Blitz della holding Benetton, Atlantia rileva il 21% di Save
Martedi 20 Settembre 2016 alle 09:34 | 0 commenti
Aeroporti, scatta il blitz dei Benetton su Save. Atlantia stacca un assegno da 174 milioni e compra il 21% dal fondo Amber. La notizia è esplosa all’improvviso ieri sera dopo le 18 (pubblicata su VicenzaPiù Economia tramite Ansa), con un comunicato di poche righe di Atlantia, la società infrastrutturale che detiene il 100% di Autostrade per l’Italia e il 95,9% di Aeroporti di Roma, di cui Edizione, la holding della famiglia Benetton, è socia di controllo con il 30,25% attraverso Sintonia. Notizia che rimette in moto all’improvviso il quadro intorno alla società quotata presieduta da Enrico Marchi, che gestisce gli scali di Venezia e Treviso, e che ha aggiunto da due anni il 40% del «Catullo» di Verona, creando il polo del Nordest.
Con l’operazione, Atlantia acquisisce il 21,3% nelle mani della San Lazzaro Investment Spain di Amber, a un prezzo di 14,75 euro per azione.
Il blitz spiega retrospettivamente molto. A partire dall’improvviso balzo di prezzi e acquisti (Banca Imi, per dire, ha comunicato in Borsa acquisti per 25 mila azioni con un investimento di oltre 300 mila euro tra luglio e agosto) delle azioni Save: mentre la Borsa crolla, i titoli ad agosto si schiodano improvvisamente dai 13 euro dove si trovavano da tempo e iniziano un rally che li porta fino al record dei 17 euro di ieri (il titolo ha poi chiuso a 16,78, +2,38%). Un aumento di quasi il 30% in neanche cinquanta giorni.Ora si tratta di capire fino in fondo il senso del blitz. Da un lato Amber esce dall’investimento, a quattro anni dall’ingresso in forza con l’acquisto del 14% venduto dal Comune di Venezia a fine 2012. Per quella quota il fondo di Joseph Oughourlian aveva sborsato 50 milioni, pagando le azioni 6,4 euro, e incrementando poi la quota. La plusvalenza (senza contare i maxi-dividendi incassati in questi anni) è intuibile. In più il blitz di Atlantia pare rimettere indietro di tre anni gli orologi. All’epoca in cui le uscite incrociate del Comune di Venezia e poi di Generali dalle scatole di controllo di Save al fianco di Finint avevano aperto un anno in cui il controllo da parte del colosso finanziario di Enrico Marchi e Andrea De Vido era parso in bilico. Con i boatos che scommettevano sull’arrivo di Francoforte, al fianco di Amber, per la scalata a Save. O anche dei Benetton.
L’acquisizione pare riaprire quel clima. Anche perché l’accordo Atlantia-Amber, come dice la nota di ieri sera, prevede «un meccanismo di integrazione parziale di prezzo qualora entro tre anni venisse promossa un’offerta pubblica di acquisto o scambio su Save a un prezzo superiore». «Eventualità – si affretta ad aggiungere la nota – di cui Atlantia non è a conoscenza».
Va detto, per altro, che i toni intorno all’operazione sono molto soft. Ufficialmente nessun commento da Atlantia; ma fonti vicine alla società declassano la mossa a pura operazione finanziaria, compiuta dopo l’acquisizione dell’aeroporto francese di Nizza, e sfruttando l’offerta di Amber di vendere la propria quota a sconto rispetto alle valutazioni di mercato. Operazione che non avrebbe toni ostili, non preluderebbe a salire ancora e arriverebbe al punto che la società guidata dall’amministratore delegato Giovanni Castellucci (che ben conosce Marchi) non sostituirebbe nemmeno i due consiglieri di minoranza che Amber ha in cda.
Va aggiunto che la situazione di controllo appare al momento saldamente nelle mani di Marchi. Finint ha rinnovato il 15 aprile per altri tre anni, fino all’8 ottobre 2019, il patto parasociale che la lega al fondo infrastrutturale Star Holdings di Morgan Stanley, in origine in scadenza il mese prossimo. Nella versione aggiornata a giugno, con l’incorporazione in Agorà delle quote Save detenute nelle scatole Sviluppo 73, 90 e 91, il patto lega le due parti sul 59% di Save, sia per il 51,2% della controllata Marco Polo Holding, sia per il 7,8% detenuto direttamente da Agorà , di cui Finint e Star Holding detengono il 57% e il 43%. In compenso c’è chi fa notare il rovescio della medaglia. Il rinnovo del patto per tre anni lascia tuttavia aperta una finestra d’uscita per Morgan Stanley a gennaio 2018. E se pur Marchi avrebbe già ora i soci capaci di subentrare, non manca chi sottolinea come il blitz di Atlantia arrivi al culmine di un’estate dominata in controluce dal tema divorzio tra i due fondatori di Finanziaria internazionale, Enrico Marchi e Andrea De Vido. Intorno alla sostanza dei debiti per 70 milioni che De Vido avrebbe accumulato sul fronte personale in investimenti rivelatisi errati. Con la necessità di uscire dalla partnership storica con Marchi, per avere le risorse con cui chiudere i prestiti, per 35 milioni concessi da una Veneto Banca che non può essere paziente come in passato. La vendita di Save potrebbe essere la soluzione più rapida. Ma per Marchi la società aeroportuale è partecipazione strategica. L’alternativa passa per un piano che trovi in un anno soci alternativi o quoti Finint. Ma intanto il clima d’incertezza che la vicenda apre intorno alla corazzata Finint apre secondo alcune interpretazioni uno schema. Quello di chi vede l’Atlantia dei Benetton nel ruolo di chi ha risorse e tempo per entrare e vedere se in Save non si potrà andare oltre la pura operazione finanziaria.
Di Federico Nicoletti, da Il Corriere del Veneto
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