Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca: in tre anni 16 miliardi di distruzione di valore in Veneto. Colpito da... una manovra finanziaria
Lunedi 21 Marzo 2016 alle 10:52 | 0 commenti
Non siamo di certo felici di quello che sul crack di fatto, finanziario-economico, della Banca Popolare di Vicenza, di più, e della Veneto Banca, un po' meno, sta ora venendo fuori ma che non sta avvenendo ora, perchè tutto è successo quando altri non ne parlavano e noi eravamo i "cattivi" che pubblicavano, a... rischio e pericolo proprio, i warning sui due istituti dal 2010 con tanto di dati, assenti o confutati ad arte sui media compiacenti di casa.. loro. Non siamo contenti perchè il buco è tale che ci vorranno anni, se non di più, per sanarlo e non siamo felici di aver avuto ragione perchè l'ammanco è a carico soprattutto dei 118.000 risparmiatori e degli imprenditori veri (da ieri abbiamo iniziato a pubblicare in esclusiva l'elenco ufficiale dei 999 soci top, a partire dagli ultimi 99).
Se si sono salvati, parrebeb capire anche dalle inchieste della magistratura, quegli vicini ai "poteri" che quel buco hanno causato, ne soffrirà tutta l'economia di Vicenza e del Veneto ma anche tutto il paese pagherà pegno vista l'incidenza sul suo Pil di un'area colpita da una catastrofe di proporzioni simili a una manovra finanziaria nazionale.
Ve ne rendete conto?
Stefano Righi, autore del libro inchiesta Il grande imbroglio (delle banche, ovviamente, ndr) ci aiuta a spiegarvelo con una penna (e con la sua tastiera) migliore e più prestigiosa dei nostri pennini, che pure provano a spuntare. Invano, almeno finchè ci leggerete.
Popolari venete Un buco da 16 miliardiÂ
di Stefano Righi, da Il Corriere Economia
Un buco grande come tutta Tim-Telecom Italia. Anzi, di più. Se vi siete mai chiesti a quanto ammonta la distruzione di valore che si è realizzata in Veneto, tra Vicenza e Montebelluna, negli ultimi tre anni, a causa della cattiva gestione di chi è stato alla guida della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, ora avete la risposta: 16 miliardi di euro, al netto delle perdite di bilancio. Perché con quelle si arriva a 20 miliardi di euro.
Dimensioni
Un buco enorme, una voragine così ampia che tutto il valore di Tim, l’ex monopolista delle telecomunicazioni italiane, non basterebbe a colmarlo, visto che oggi l’azienda leader nelle tlc italiane capitalizza in Borsa circa 13,7 miliardi di euro a cui si aggiungono i circa 5 miliardi delle azioni di risparmio. Solo i primi non basterebbero per coprire il buco apertosi a Nordest e da lì arrivato in ogni angolo della Penisola, coinvolgendo oltre 230 mila risparmiatori, dalle Marche al Piemonte, dalla Toscana alla Sicilia. Ma come è stato possibile arrivare a tanto, tra l’indifferenza delle autorità di vigilanza, incapaci di porre freno a una situazione che andava quotidianamente degradandosi e la rapacità di amministratori che hanno gonfiato il valore delle azioni facendo leva sui difetti di un ordinamento ottocentesco, che ha dimostrato di ignorare gli aspetti più elementari delle teorie economiche relative alla formazione dei prezzi?
Eppure, è accaduto in Italia, negli ultimi tre anni. E in attesa di capire come evolverà il percorso di avvicinamento alla trasformazione in Spa della Banca Popolare di Bari ecco come sono andate le cose tra la Veneto e la Vicenza.
Il grande imbroglio, è del tutto evidente, sta nell’aver fissato il prezzo delle azioni esclusivamente sulla base di una perizia di parte. Un professionista pagato dalla banca che stabiliva quanto valevano i beni della banca. Fissava un numero che poi veniva diviso per il numero delle azioni in circolazione al fine di ottenere il valore della singola azione. Bum! Senza alcun riscontro con il mercato. Così, nel 2013 è potuto accadere che mentre tutte le azioni del mondo della finanza, le migliori banche italiane – da Intesa a Unicredit, da Ubi al Banco Popolare – crollavano in Borsa, Veneto Banca (massì!) incrementava il proprio valore da 40,25 a 40,75 euro.
Ecco dunque i conti (che trovate sintetizzati nella tabella di questa pagina). Al prezzo massimo di 62,5 euro la Popolare di Vicenza raggiungeva una capitalizzazione superiore ai 6,2 miliardi di euro. Veneto Banca, a 40,75 euro per azione, superava i 5 miliardi. E sono undici. Quanto resta di quei denari? Poco. Circa il 10 per cento, secondo il prezzo del diritto di recesso fissato dalle due banche rispettivamente a 6,3 e a 7,3 euro. Cifra che nessuno è però disposto a riconoscere, meno di tutti le due stesse banche, che infatti hanno trovato un escamotage legale per uscire dall’angolo. E dunque, quanto valgono oggi quelle azioni? Secondo alcune voci di mercato andranno in Borsa a un prezzo non lontano da un euro. Un’ipotesi di scuola, sia chiaro, ma che prendiamo in considerazione visto che già le banche hanno ipotizzato per i loro titoli una svalutazione del 90 per cento. L’approssimazione, insomma, sarà inferiore al 9 per cento.
Differenze
Ecco quindi la differenza rispetto ai massimi: tra 6,1 e 5,6 miliardi per la Vicenza, tra 4,1 e 4,9 miliardi per Veneto Banca. Poi ci sono gli aumenti di capitale di questi ultimi tre anni: 1,85 miliardi per la Veneto (1 da realizzare ora) e 3,585 per la Vicenza (in cantiere uno da 1,763 miliardi). Siamo ai totali...
È vero che non abbiamo considerato – solo per semplicità di stima – il numero delle nuove azioni emesse negli aumenti già effettuati, ma nel conto non sono finite neppure le perdite miliardarie iscritte a bilancio in questi ultimi tre esercizi (2,193 per la Vicenza, 1,946 per la Veneto). Le due ex reginette del Nordest si sono dunque fumate 16 miliardi dei risparmiatori. Altri 4,14 miliardi sono andati persi nell’ordinaria attività bancaria. È proprio il momento di svoltare.
di Stefano Righi, dal Corriere Economia
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