A capo (I)chino
Giovedi 26 Gennaio 2012 alle 23:32 | 0 commenti
Riceviamo da Giorgio Langella, Segretario provinciale PdCI FdS, e pubblichiamo.
Ma che gusto avrà provato il senatore Pietro Ichino quando ha scritto la lettera a Il Corriere della Sera sulla "bellezza" della fabbrica Fiat di Pomigliano? Siamo di fronte a un vero e proprio panegirico di un servitore fedele verso il suo padrone. A Pomigliano tutto è fantastico. Sembra la "Fabbrica di cioccolato" immaginata da Roald Dahl.
Tutto bello, colori meravigliosi, uffici di cristallo, silenzio, luci e pulizia ... Persino le tute sono bianche e pulitissime. Da rimanere incantati. Pomigliano è un luogo talmente bello e accogliente che invoglia ognuno non solo lavorare ma a viverci ogni istante della propria vita.
Una domanda, allora, sorge spontanea. Perché il senatore Ichino non ci libera della sua presenza al Senato (e alla televisione) e va a fare l'operaio alla catena di montaggio della Fiat di Pomigliano? Sarebbe una decisione eccellente. Noi liberi della sua presenza e lui felice a "costruir la Panda". E a tessere le lodi di "padron Marchionne". Purtroppo, temiamo, non sarà così. Ichino continuerà a occupare la poltrona (comoda e molto, ma molto meglio remunerata di un posto da operaio Fiat) e a pontificare quanto sia giusto che gli operai continuino a faticare alla catena di montaggio con un po' meno diritti rispetto a ieri.
Alla fine della sua lettera al Corriere, Ichino raggiunge l'apoteosi. Scrive, infatti, "Ai ragazzi del centro sociale «contro Marchionne e contro il precariato» ho chiesto: non vi accorgete che, tolto Marchionne, vi resta solo il lavoro nei sottoscala controllati dalla camorra?". Bizzarra teoria. O si accetta Marchionne o si lavora per la camorra. Proprio una bella scelta. E se, invece, i "ragazzi del centro sociale" e tanti altri volessero lavorare e vivere onestamente senza chinare la testa? No, il senatore Ichino lo esclude. Per lui esiste solo Marchionne o la camorra. Una scelta senza speranza.
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