Affaire Mose, spuntano le liason tra Letta, Meneguzzo e Sartori
Giovedi 18 Luglio 2013 alle 18:19 | 0 commenti
Un bigliettino firmato da Gianni Letta, ex sottosegretario del Pdl alla presidenza del consiglio, che ringrazia per un dono ricevuto. Una fitta corrispondenza con l'europarlamentare thienese Lia Sartori, sempre del Pdl. Sono questi alcuni documenti ritrovati dalla Gdf durante una recente perquisizione in alcuni locali di pertinenza del maladense Roberto Menegozzo, presidente della «potente» e vicentina Palladio finanziaria.
Lo rivela Il Mattino di Padova di oggi con un lungo servizio a pagina 9 firmato da Giorgio Cecchetti il quale descrive i contorni della maxi inchiesta che sta squassando la politica veneta in relazione alle super commesse nell'area della laguna di Venezia; una inchiesta che evidentemente assume sapori sempre più vicentini. Per vero il quotidiano della città del Santo non scrive che i due personaggi sono indagati, ma l'affresco che ne esce dà il senso di una inchiesta che, anche in ragione dei quattrini in ballo per la vicenda Mose, oltre cinque miliardi di euro, sta lambendo non solo i vertici della politca regionale, ma pure di quella nazionale: il tutto in modo rigorosamente bipartisan.
Letta e Sartori sono infatti «solo di un millimetro» sotto il sancta sanctorum del Pdl. Il primo infatti è probabilmente l'uomo più fidato dell'ex premier azzurro Silvio Berlusconi. La seconda è il braccio, se non la mente, dell'ex ministro azzurro dell'agricoltura Giancarlo Galan, che in un recente passato ha anche ricoperto la carica di presidente della Regione Veneto. Su quest'ultimo da mesi si concentrano le attenzioni dei media proprio in relazione al cosiddetto sistema Galan, che avrebbe visto nell'ex presidente di Mantovani spa Piergiorgio Baita, uno dei personaggi chiave; il quale per di più nel passato recente e meno recente ha avuto legami diretti con parecchi degli uomini finiti nel ramo d'inchiesta che riguarda Mose e dintorni.
E se questo è il quadro delle relazioni sul versante del centrodestra, dalle parti del centrosinistra le liason dangereuse non mancano giacché sempre la Gdf e sempre su ordine della procura veneziana sta marcando stretto il flusso dei finanziamenti che il consorzio Venezia Nuova avrebbe fatto finire dalle parti di Enrico Letta, attuale premier democratico, nonché nipote di Gianni. Infatti i militari hanno acceso i loro fanali anche su Vedrò, proprio la fondazione culturale che fa capo al premier. Oltre al consorzio, tra le imprese finite nel mirino della guardia di finanza c'è, tra tante, la Cooperativa San Martino di Chioggia.
Ad ogni modo nel Pd regionale gli imbarazzi non mancano. Il che giustificherebbe il sostanziale silenzio del partito, salvo rare eccezioni, sulla questione Mose. Chi in queste ore starebbe vivendo momenti di ansia sarebbe il capogruppo del Pd in regione Lucio Tiozzo; di lui, ex sindaco di Chioggia ed ex presidente della Legacoop del Veneto (il raggruppamento delle cosiddette coop rosse) parla un servizio del 2010 pubblicato sul portale de La Nuova Venezia. Secondo il quotidiano il consigliere durante la campagna delle regionali 2010 è stato il recordman come contributi ricevuti da singoli, imprese e soggetti più o meno vari. Tra coloro che hanno finanziato la campagna elettorale di Lucio Tiozzo c'è giustappunto la Cooperativa San Martino di Chioggia, che è tra i principali soggetti indagati nella inchiesta sul caso Mose. Potrebbe anche essere una pura casualità , ma della nuova tangentopoli lagunare il portale del consigliere regionale del Pd non dice alcunché: stesso silenzio per l'idagine della Antimafia veneziana sul caso A31 sud nella quale è finito pure il cognato di Galan. Frattanto tra gli inquirenti circola la voce che a settembre l'inchiesta potrebbe fare un salto di qualità coinvolgendo direttamente i vertici della politica veneta.
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