Aumento Tia, rapina legale
Mercoledi 7 Aprile 2010 alle 20:32 | 0 commenti
Il centrodestra vicentino, per bocca del consigliere comunale Marco Zocca, attacca: l'amministrazione Variati ha ingannato i cittadini facendo loro credere che l'aumento della tassa sui rifiuti (Tia, Tariffa sull'Igiene Ambientale) di quest'anno sarebbe rimasto entro il 4,5% e invece, per effetto del nuovo regolamento su questo tipo di gabella che la indicizza secondo i parametri Istat sul costo della vita, sarà di un 7,6% effettivo. Non solo, ma l'assicurazione di coprire le spese di gestione del settore, rilancia l'opposizione, si rivela una sóla, dal momento che il maggior gettito arriverà a sostenerne fino al 97%, con un disavanzo programmato di 487 mila euro.
La giunta di centrosinistra si difende affermando - sono parole dell'assessore all'ambiente Antonio Dalla Pozza - che la responsabilità va addossata ai predecessori di centrodestra, che non hanno voluto «adeguare la tariffa all'indice Istat per anni. Noi lo abbiamo fatto recuperando l'inflazione tra il 2004 e il 2009 e rendendo automatico l'adeguamento annuale, come accade per tutti i servizi. Quindi l'anno prossimo ci sarà un nuovo ritocco. Zocca conduce la solita operazione demagogica» (Giornale di Vicenza, 7 aprile 2010).
In soldoni, per i cittadini l'aumento si aggirerà sui 6 euro in più a famiglia, per quest'anno: poca roba, di per sé.
Ma non, se presa come uno dei mille esempi di carognoso dissanguamento che la pubblica amministrazione e i vari centri di potere pubblico-privati operano sulle nostre tasche a ogni piè sospinto.
Se ponete mente a quante volte, nell'arco di un anno o anche solo di un mese, vi tocca estrarre il portafoglio e scartabellare il bilancio familiare per pagare questa o quella tassa più o meno mascherata, potete rendervi conto di quanto siate sudditi feudali non meno di un villico del Medioevo. La sarabanda di adeguamenti tariffari di tutti i tipi piove dall'alto, inevitabile e fatale, come le gelate invernali, senza che noi possiamo farci nulla. E per giunta con la beffa di sentirci dire che la causa sta nel "costo della vita", una di quelle formule esoteriche con cui si giustifica l'annuale spremitura del contribuente.
Ma in base a cosa si stabilisce questo benedetto costo? In base ad un paniere di prodotti identificati dagli stregoni dell'Istat come i più diffusi e indicativi dei consumi medi.
L'Istat è diventato così il braccio scientifico dello sfruttamento fiscale di Stato. Un torchiamento che è così palesemente e arbitrariamente scollegato con la reale conduzione, in questo caso, della raccolta e smaltimento dei rifiuti, che poi non produce neppure la copertura dei costi veri, ma al contrario genera debito.
Perciò, la domanda è: perché dobbiamo chinare la testa di fronte all'ennesima rapina legalizzata?
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