Da Vicenza a Roma, il grido degli esodati passa per Cgil, Cisl e Uil
Lunedi 8 Ottobre 2012 alle 19:04 | 1 commenti
Per protestare contro «le ingiustizie» del governo nei confronti degli esodati saranno tre le corriere che domani partiranno da Vicenza alla volta di Roma per la manifestazione nazionale organizzata dalla triplice. L'annuncio l'hanno dato oggi i vertici berici di Uil, Cisl e Cgil riuniti nella sede di quest'ultima per concordare i dettagli della trasferta.
In via Vaccari a mezzodì si sono dati appuntamento infatti Marina Bergamin, Gianfranco Refosco e Grazia Chisin. Rispettivamente segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. Con loro c'erano Giacomo Toffanin e Alessandro Federici responsabili dei consultori e del patronato di Cgil e Cisl. Ma soprattutto c'erano tre esodati in carne ed ossa, con le loro storie «di ordinaria ansia»: sono Antonio De Franceschi di Cornedo, ex dipendente della Lowara di Montecchio, il suo ex collega Giuliano Raschietti di Montecchio Maggiore ed il vicentino Roberto Merlo, ex dipendente Telecom Italia.
Si tratta di tre casi concreti. «Di persone che - spiegano Bergamin, Refosco e Chisin - un paio d'anni fa hanno deciso di abbandonare volontariamente il lavoro per fare posto ai giovani dietro garanzia dell'allora governo retto da Silvio Berlusconi che lo Stato avrebbe coperto il gap sia in termini di stipendio sia in termini di contributi necessario per giungere con tranquillità alla pensione. Poi è arrivato il governo tecnico retto da Mario Monti e tra ammissioni e reticenze del ministro al sociale Elsa Fornero s'è scoperto che 400mila persone non avevano la copertura adeguata. Domani saremo a Roma - sottolineano i tre - per chiedere alle camere di modificare la norma in modo che a tutti vengano date adeguate garanzie».
Più nello specifico sono poi entrati Toffanin e Federici i quali hanno ricordato che all'inizio le persone salvaguardate erano «solo 60.000» cui ne sono state aggiunte dal governo altre 50.000. Troppo poche per i sindacati che lamentano oltretutto «una incertezza totale sui dati». Nel Vicentino per di più, secondo le elaborazioni rese dagli stessi sindacati su base dei dati Inps, i cosiddetti esodati garantiti sono 1.047, il che vale il secondo posto nella graduatoria veneta in pari posizione con Verona, mentre il numero più alto spetta al Trevigiano con 1.185 su un monte regionale di 5.700.
E se la situazione è tesa sul piano generale, le storie reali non sono da meno. Oggi per esempio De Franceschi e Raschietti (in foto da sinistra a destra) hanno raccontato il loro vissuto di fatica: il lavoro cominciato a quindici anni, poi la richiesta da parte del governo Berlusconi di anticipare l'uscita dall'azienda, a un passo dai quarant'anni buoni per andare in pensione, per permettere che i più giovani col posto a rischio mantenessero l'occupazione. Infine la doccia gelata del governo Monti che con la Fornero dice che non ci sono soldi per tutti. «Così ti ritrovi a quasi sessant'anni - fanno sapere i due ex colleghi - senza un lavoro, senza pensione, con le scadenze e l'Imu da pagare. E per queste spese i soldi vanno trovati subito». Il Racconto di Merlo non è molto dissimile. Quest'ultimo usando un po' dironia si definisce «un privilegiato» perché ancora per un po' avrà diritto ad un indennizzo di 800 euro al mese. «Ma il problema di fondo - precisa lo stesso Merlo - è che la copertura economica per i cosiddetti esodati è di cinque miliardi di euro. Ma ovviamente la cifra non è lontanamente sufficiente dall'optimum». Ad ogni buon conto i sindacati sono preoccupati anche perché se le posizioni di coloro che sono senza copertura sono in qualche modo agevoli da ricostruire quando i lavoratori appartengono ad enti pubblici o ad imprese di dimensioni medie o grandi, ben diversa è la partita di coloro che hanno lasciato, firmando un apposito documento peraltro, sulla base di accordi non collettivi. «Se vogliono avere qualche speranza di essere ricompresi nelle liste di coloro che sono titolati ad ottenere un possibile ma non certo indennizzo - dicono Cgil, Cisl e Uil - è bene che si facciano vivi con noi o presso l'Inps. Anche per questo motivo - aggiungono Bergamin, Refosco e Chisin - una soluzione che arrivi per legge è assai preferibile».
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