Ci sono due Italie, Langella: è ora di dire ad alta voce quale vogliamo
Sabato 16 Giugno 2012 alle 23:50 | 0 commenti
 
				
		Giorgio Langella, segretario provinciale PdCI FdS Vicenza - Oggi a Roma 200.000 cittadini hanno sfilato nel corteo promosso dai sindacati (CGIL, CISL e UIL) contro la politica del governo. Una grande manifestazione che chiedeva con fermezza diritti, lavoro e giustizia fiscale (foto Ansa). Il 22 giugno è proclamato, dai sindacati di base, uno sciopero generale. A Milano e Roma si svolgeranno due manifestazioni contro il governo Monti e l'abolizione di fatto dell'articolo 18.
L'opposizione alle scelte del governo, avvallate da quei partiti che le  votano in parlamento seppur con qualche mugugno di facciata, e il  disagio sociale stanno aumentando giorno dopo giorno.  Sempre oggi a  Bologna il presidente del consiglio è stato contestato. I manifestanti  (alcune centinaia) sono stati tenuti distanti dal luogo dove Monti era  intervistato da Scalfari e Mauro nell'ambito della "Repubblica delle  idee" (iniziativa del giornale "La Repubblica"). Ci sono state alcune  cariche da parte delle forze dell'ordine, qualche tafferuglio. La cosa  preoccupante non sono questi timidi accenni di violenza ma la decisione  di "isolare" il dissenso e tenerlo lontano dai luoghi dove sono soliti  "apparire" i governanti e i potenti del nostro paese.
Sempre oggi a  Bologna il presidente del consiglio è stato contestato. I manifestanti  (alcune centinaia) sono stati tenuti distanti dal luogo dove Monti era  intervistato da Scalfari e Mauro nell'ambito della "Repubblica delle  idee" (iniziativa del giornale "La Repubblica"). Ci sono state alcune  cariche da parte delle forze dell'ordine, qualche tafferuglio. La cosa  preoccupante non sono questi timidi accenni di violenza ma la decisione  di "isolare" il dissenso e tenerlo lontano dai luoghi dove sono soliti  "apparire" i governanti e i potenti del nostro paese. 
Ci sono due Italie.
La  divisione è netta: da una parte (in strada, nelle piazze, nei presidi  davanti alle fabbriche in crisi) i contestatori sempre più spesso  affrontati dalla polizia in tenuta antisommossa, dall'altra (in quei  luoghi "eleganti" sempre più simili a torri d'avorio) i sedicenti  dirigenti di un paese sempre più povero, impaurito, senza lavoro,  disperato. 
Ci sono due Italie. 
Da una parte c'è un'Italia  esasperata e chiassosa (a Bologna, oggi, molti manifestanti facevano  rumore battendo le pentole) che chiede un futuro, anzi, lo pretende.  Un'Italia che vuole che la crisi venga pagata da chi l'ha provocata e  non si rassegna al silenzio. L'Italia di chi paga le tasse. L'Italia dei  veri patrioti. 
Dall'altra parte un'Italia di personaggi molto più  calmi, i tecnici-professori e quei saccenti personaggi che ci spiegano  come uscire dalla crisi con i nostri sacrifici (loro no, per carità, ci  mancherebbe altro ... loro "dirigono" e percepiscono enormi compensi). È  l'Italia del cinismo e dell'individualismo. Di quelli che chiudono gli  occhi e restano sordi e muti di fronte alle ragioni di chi protesta. È  l'Italia di quelli che vanno avanti sempre e comunque perché devono  raggiungere gli obiettivi di chi li paga. Lo fanno usando menzogna e  prevaricazione (basta ricordare la miserabile polemica del ministro  Fornero sul numero degli "esodati" e la richiesta di dimissioni dei  vertici INPS che avevano diffuso i dati). Lo fanno per raggiungere  l'unico obiettivo che hanno: fare pagare tutto e subito ai lavoratori e  ai pensionati. Lo fanno dichiarando che loro non c'entrano perché ... è  "l'Europa che ce lo chiede". 
Stiamo vivendo una crisi. Una crisi  gravissima non solo economica. È un degrado culturale e morale. Un  degrado che si intuisce da quelle "piccole notizie" spesso nascoste che  ci raccontano del tentativo quotidiano di reprimere qualsiasi dissenso.  Anche quello espresso pacificamente. Anche quello delle idee.
E' vero. Ci sono due Italie. 
Ed  è ora di dire ad alta voce quale vogliamo. E' venuto il tempo di  ripudiare l'indifferenza e la paura. Possiamo e dobbiamo decidere da che  parte stare. Essere partigiani. Noi, comunisti lo siamo. Da sempre.  Perché abbiamo deciso di lottare al fianco dei lavoratori. E di essere  comunque e sempre dalla parte di chi non si rassegna.
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