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Banche, lo Stato serve a chiudere i conti col passato

Di Rassegna Stampa Lunedi 27 Febbraio 2017 alle 08:30 | 0 commenti

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Vent’anni dopo lo Stato italiano torna in banca. Uscito dal capitale dei grandi istituti di credito con la quotazione delle tre Bin (Commerciale, Credito, Banco di Roma) e della Banca nazionale del Lavoro, si riaffaccia oggi per sanare due situazioni esplosive generate da decenni di mala gestione, che l’intervento dei privati non ha avuto la forza, o la capacità, di salvare. A Siena come a Nordest, tra la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, serve lo Stato per chiudere i conti con il passato.

 Il sistema bancario italiano che si era sforzato di passare indenne attraverso la grande crisi del 2008 – nonostante 356 miliardi di prestiti che negli anni non sono stati restituiti generando una montagna di sofferenze – ha dovuto alzare bandiera bianca davanti alle gestioni di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni al Monte dei Paschi (entrambi oggi a processo a Milano) e di Vincenzo Consoli e Flavio Trinca a Montebelluna e Gianni Zonin e Samuele Sorato a Vicenza, in attesa loro invece che si compiano ancora le indagini affidate a procure che si proclamano inadeguate, per numeri e competenze, ad analizzare i fatti che hanno condotto le due ex banche popolari alla rovina. In ballo, a Siena, c’è il destino della più antica banca del mondo, a Nordest il presente di 210 mila soci truffati e beffati. In entrambi i casi i riflessi sistemici sarebbero catastrofici ed è per questo che lo Stato è pronto a mettere sul tavolo fino a venti miliardi di euro per chiudere la partita. Al Monte dei Paschi, ha detto la Vigilanza Ue alla vigilia di Natale, non bastano i 5 miliardi prospettati nell’aumento fallito a dicembre 2016. Ne servono almeno 8,8 di cui 4,5 a carico dello Stato e 4,3 a carico degli obbligazionisti. Di questi almeno altri due sarebbero in verità a carico dello Stato come garante dei piccoli obbligazionisti. Il conto così salirebbe a 6,5 miliardi. Cifre non distanti da quanto servirà tra Veneto e Vicenza. Il Fondo Atlante ha già immesso nelle loro casse 3,5 miliardi di euro per la stragrande maggioranza privati. Ma non basta. La Vicenza si avvia a chiudere il 2016 in rosso per 1,880 miliardi e il totale con la Veneto rischia di sfiorare i 4 miliardi. Serve, per ripianare i buchi e dare un minimo di solidità all’istituto unico che dovrebbe nascere dalla fusione, una cifra tra 5 e 7 miliardi. Le autorità dell’Ue, analizzando conti e prospettive, stanno cercando di definirla con precisione. Di certo Atlante, da solo, non ha più denari da investire. Lo Stato potrebbe essere chiamato a mettere circa 5 miliardi di euro in aggiunta all’impegno di Atlante, su un esborso complessivo di 20 miliardi di euro. Di questi ben 11,5 potrebbero essere necessari solo per sanare le due crisi più acute. Il resto andrebbe a toccare le altre situazioni di sofferenza minore e a garantire al sistema liquidità a medio-lungo termine. Il governo di Roma, come detto, muove dopo tutti i principali paesi. E lo fa sperando non solo di evitare effetti disastrosi, ma anche di ricavarne qualcosa, sulla falsariga di quanto è riuscito a Washington e a Londra. Nella tabella di questa pagina vedete riassunti gli importi dei principali interventi pubblici a sostegno dei sistemi bancari. Il più rapido e consistente intervento è stato quello del governo americano, all’epoca guidato da George W. Bush. Il 3 ottobre 2008, diciotto giorni dopo il crac Lehman Brothers, il Trouble Asset relief program (Tarp) divenne legge, con una autorizzazione di spesa fino a 700 miliardi di dollari. Di questi ne vennero investiti 426,4 per acquistare asset tossici e partecipazioni in alcune delle più rilevanti istituzioni finanziarie degli Stati Uniti, dai due big delle garanzie immobiliari Freddie Mac e Fannie Mae, fino a Goldman Sachs, Morgan Stanley, Jp Morgan, l’assicurazione Aig, Citigroup, Bank of America, Merrill Lynch, State Street, Wells Fargo e Bank of Ny Mellon. Il 19 novembre 2014, sei anni dopo, con la vendita delle rimanenti quote di Ally Financial, una banca online , il programma Tarp si è venuto sostanzialmente a concludere. A fronte di investimenti per 426,4 miliardi di dollari i ricavi furono di 441,7 miliardi, con una plusvalenza di 15,3 miliardi a cui si sommano, per Washington, tutti i benefici in termini di tassazioni e di crescita del pil. Quando il sisma finanziario attraversò l’Atlantico, Londra intervenne subito, investendo 45 miliardi di sterline per acquisire l’84,4 per cento di Royal bank of Scotland e 17 miliardi per il 43,4 per cento di Lloyd Bank e il 40 per cento di Hbos. Al momento in cui Downing Street decise di iniziare a uscire dal capitale di queste ultime banche il sistema era risanato e si contabilizzarono per le casse pubbliche 14 miliardi di sterline in entrata più di quanto venne investito. Certo, alcuni problemi rimangono: la scorsa settimana Royal Bank of Scotland - dove la Regina è ancora al 73% - ha presentato perdite a valere sul 2016 per quasi 7 miliardi di sterline, 50 miliardi in totale dal 2008, nono bilancio consecutivo in rosso. Ma questo è un problema della banca, non più del sistema che il governo di Londra deve e vuole tutelare. Alla base del prossimo intervento del governo italiano vi è una speranza simile: quanto varranno due anni dopo la riammissione alle quotazioni le azioni del Monte dei Paschi di Siena, sospese alla vigilia di Natale 2016 a 15,080 euro? E le azioni di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, oggi ancorate a 10 centesimi? Ma è sulla salvaguardia del sistema che Roma, oggi, sta soprattutto impegnandosi.
Di Stefano Righi, da Corriere Economia


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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