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Contrattazione e globalizzazione, gli interventi

Di Gian Domenico Savio Lunedi 20 Settembre 2010 alle 18:57 | 0 commenti

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Ad introdurre davanti ad un nutrito pubblico all'Alfa Hotel i temi della giornata su «La contrattazione tra globalizzazione, Europa e territorio», organizzata dalla Cgil Vicenza e dalla Camera del Lavoro del capoluogo, ci ha pensato Marina Bergamin, segretaria generale della Cgil vicentina (Foto VicenzaPiù), che aveva tra i vari ospiti Maurizio Landini e Andrea Tomat.

La sindacalista di Vicenza ha cercato di dare una panoramica più vasta possibile sulla reale situazione del lavoro in Italia: «non siamo ancora in grado di prevedere la fine del tunnel. Soprattutto per quanto riguarda i dati occupazionali, e il ricorso alla cassa integrazione è ancora preoccupante».
Una vista parziale della sala del convegno durante l'intervento di Landini (foto VicenzaPiù)La conferenza dell'Alfa Hotel è un appuntamento nell'appuntamento che si riferisce al più articolato seminario che si terrà nella giornata di domani e dove molti dirigenti sindacali si riuniranno per discutere sugli effetti del federalismo, tra mito, bugie e bisogni. «Il trend seguito dal nostro Paese negli ultimi anni è quello di favorire il reddito da prestazioni di non lavoro, come quello delle rendite su investimenti o possedimenti. Circa 10 punti del Pil si sono spostati in questa direzione. Mentre per quanto riguarda gli investimenti durevoli poco si è fatto per infrastrutture, miglioramento della qualità del lavoro e allocazione delle risorse statali». Nelle parole della Bergamin, che cita ovviamente il caso dei metalmeccanici di Pomigliano, si percepisce malcontento nei confronti delle forze sindacali italiane incapaci, per ora, di accordarsi per condotta unitaria nelle trattative con Governo e aziende. «Nonostante molti mezzi di comunicazione stiano cercando di disegnarci come un sindacato che non firma, le nostre 12000 contrattazioni aziendali giunte a compimento dimostrano il contrario. Cgil conosce i diritti e i doveri dei lavoratori ma non è giusto che nel semplificato scambio lavoro-salario, questo possa causare un pericoloso cannibalismo aziendale nei confronti dei loro dipendenti».

L'intervento di Tomat (foto VicenzaPiù)Alla conclusione del suo intervento, la Bergamin lancia una sfida a cui gli invitati dovranno dare la loro risposta: "si può uscire dalla crisi e favorire lo sviluppo del Paese continuando per la strada che si è intrapresa?
La prima risposta allo stimolante quesito viene da Valeria Fedeli, presidente del sindacato europeo dei tessili, Etuc-Tcl, che accenna ai modelli europei, tra tutti quello tedesco. «La crisi che sta affrontando il mondo del lavoro non si risolve con gli strumenti attuali del diritto al lavoro. La globalizzazione è qualcosa di non territoriale che arriva a noi con un immediatezza non confrontabile con quella della giurisprudenza campanilistica del lavoro. Al secondo livello dall'avvento della globalizzazione c'è l'assoluta mancanza di regolamentazione nei rapporti produttivi. Questo fattore causa solo mancanza di diritti. L'unica soluzione, per uscire da questa crisi è che la nostra rappresentanza in quanto sindacati non sia più solo nazionale, ma internazionale». Per quanto riguarda questo proposito, c'è ancora da rimaner delusi visto che il 29 settembre prossimo, le maggiori sigle sindacali d'Europa si presenteranno divise davanti al Parlamento Europeo!
«Se continuiamo di questo passo, la Cina ci vedrà sempre più piccoli, e quindi, deboli» conclude Valeria Fedeli.
Non è dello stesso avviso nei confronti della globalizzazione il segretario nazionale della Uil, Paolo Pirani. «Dal mio punto di vista, la globalizzazione è un'importante possibilità che il mondo sta mettendo a disposizione dei meno fortunati per raggiungere traguardi da noi agguantati oramai nel ventennio scorso. La globalizzazione quindi non deve essere vista con connotati negativi e con paura come fanno alcune forze politiche e sociali». Un esordio ‘coraggioso', se si considerano i fischi provenienti dal popolo della Cgil a Pirani.
«I soggetti con cui il sistema Italia si dovrà andare a confrontare sono molti e soprattutto nuovi. Molto diversi da noi, ma non per questo pericolosi. Anzi, ci devono dare una spinta verso il miglioramento e il cambiamento della società italiana stessa». Quando accenna ad alcuni sforzi a cui gli stessi lavoratori dovranno andare incontro per cercare di uscire dalla crisi, ecco che i rumorosi dissensi del pubblico non accennano a placarsi.
«L'Italia da un trentennio è stata governata da un sistema fatto di corporazioni, con bassa produttività e salari indecenti in base al monte ore di lavoro. Questo è il motivo dell'interruzione del cosiddetto ascensore sociale. Non possiamo vincere la sfida della globalizzazione utilizzando armi costruite nel passato e che su rifanno a diversi periodi storici della nazione. Per esempio il Contratto nazionale del Lavoro è stato siglato quando orde di meridionali si trasferivano al nord privi di abitazione e diritti, vivendo di gran lunga sotto la soglia di povertà. Quel contratto e quelle lotte facevano riferimento ad un altro periodo di cambiamento. La globalizzazione ce ne propone un altro, e dobbiamo essere pronti a fare dei sacrifici. Citando Cerri, del Pci negli anni 70, i comunisti non votarono il decreto sul Contratto del Lavoro, in quanto questo concedeva solo alla borghesia di cambiare la spalla del fucile». I tempi sono cambiati, e gli approcci della contrattazione devono adeguarsi alle esigenze del tempo se vogliono rimanere efficaci: «il lavoro è un diritto, ma senza lavoro non ci sono diritti», conclude Pirani della Uil.
Dello stesso avviso la segretaria generale della Cisl Veneto, Franca Porto, che inizia parlando di come i sindacati si presentino divisi nei confronti della sfida posta dalla globalizzazione. Difendendo quest'ultima accusa senza mezzi termini «coloro i quali, seduti nei salotti più rinomati, si auguravano che il resto dell'umanità stesse meglio e con opportunità di benessere e di ricerca della ricchezza simili alle nostre. Se invece, come molti fanno, ci si limita a denunciare la globalizzazione come un qualcosa di negativo, tutto quell'augurare prosperità e salvezza dalla povertà era solo finta ipocrisia. Ora ci sono popolazioni che stanno meglio di noi. Per tornare ad essere leader dovremo aumentare la produttività, anche con decisioni scomode». Come dire, è il succo del discorso di Franca Porto, che subisce anche una contestazione non proprio urbana (subito stigmatizzata da Marina Bergamin), che sono finiti i tempi in cui lo Stato e le istituzioni pubbliche potevano ridistribuire le risorse anche in modo improprio.
Subito acclamato da tutta la sala a gran voce, invece, Maurizio Landini, segretario generale della Fiom-Cgil, sottolinea, però, l'importanza che tutti possano esprimere liberamente il proprio punto di vista, ammonendo, così, i contestatori delle tesi Cisl e Uil. Parte citando anch'egli, come aveva fatto la collega vicentina nelle prime battute, il caso Pomigliano e le inevitabili ripercussioni che avrà sul contratto sociale dei lavoratori se non sarà ‘gestito' con le dovute maniere. «Rispondendo al quesito di Marina Bergamin, penso che si possa individuare l'origine della crisi nella scelta dei governi di consentire alla finanza di operare secondo i suoi meccanismi nella libertà più assoluta. Il pericolo che però si sta concretizzando è che molti soggetti stiano usando la crisi per modificare i rapporti sociali. Il problema è che manca una politica industriale pubblica degna del suo nome. Per questo le risorse vengono distribuite malamente dagli organi competenti». Landini parla anche di se e degli altri sindacati che definisce «privi della necessaria determinazione per i cambiamenti».
Ritornando sul caso di Pomigliano, il segretario generale considera la Fiat un bene di tutti, soprattutto degli italiani. Ma se il messaggio che si vuole mandare imponendo senza discussioni l'aut-aut torinese è quello che se si vogliono fare degli investimenti bisogna ‘abbassare' le regole e l'efficacia della contrattazione sindacale, allora non si è nella giusta strada. «La mia soluzione, allora, per l'uscita dalla crisi è la contrattazione che garantisca a tutti i lavoratori il rispetto dei propri diritti e la rivalutazione dei piani contrattuali e politici»: scroscianti gli applausi in favore dell'oratore Fiom.
L'ultimo intervento alla tavola rotonda, spetta al presidente di Confindustria Veneto, Andrea Tomat, che esordisce con un contro quesito alla domanda della Bergamin: «il vero problema di cui stiamo discutendo è la rappresentanza e la contrattazione o lo sviluppo e la crescita della produttività?» Tomat indica la ricetta per affrontare la crisi: prima di tutto, i lavoratori e gli imprenditori devono sentirssi sullo stesso piano rispetto alle difficoltà che stanno affrontando. «Questa crisi non sarà breve, e nemmeno restituirà l'assetto economico precedente. Questa crisi ha cambiato l'equilibrio mondiale. Non torneremo, come dopo i periodi di flessione del passato, i più ricchi del pianeta. Oramai non è più possibile», mette in guardia l'imprenditore veneto. «Faremo meglio ad interrogarci su tutto. I nostri modelli americani e britannici di fare economia sono sfumati, sorpassati e, in più, nel nostro sistema Italia abbiamo un debito ancora più grande con le generazioni future, perché abbiamo distribuito male le risorse», rincara la dose Tomat. «Il debito pubblico italiano non lo compra più nessuno». Nella sua illustrazione della nuova economia cinese, l'imprenditore prende come paragone il principio dei vasi comunicanti. «Negli anni», spiega «ci siamo dimenticati di un piccolo particolare, che a fronte di 1,5 miliardi di cittadini dei ‘vecchi' paesi evoluti ci solo 4,5 miliardi di persone. Il nostro secchio era pieno, quello degli altri era vuoto. Ma se quest'ultimo inizia a riempirsi, inevitabilmente il nostro si svuota, per osmosi, una semplice legge della fisica». Cosa ci rimane da fare allora? «Essere onesti con noi stessi e sapere che l'ultima ancora di salvataggio USA, con il suo mercato dei servizi, è oramai agli sgoccioli. L'unica soluzione è snellire il nostro apparato produttivo di tutte quelle spese che non servono alla produzione e al miglioramento della produttività. Più rapidi saremo a dare queste risposte e più saranno le aziende a salvarsi. Sul lungo periodo dunque operazioni strategiche, mentre nel breve ricette molto dure». Tomat fa un discorso a tutto tondo, durante il quale tocca anche i temi dal nucleare alla riforma della scuola. Non risparmia nemmeno il tema Sud, «luogo di poca legalità, soprattutto istituzionale, dove vengono gestite male le risorse pubbliche».
Nonostante i diversi punti di vista, le ricette per l'uscita dalla crisi sembrano essere sempre le stesse: miglior gestione delle attività e risorse pubbliche, abbandono del sistema clientelare per un più innovativo sistema volto alla produttività e all'eccellenza del made in Italy, riforma radicale della scuola e degli enti di formazione, investimenti durevoli in infrastrutture e ricerca scientifica e culturale, maggior elasticità dei contratti di lavoro e risoluzione del problema demografico. Molte le proposte, ancor di più le soluzioni, una cosa è certa, così non si può andare avanti ancora molto.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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