Berlusconi attacca Repubblica, Il Corsera lo mette all'angolo, Monti lo salva
Sabato 12 Novembre 2011 alle 16:57 | 0 commenti
Per anni il Cavaliere ha attaccato "il partito" di Repubblica capeggiato da Carlo Debenedetti, suo nemico ancora più giurato dopo gli oltre 500 miloni da pagargli per lo "scippo" della Mondadori, ma con truppe agguerrite come Michele Santoro, Travaglio e così via. Eppure a mettere in difficoltà il gemello di Craxi, sceso in politica contro la sua stessa prima Repubblica, ci è riuscito con un colpo da quasi ko (le dimissioni "annunciate" per .. trattare) Il Corriere della Sera. O meglio i componenti del mondo della finanza che stanno nel suo salotto buono di ... controllo.
In cui si intrecciano Generali, Mediobanca (in cui addirittura Marina B. siede da vice presidente), famiglia Agnelli, Della Valle, Del Vecchio, Caltagirone, per Vicenza Amenduni e anche qui "così via". E sì perchè è da lì, da quel salotto, che è stato sferrato il primo, vero "diritto al volto" contro il sistema di potere imprenditoriale e finanziario di Berlusconi, che era entrato in politica per gli interessi di Fininvest e Mediaset e per evitarne le conseguenze giudiziarie. Quel salotto dei poteri forti tradizionali ha, infatti, estromesso uno del mammasantissima berlusconiani, "il Cesare" Geronzi, dalla presidenza del Leone di Trieste, usando come cavallo di Troia (senza offesa alcuna ...) Diego Della Valle. La cui "D" maiuscola nella preposizione che compone il cognome tradisce le sue non nobili origini a differenza della "d" minuscola di Luca Cordero di Montezemolo ..., che, però, ne testimonia la caratura di uomo della provvidenza.Â
Ora se da quei poteri forti, diciamo della finanza italiana e, poi, straniera (evidentemente scontentata dall'italiano più deriso nel mondo), è partito il primo destro, le borse ora, oltre all'Italia, stavano trucidando Finivest, Mediaset. E così via. Ma il presidente Berlusconi non è un pirla e, come poco fa mi diceva un fine lettore della politica e non solo, Renato Ellero, conosce, meglio della boxe, troppo nobile per lui, il gioco del calcio. E molto bene. E allora eccolo rialzarsi, partire in contropiede e pretendere. Ieri con la minaccia di Dini o Alfano come alternative per il nominando premier (e con lui, poco ma sicuro, gioca di sponda la Lega!). Oggi a pranzo con le ignote leccornie custodite nei suoi armadi-frigo (noi, ovviamente non c'eravamo, ma qualche nostro neurone sì). Pretendere cosa? Ma quello per cui nel 1994 è sceso in campo, lo dicevamo prima. L'immunità giudiziaria (e allora vuole per sè il ministro della Giustizia) e la salvezza delle sue aziende (e in questo caso "si accontenta" del ministro dello Sviluppo economico). Da chi lo pretende? Dal designato da Giorgio, dal neo senatore a vita Mario Monti: che gaffe, presidente tricolore, aver mostrato le carte prima di sedersi al tavolo!
Quel Mario Monti che è l'uomo della Godman Sachs e dei poteri forti. Tra cui Berlusconi, che lo indicò, guarda caso, come Commissario Ue. Siamo maliziosi? Fra poco ne avremo conferma con tutti ministri tecnici e indipendenti. Allora w l'Italia del futuro costruita dai giovani Giorgio e Mario! Avremo, invece, azzeccato il pronostico con due ministri, quelli ..., docili? E allora trionferà , col lutto della maggior parte dei 60 milioni di italiani, ma per la gioia di chi conta (i soldi), l'Italia di sempre. Quella del Gattopardo: tutto cambia perchè nulla cambi.
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