C'era una volta Forza Italia, oggi al nord c'è solo la Lega
Giovedi 16 Febbraio 2017 alle 07:57 | 0 commenti
Allora Bitonci era stato dimissionato nottetempo davanti a un notaio, non solo dalla minoranza, ma anche da due consiglieri comunali forzisti. Carlo Pasqualetto e Manuel Bianzale, un po’ fessi un po’ idealisti, si stanno ancora chiedendo perché, dopo aver obbedito agli ordini, sono stati espulsi per insubordinazione alla linea di partito. Quel sondaggio forse è servito a salvare la faccia, ma ha sancito la resa di Forza Italia in Veneto all’accoppiata formata, con distinte declinazioni padane, dal governatore Luca Zaia (intervenuto a garantire l’intesa) e dal segretario della Liga Veneta, Gianantonio Da Re. Lo si capisce ora. Mentre Silvio Berlusconi e Matteo Salvini stanno tiramollando sulle votazioni politiche, qui si fanno i conti con i numeri, visto che la stagione elettorale propone test strategici come Padova e Verona. Forse, cambiando l’ordine dei fattori, il risultato non cambierà eppure il predominio dei leghisti sui forzisti è impressionante, complice il crollo verticale di questi ultimi che, dopo la scomparsa politica di Giancarlo Galan travolto dallo scandalo Mose, non hanno saputo ritrovare identità e nuovi leader. È così che la Lega ha calato tre assi. A Padova quello del candidato Bitonci non era in discussione. Nella città scaligera, dove i forzisti avevano fatto un pensierino alla candidatura di Alberto Giorgetti, il Carroccio è uscito due giorni fa allo scoperto indicando il senatore Paolo Tosato alla successione del transfuga Flavio Tosi. A Belluno toccherà a Franco Gidoni, consigliere regionale leghista, già vicesindaco e deputato. Ma lo strapotere si misura dalla defenestrazione del coordinatore regionale di Forza Italia, seppur promosso a un incarico nazionale. Il senatore Marco Marin, che da schermidore avrà anche vinto una medaglia d’oro olimpica con la sciabola a squadre, in questo caso è stato infilzato come uno spiedo. Il suo posto è stato preso dall’ex deputato e sindaco di Brescia, Adriano Paroli. La Lega considerava Marin il grande orditore della trama che ha fatto cadere Bitonci e ha voluto lavare l’onta. Con mal di pancia dei parlamentari veneti delusi: “Noi continueremo a lavorare con Marin sulla linea politica chiara, moderata, liberale e riformatrice di Forza Italia. – dichiara il senatore bellunese Giovanni Piccoli –. Siamo lontani da populismi e lepenismi. Non accetteremo di essere assoggettati o sottomessi alla Legaâ€. “Macché, non abbiamo chiesto la testa di nessuno – si schermisce ora il segretario Da Re –, certo che in Veneto c’era un nodo che andava superato, vista l’intesa raggiuntaâ€. Non è che vi state mangiando Forza Italia? “Ma loro hanno esponenti importanti… ricordiamoci che noi siamo la Lega, siamo in Veneto, evidente che i candidati siano nostri. Sono ottimi nomi, ci siamo spesi nel territorio. A Padova hanno rimediato una figuraccia… una leggerezza. Quando si sono messi contro Bitonci non pensavano di arrivare a quel puntoâ€. A guardare le statistiche è impressionante l’inversione del rapporto di forze per i berlusconiani che hanno avuto per 15 anni il Veneto in mano. Nel 2000 (votazioni regionali) Forza Italia valeva tre volte tanto il Carroccio, 30,3 per cento contro 11,9. Nel 2010 la forbice si era ridotta dal 22,3 al 14,6. Nel 2010 con Zaia presidente le parti si erano rovesciate: verdi al 35.1 per cento, azzurri al 24.7. Nel 2015 lista Zaia e Liga Nord presero il 41 per cento e Forza Italia precipitò al 5,97. Briciole. Per questo i forzisti si scoprono sempre più ruota di scorta di una Lega che rilancia le battaglie ideologiche. Queste ultime, evoluzione post-bossiana della vocazione secessionista, costituiscono quasi un ingorgo istituzionale in consiglio regionale. Prendiamo l’ultima seduta di martedì. Il “prima i venetiâ€, che fu lo slogan di Zaia si è sostanziato in una nuova legge (per la verità proposta dalla Lista Tosi) che favorisce l’assegnazione dei posti negli asili ai figli dei veneti o di chi risiede in Veneto da più di 15 anni. Forza Italia ha provato timidamente a differenziarsi, astenendosi, ma più per ragioni formali (“La legge poteva essere scritta meglioâ€, ha detto il capogruppo Massimo Giorgetti) che sostanziali. Soltanto per questioni di tempo sono slittati di una settimana altri due temi forti. Non essendo riuscito a raggiungere un accordo con il governo sul referendum consultivo che intende chiedere l’autonomia del Veneto, il governatore Luca Zaia ha pensato di ovviare facendo una legge che consente il voto anche su iniziativa unilaterale della Regione. Un mese fa, in commissione, assieme alla maggioranza hanno votato a favore anche il Movimento 5 Stelle, contrario solo il Partito democratico. E siccome l’election day appare come una chimera (a Roma temono che altre votazioni facciano da traino all’autonomia veneta, e viceversa) ecco che la leggina stanzia 12 milioni di euro per far fronte alle spese elettorali della consultazione autarchica. Ma non è finita, in questa stagione di scontri con il potere centrale, dopo lo smacco della legge regionale votata a dicembre che riconosce i veneti come minoranza nazionale, ed è stata impugnata una settimana fa dal governo, facendo infuriare Zaia. Che ha dichiarato: “Su ogni cosa che abbia a che fare con la nostra regione, Roma vuole mettere sempre i puntini sulle i. Chiediamocelo: tutte (e solo) le leggi del Veneto sono anticostituzionali? È un modo borbonico di vedere le coseâ€. Così si risponde con una proposta di legge di modifica della legge nazionale 482 del 1999 per inserire tra le “minoranze linguistiche storiche†da tutelare anche le popolazioni che parlano il veneto, come quelle che parlano il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo. Proprio ieri in terza commissione si è cominciato a discutere di due nuove proposte di legge. La prima vuole introdurre nelle scuole l’insegnamento della storia veneta e definire cos’è la lingua veneta. La seconda vuole sostituire il 25 aprile, giorno di San Marco, con la Festa del popolo veneto, che oggi si celebra il 25 marzo. Il consigliere Antonio Guadagnini di SiamoVeneto propone di “sostituire gli attuali festeggiamenti ‘cupi’ per la liberazione con quelli ‘gioiosi’ legati alla nostra identità â€. E aggiunge: “Continuare a festeggiare una data di una ricorrenza che ha causato 500 mila morti, distrutto e diviso un Paese, non ha più senso. Ormai alle cerimonie partecipano solo i partigiani e qualche loro familiareâ€.
Di Giuseppe Pietrobelli, da Il Fatto Quotidiano
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