BPVi e Fondazione Roi unite prima da Zonin e poi dalla mancata ricerca da parte dei nuovi cda delle responsabilità della loro gestione deleteria
Venerdi 29 Dicembre 2017 alle 10:30 | 0 commenti
La cosa che più umilia i soci della Banca Popolare di Vicenza, nonché i risparmiatori che le avevano affidato i propri soldi in deposito, è l'assoluta mancanza di chiarezza di chi doveva controllare e di chi, successivamente alla cacciata dell'ex presidente Gianni Zonin, fu incaricato di ricercare le responsabilità di una gestione deleteria. La chiarezza sulle responsabilità di quasi venti anni di gestione rispondeva, e risponde tuttora, non solo ad una esigenza di giustizia ma era premessa per il risanamento e per esigere che i responsabili paghino con i propri patrimoni le persone danneggiate.
La stessa cosa vale per la Fondazione ROI. Infatti, la pubblica dichiarazione del nuovo Cda (nella foto da sx Gianni Mion, che per la BPVi designò i suoi tre nuovi membri, e, appunto, Ilvo Diamanti, Giovanna Grossato e Andrea Valmarana) di voler cambiare radicalmente linea di gestione rispetto al passato non è credibile se non si accompagna alla volontà di scoprire tutte le carte sulla gestione del passato, rendendo pubbliche le responsabilità di decisioni che hanno danneggiato enormemente un patrimonio messo a disposizione della collettività per la valorizzazione dei musei comunali vicentini.
Francamente è incomprensibile la resistenza a tirar fuori documenti normalissimi come:
· l'inventario dei beni redatto all'atto della fondazione;
· i verbali delle riunioni degli organi statutari;
· i bilanci completi di relazioni e note aggiuntive;
Sono documenti che tutte le società private e le istituzioni pubbliche mettono annualmente a disposizione di chiunque voglia consultarli. A quanto leggo, invece, dopo richieste ufficiali provenienti da cittadini e dal direttore di VicenzaPiù, quelli della Fondazione Roi non sono ancora saltati fuori. Questa resistenza a rendere trasparenti i passaggi fondamentali della gestione trascorsa fanno pensare a due possibili motivazioni: la prima è che i documenti non si trovino più, la seconda è che essi siano ritenuti molto delicati e possano mettere nei guai qualcuno. Non riesco ad immaginare altri motivi per non rispondere ad una domanda così semplice e persino ovvia, visto cosa è successo nella Fondazione dopo la morte del fondatore marchese Giuseppe Roi.
È perfino banale osservare che, se i documenti non ci sono, ciò comporta una gravissima responsabilità a carico degli amministratori del passato che avevano il dovere di conservarli adeguatamente a norma di legge. Ma tale circostanza peserebbe anche sugli amministratori attuali che, all'atto del loro insediamento, avevano il dovere di controllare che tutta la documentazione fosse in ordine, denunciando eventuali mancanze.
Un atto semplicissimo dovrebbe consentire all'attuale Cda di risolvere questi dubbi: aprire gli armadi e rendere consultabili tutti i documenti della gestione passata.
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