Banche italiane, l'ultimo mese prima degli esami anche per Popolare di Vicenza e Veneto Banca
Lunedi 8 Settembre 2014 alle 19:00 | 0 commenti
 
				
		
		Di Stefano Righi*
Tra trionfi annunciati e liste di proscrizione già compilate, inizia il mese caldissimo del credito italiano. La verità sulle condizioni delle prime 11 banche commerciali italiane si conoscerà venerdì 17 ottobre, anche se è già programmato un possibile scivolamento in avanti di una settimana, al 24. Le comunicazioni avverranno a mercati chiusi, di venerdì, con due giorni davanti per meglio comprendere le decisioni della Banca centrale europea (Bce) ed evitare le reazioni irrazionali del mercato, specie se dovessero rendersi necessarie nuove operazioni di aumento di capitale per qualche istituto.
Anticipo
I ceo della banche italiane coinvolte dall'analisi  dell'Asset quality review e dagli stress test , saranno informati  direttamente da Mario Draghi, a Francoforte, il mercoledì precedente  l'annuncio pubblico. Da qui al 17 ottobre saranno sei settimane da  vivere di corsa. Soprattutto per chi appare a rischio. Al momento solo  tre banche italiane sembrano essere al riparo dalle speculazioni:  Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi. Con loro anche Mediobanca, Barclays  Italia e l'Iccrea, l'istituto di secondo livello delle Banche di credito  cooperativo. Le altre otto banche commerciali (Mps, Banco Popolare,  Bpm, Bper, Carige, Popolare di Sondrio e le due cooperative non quotate,  Popolare di Vicenza e Veneto Banca), sono invece tutte a diverso titolo  esposte e in attesa di giudizio. 
Nessuno sconto
Ma è tale la  tensione che si respira in queste ore che anche la più grande banca  italiana, Unicredit, non lascia aperto nessuno spiraglio all'incertezza e  solo la scorsa settimana ha emesso titoli Additional Tier1 per un  miliardo di euro. Si tratta di titoli perpetui, che pagano una cedola  del 6,75 per cento e che contribuiranno ad aumentare il Tier1 ratio di  Unicredit e che sono stati ben accolti dal mercato, che ne ha chiesto,  attraverso 150 investitori istituzionali, per un importo circa doppio.  Se Unicredit fa questo e Victor Massiah, amministratore delegato del  gruppo Ubi, anche venerdì era a Londra ad incontrare gli analisti,  potete ben capire cosa stia accadendo tra le otto banche potenzialmente  più esposte. L'imbuto si sta stringendo. Le decine di migliaia di dati  raccolti dai bilanci bancari nei mesi scorsi sono passati al setaccio.  Ogni pratica analizzata, nell'Asset quality review , fornisce ai tecnici  della Bce 400 diverse informazioni. Un primo cut-off , una linea di  stop nella raccolta dei dati, è stata fissata al 31 marzo scorso. 
Scadenze
Questo,  secondo alcuni, spiega a posteriori la mossa di Pier Francesco Saviotti  e del suo Banco Popolare che in tutta fretta, a ridosso delle festività  di inizio anno, annunciò un importante aumento di capitale che si  concluse ben prima del 31 marzo, data alla quale il Banco Popolare  poteva presentare finanza fresca nel proprio capitale agli analisti di  Francoforte. La data del 31 marzo è però lontanissima, visto il ritmo a  cui si susseguono gli eventi in questo 2014. E sono in molti che, privi  del tempismo di Saviotti, sono corsi ai ripari dopo il 31 marzo. Tanto  per citare le principali operazioni, hanno incrementato il loro capitale  il Monte dei Paschi di Siena, la Popolare dell'Emilia-Romagna, la  Popolare di Milano (a cui Bankitalia ha successivamente tolto gli add-on  ), Carige, la Popolare di Sondrio, il Credito Valtellinese (nel  frattempo uscito, unitamente al Credem, dalla lista degli osservati  speciali della Bce), oltre alle robuste operazioni di Veneto Banca e  Popolare di Vicenza. 
A questo vasto panorama di aumenti si sono  negli ultimi mesi aggiunte vendite di controllate e altre ne seguiranno  (Carige è pronta a cedere il proprio polo assicurativo), oltre a diverse  operazioni di concentrazione di razionalizzazione. Per cui appare  evidente che quella linea inizialmente tracciata il 31 marzo ha  ghiacciato una posizione che non corrisponde più con la realtà. 
Quotidiani
Anche  per questo i contatti tra le banche italiane e gli uffici di  Francoforte sono continui. Durante alcuni periodi, quotidiani. Mai meno  di due volte la settimana. Draghi, che ha dato speranza ai mercati  giovedì scorso portando i tassi di interesse allo 0,05 per cento, sa  bene quanto delicata e cruciale sia la partita delle banche, dove si  sintetizzano le difficoltà di un'economia che continua a imporre  rilevanti operazioni di rettifica sui crediti concessi. Soldi degli  azionisti delle banche, prestati alle imprese e alle famiglie, che non  tornano indietro. Anche per questo la creazione di una Vigilanza unica  sul credito, a livello delle prime 120 banche continentali, è un passo  fondamentale verso la costruzione di un'Europa diversa da quella che  abbiamo vissuto finora. 
*Corriere economia
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