Caso Franco, la doppia morale del Pd
Mercoledi 13 Ottobre 2010 alle 22:59 | 0 commenti
Nell'ultimo numero uscito in edicola l'8 ottobre, VicenzaPiù ha sollevato il problema di opportunità , urbanistica e politica, dell'operazione immobiliare da 2,6 milioni di euro che vede protagonista il segretario provinciale della Lega Nord, il senatore Paolo Franco. La stessa mattina il consigliere del Pd in Provincia Matteo Quero ha attaccato il Carroccio sul nodo della questione: c'è davvero bisogno che sorga una nuova superficie commerciale di cinquemila metri quadri (ceduti dalla Framir snc di Sergio e Paolo Franco alla catena di supermercati Lidl) fra Chiampo e Arzignano?
E' la domanda corretta che dovrebbe porsi la politica per adempiere alla sua funzione: questo affare, di per sé assolutamente legittimo, fa il bene della collettività , in questo caso dei cittadini della Valchiampo il cui cielo è già plumbeo per gli scarichi venefici dello scandalo concia (che ha fatto mettere in quarantena i leghisti locali dai vertici del partito)?
La risposta è "no", secondo l'omologo di Franco nel Partito Democratico, Federico Ginato: «Franco è un politico, quindi dovrebbe pensare al bene comune. L'operazione è del tutto legale ma non credo che il proliferare di aree commerciali sia il bene del cittadino, oggi» (Corriere del Veneto, 10 ottobre 2010). Benissimo. Però a questo punto l'avremmo noi una domanda, da girare a Ginato (e anche a Quero). Entrambi politici, entrambi con l'obbligo di pensare al "bene comune". Fa il bene di Vicenza una nuova superficie a destinazione commerciale (nonché direzionale e residenziale) di 110 mila metri quadri prevista nell'intesa allegata al Pat che il Comune concede ai privati del consorzio Vicenza Futura (nella foto la pianta dell'area) in cambio della costruzione della nuova cittadella sportiva in zona est? Come ripetutamente spiegato, carte alla mano, proprio su queste colonne ("Nuovo stadio, a noi non Menti", VicenzaPiù, 21 novembre 2009; "A destra e sinistra piace il centro (commerciale)", VicenzaPiù, 29 maggio 2010) il "comprovato interesse pubblico" per la città è alquanto discutibile, per usare un eufemismo. Tali le condizioni capestro e oggettivamente svantaggiose per il Comune, che il sostenere a cuor leggero che una maxi-operazione di valorizzazione immobiliare come quella che si prospetta per Ca' Balbi fa, per dirla con Ginato, il puro e semplice "bene del cittadino", è un azzardo bello e buono. Breve promemoria: escluso che i privati si accollino eventuali bonifiche del terreno e viabilità di collegamento esterna, nessuna specificazione riguardo la stima precisa della valorizzazione immobiliare, nessun impegno a rispettare paletti nella futura convenzione, ambiguità sui tempi di costruzione e sulla capienza legata a un passaggio in serie A dei biancorossi tutta da verificarsi, clausola-capestro secondo cui potranno rescindere l'intesa se anche una singola modifica non va loro a genio, blindatura del progetto dopo la seconda fase del Pat, il cosiddetto "Piano degli Interventi" (il quale, testuale, «potrà anche definire ogni esigenza regolativa senza necessità di successivo strumento attuativo», cioè senza ulteriori compromessi in aula). D'accordo che trattasi di un'intesa che dovrà appunto passare ulteriori vagli, ma resta il fatto, incontestabile, che Vicenza Futura ha tutta l'intenzione di tenere il coltello dalla parte del manico, mentre il centrosinistra che governa Vicenza sembra volerglielo lasciare di buon grado.
E allora, Ginato (e con lui tutto il Pd), che facciamo, usiamo il solito, miserevole criterio dei due pesi e due misure? Il supermercato "leghista" no e il centro commerciale "democratico" sì? Come funziona il "bene comune", a seconda della casacca o della tessera, a targhe alterne, a seconda se piove o fa sole? Siamo sempre lì: alla doppia morale. La morale di partito.
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