Agricoltori e ambientalisti palestinesi a Coldiretti Veneto: non sponsorizzate il convegno israeliano Watec
Giovedi 1 Settembre 2016 alle 22:08 | 2 commenti
A motivare la richiesta, il ruolo dell'industria idrica israeliana "nelle gravi violazioni dei diritti umani e dei diritti relativi all'acquaâ€Â e la partecipazione a Watec di imprese che“svolgono un ruolo fondamentale nell’occupazione e nella colonizzazioneâ€Â delle loro terre. Tra queste, Tahal Group International, il quale “costruisce impianti per il trattamento delle acqua reflue per le colonie israelianeâ€, e IOSight, “che conta tra i suoi principali clienti la compagnia statale israeliana Mekorot, nota per l’appropriazione delle risorse idriche palestinesi e per le forniture di acqua alle colonie, così come Hagihon, coinvolta negli impianti di trattamento delle acque reflue per le colonieâ€.
Nella lettera si sottolinea inoltre che proprio “nel controllo delle risorse idriche si manifesta una delle più evidenti violazioni del diritto internazionali legate all'occupazione illegale del nostro territorioâ€Â ad opera di Israele e delle colonie illegali in Cisgiordania, a Gerusalemme est e nel Golan, e dell'assedio israeliano contro Gaza.
Le organizzazioni palestinesi evidenziano come l'uso quasi esclusivo da parte di Israele e dei coloni dell'acqua causa gravissimi danni alle condizioni di vita ed alle attività agricole dei palestinesi. Denunciano ai loro colleghi italiani, infatti, che“questa estate in alcune zone della Cisgiordania la carenza di acqua ha obbligato molti allevatori palestinesi ad abbattere o vendere il proprio bestiame e molte coltivazioni sono state distrutte.â€Â Nel 2009 la Banca Mondiale aveva stimato che il danno subito dall'agricoltura palestinese per la carenza di irrigazione può ammontare al 10% del PIL e alla perdita di 110.000 posti di lavoro. “Da allora la situazione non ha fatto altro che peggiorareâ€.
A Gaza “meno del 6% dei palestinesi di Gaza ha a disposizione acqua potabileâ€. La salinizzazione delle falde e l'inquinamento determinato dalle distruzioni di impianti di depurazione e rete fognaria operate dagli attacchi militari israeliani provocano gravi malattie, soprattutto a bambini ed anziani.
Nel chiedere alla Coldiretti Veneto di rivedere la sponsorizzazione di Watec, le organizzazioni palestinesi fanno notare che “importanti compagnie internazionali si sono ritirate o hanno annullato la propria collaborazioneâ€Â con alcune delle imprese presenti alla fiera israeliana “a causa del loro coinvolgimento nelle violazioni delle leggi internazionaliâ€.
Le organizzazioni palestinesi hanno anche espresso solidarietà a tutta l’Italia e, in particolare, agli agricoltori colpiti dal recente terremoto. Attendono ancora risposta da parte di Coldiretti.
La campagna No Mekorot, che ha promosso campagne contro gli accordi tra la società idrica israeliana e gli enti italiani, sostiene la protesta delle organizzazioni palestinesi contro l'adesione di Coldiretti a Watec e fa appello a tutte le imprese ed enti italiani coinvolti di ritirare la propria partecipazione.
Di seguito la traduzione della lettera, a questo link la versione originale.Â
All'attenzione di:
Roberto Moncalvo
Presidente
Coldiretti
Martino Cerantola
Presidente
Coldiretti Veneto
Manuel BenincÃ
Responsabile per l'ambiente
Coldiretti Veneto
Oggetto: Sponsorizzazione della Coldiretti al Watec Italy
Gentili Moncalvo, Cerantola e Benincà ,
Vi scriviamo a nome della Rete palestinese di ONG ambientaliste (PENGON), del Sindacato degli Agricoltori Palestinesi (PFU) e di altre 12 organizzazioni e reti ambientaliste e di agricoltori palestinesi. Abbiamo saputo chedal 21 al 23 settembre presso il Padiglione multifunzionale di Marghera , a Venezia[1], si terrà il convegno israeliano Watec sull’acqua. Watec è un'iniziativa volta a promuovere le tecnologie israeliane del settore idrico.
Ci risulta che la Coldiretti Veneto è tra gli sponsor della manifestazione e Manuel Benincà , responsabile per l'ambiente della Coldiretti Veneto, parteciperà alla sessione sulla sostenibilità agricola e idrica. Vi scriviamo per chiedervi di riconsiderare l'opportunità della sponsorizzazione e della partecipazione all’iniziativa.
In effetti un numero crescente di organizzazioni e reti di associazioni in tutto il mondo sta appoggiando la richiesta palestinese di non cooperare con l'industria idrica israeliana, a causa del suo ruolo nelle gravi violazioni dei diritti umani e dei diritti relativi all'acqua che descriveremo nei dettagli in seguito. Persino istituzioni pubbliche stanno evitando sempre di più di avere rapporti o stanno interrompendo quelli esistenti con Mekorot, la principale impresa idrica di Israele. Si possono trovare ulteriori informazioni sul sitowww.stopmekorot.org.
A Watec parteciperanno società come Tahal Group International, che costruisce impianti per il trattamento delle acqua reflue per le colonie israeliane [2]. Tutte le colonie israeliane sono illegali, in quanto costruite nei Territori palestinesi occupati in violazione del diritto internazionale, e sono ritenute tali dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, dalla Corte Internazionale di Giustizia e da tutte le istituzioni europee. Inoltre vi partecipa IOSight, che conta tra i suoi principali clienti la compagnia statale israeliana Mekorot, nota per l’appropriazione delle risorse idriche palestinesi e per le forniture di acqua alle colonie, così come Hagihon, coinvolta negli impianti di trattamento delle acque reflue per le colonie [3]. Queste imprese svolgono un ruolo fondamentale nell’occupazione e nella colonizzazione delle nostre terre. Infatti importanti compagnie internazionali si sono ritirate o hanno annullato la propria collaborazione con queste imprese a causa del loro coinvolgimento nelle violazioni delle leggi internazionali [4].
Lo stesso Watec rappresenta una vetrina propagandistica per Israele, che forse è tra i leader nell'innovazione nel settore idrico, ma lo è sicuramentenella negazione dei più elementari diritti umani a danno delle comunità palestinesi. Proprio nel controllo delle risorse idriche si manifesta una delle più evidenti violazioni del diritto internazionali legate all'occupazione illegale del nostro territorio.
In quanto agricoltori palestinesi e ambientalisti, ci rivolgiamo a voi perché non siate complici di questa iniziativa, e supponiamo che la vostra decisione di partecipare sia stata dettata dal fatto che nel vostro Paese non ci sono molte informazioni sull'"apartheid dell'acqua" che sviluppano e mettono in atto la tecnologia idrica israeliana e le imprese che la gestiscono. Per questo ci permettiamo di supporre che forse voi non sappiate che:
1. Israele ha occupato le alture del Golan siriano, principale fonte di approvvigionamento idrico di tutta la regione mediorientale, espellendo quasi tutti gli abitanti di nazionalità siriana e sostituendoli con coloni israeliani. Da allora ha fatto interventi per utilizzare a favore della propria popolazione le risorse idriche della zona, togliendole agli altri abitanti all'interno e fuori dai Territori Palestinesi Occupati;
2. Israele ha occupato militarmente la Cisgiordania, Gerusalemme est e Gaza, controllando, in particolare nella valle del Giordano,la principale fonte di acque di superficie della regione a beneficio delle proprie basi militari e delle colonie israeliane illegali, escludendone dall'uso la popolazione palestinese occupata;
3. Israele ha trasferito tutte le infrastrutture idriche della Cisgiordania e di Gaza alla Mekorot, impresa idrica pubblica israeliana, per la cifra simbolica di uno shekel, e da allora questa società ha gestito il sistema delle acque ad esclusivo favore dei cittadini israeliani e delle colonie illegali nei Territori occupati. Contemporaneamente l'amministrazione militare israeliana ha imposto una rigida limitazione dell'uso delle acque da parte della popolazione palestinese occupata, richiedendo speciali permessi per la manutenzione dei pozzi e delle tubazioni esistenti e per la perforazione o la costruzione di nuovi impianti. Questi permessi vengono regolarmente negati o concessi con molto ritardo se le domande vengono presentate da privati o Comuni palestinesi, mentre vengono rilasciati senza alcun problema se si tratta delle colonie illegali;
4. Con gli accordi di Oslo la gestione delle acque avrebbe dovuto essere stata regolata sulla base dei consumi del 1993 per un tempo limitato di cinque anni, in attesa di un trattato di pace definitivo. Nel frattempo, mentre al consumo palestinese veniva posta una quantità massima disponibile, a quello israeliano non si poneva nessun limite. L'accordo di pace definitivo non è mai stato firmato, e in questi 25 anni la popolazione palestinese è quasi raddoppiata. Le quote fissate per i palestinesi non si sono aggiornate in base all'incremento demografico, mentre le colonie hanno continuato ad aumentare e ad essere regolarmente collegate alle forniture idriche. Attualmente Israele utilizza circa l’80% delle acque dell'Acquifero montano, che si trova quasi del tutto in territorio palestinese;
5. Oltre a tenere sotto assedio la Striscia di Gaza dal 2007, Israele ha lanciato operazioni militari sempre più devastanti. Tra i principali obiettivi colpiti dai bombardamenti ci sono stati gli impianti per la produzione dell'elettricità e per la depurazione delle acque. Anche il sistema fognario, i pozzi ed i sistemi di irrigazione sono stati distrutti. Meno del 6% dei palestinesi di Gaza ha a disposizione acqua potabile, il che provoca gravi problemi di infezioni e di malattie dovuti all'inquinamento della poca acqua disponibile. C'è inoltre il rischio che entro il 2020 le riserve idriche sotterranee della Striscia siano esaurite. Oggi la maggior parte dell'acqua consumata a Gaza viene venduta dall'impresa israeliana Mekorot a prezzi che la maggior parte degli abitanti non può pagare. Circa 1,2 milioni di gazawi non hanno accesso all'acqua corrente;
6. La costruzione dell'illegale Muro di separazione, che non segue i confini del 1967 ma erode una parte del territorio palestinese a favore di Israele, ha separato molte comunità palestinesi da una serie di beni e servizi. Oltre a scuole ed ospedali, queste comunità hanno perso terreni agricoli e pozzi d’acqua, che sono stati distrutti o sono rimasti dalla parte occidentale del Muro, impedendone l'accesso;
7. Dagli Accordi di Oslo ad oggi, l’agricoltura delle colonie israeliane è diventata uno dei principali mezzi per l’espropriazione di nuove terre in Cisgiordania. Infatti per i coloni, appoggiati dallo Stato israeliano, è più facile impossessarsi delle nostre terre per uso agricolo, espandendo così il territorio di un insediamento già esistente, che costruirne uno nuovo. Dal 1997 l’agricoltura delle colonie in Cisgiordania è aumentata del 35% in termini di area, mentre la terra palestinese coltivata si è ridotta di un terzo. Acqua rubata a noi palestinesi viene utilizzata per le coltivazioni delle colonie costruite sulle terre che ci sono state rubate[5].
Il controllo delle acque da parte di Israele, insieme alla espropriazione di terre, rappresenta uno dei principali strumenti del progetto di colonizzazione e di espulsione della popolazione palestinese.
Nel 2009 la Banca Mondiale ha stimato che il danno subito dall'agricoltura palestinese in Cisgiordania per la carenza di irrigazione è significativa, e potrebbe arrivare fino al 10% del PIL e alla perdita di 110.000 posti di lavoro [6]. E da allora la situazione non ha fatto altro che peggiorare. Nel corso di questa estate in alcune zone della Cisgiordania la carenza di acqua ha obbligato molti allevatori palestinesi ad abbattere o vendere il proprio bestiame e molte coltivazioni sono state distrutte. Come ha notato anche la giornalista israeliana Amira Hass, nelle vicine colonie le piscine erano piene d'acqua e le piante ed i prati venivano irrigate [7].
Israele non ci ruba solo la terra, ma anche l'acqua per irrigare i nostri campi e per abbeverare i nostri animali. Non solo l'acqua a nostra disposizione è poca, ma è anche di cattiva qualità e spesso non è potabile. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità i livelli accettabili di consumo dell'acqua sono di 100 litri a testa al giorno. Noi palestinesi ne abbiamo a disposizione mediamente 73, gli israeliani (compresi gli insediamenti illegali) 250. Questa carenza nell'accesso all'acqua ha portato alla desertificazione di aree coltivate. Contemporaneamente l'agricoltura intensiva dei coloni israeliani nella Valle del Giordano sta portando ad un notevole aumento nel consumo di acqua.Â
Si tratta di dati facilmente reperibili in rete e forniti da istituzioni e da importanti ONG internazionali (ONU, UE, Banca Mondiale, Amnesty International, Human Right Watch, Oxfam, l’organizzazione palestinese per i diritti umani Al Haq e l'israeliana B'Tselem)[8].
Voi, che siete agricoltori ed allevatori, potete immaginare cosa stia succedendo a noi ed alla nostra economia, in cui l'agricoltura impiega circa il 12% della forza lavoro. Siamo fiduciosi che, alla luce di queste informazioni, riconsiderete la vostra decisione e negherete la sponsorizzazione e la partecipazione al convegno di Venezia, in cui saranno presenti alcuni dei principali responsabili di questa situazione.
Vi saremo grati se potrete darci una risposta entro il 22 agosto.
Cordiali saluti,
Palestinian Farmers Union (PFU)
Arab Agroecologist Association
Environmental Education Center
Environmental Media Center
Jordan Valley Solidarity Campaign
Land Research Center
Land Defense Coalition
MA’AN Center for Development (MA’AN)
PENGON Friends of the Earth Palestine
Palestinian Agricultural Cooperatives Union (PACU)
Palestinian Agricultural Relief Committees (PARC)
Palestinian Grassroots Anti-Apartheid Wall Campaign (Stop the Wall)
Palestinian Hydrology Group (PHG)
Union of Agricultural Work Committee Union (UAWC)
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