzi. Puntando a venderli uno alla volta, Marchi vorrebbe dal ministero lo sdoppiamento della concessione per poter incassare il massimo. Alla sua porta c’è la fila degli acquirenti: dall’aeroporto di Francoforte, all’Abem (Industriali di Brescia).
Di Daniele Martini, da Il Fatto Quotidiano
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