Opinioni | Categorie: Politica

4 luglio, l'indipendenza è lontana

Di Alessio Mannino Sabato 4 Luglio 2009 alle 08:12 | 0 commenti

Analisi del corteo No Dal Molin, fra autogol, exit strategy e illusioni pericolose. Alla vigilia del G8, un'occasione mancata per una critica alla globalizzazione

 

Corteo No Dal Molin«Evitiamo i giri di parole: sabato pomeriggio, con la manifestazione dell'indipendenza vicentina, vogliamo entrare al Dal Molin per liberarlo dalla nuova base Usa». Questa era la promessa annunciata nei giorni scorsi dal Presidio Permanente contro il Dal Molin per bocca della sua portavoce, Cinzia Bottene. Noi che scriviamo quarantott'ore prima del corteo del 4 luglio intitolato all'"indipendenza vicentina", non sappiamo dirvi se il divieto d'accesso a viale Ferrarin deciso da prefettura e questura verrà violato o meno. Quel che però rileviamo sin d'ora è l'indomita volontà, da parte dei presidianti, di far passare la resistenza al diktat Ederle 2 come un fuoco vivo, che può ancora scottare il governo italiano e gli Stati Uniti.

 

Autogol

La manifestazione stessa, il cui percorso questa volta è stato concordato in modo da non disturbare troppo i registratori di cassa dei negozianti del centro, vuole essere la prova che il movimento no-base esiste e lotta fra noi. Il cuore pulsa sempre, sembrano voler dire Bottene, Palma, Jackson, Pavin, attorniati da un manipolo di irriducibili che piantonano il tendone di Ponte Marchese riempiendolo per quanto possibile di iniziative e attività che coinvolgano una popolazione che pare rassegnata all'ineluttabile esito: la nuova caserma si fa. I lavori appaltati alle coop ex rosse, infatti, vanno avanti. Gli Americani acquartierati alla Ederle hanno scelto, dal loro punto di vista in modo saggio, un profilo basso. Talmente basso da annullare per la prima volta nella storia della loro presenza a Vicenza la festa della loro indipendenza, quella che fra fuochi d'artificio e popcorn veniva aperta anche ai vicentini. E' evidente che non si tratta di una vittoria, per i contrari alla nuova base. I militari statunitensi hanno volontariamente rinunciato ad una tradizione condivisa con gli abitanti locali, un'astuta mossa per colpevolizzare i No Dal Molin senza arrivare a scoprire tutta la propria insofferenza per il loro ostinarsi a dar battaglia. Questi ultimi, optando per il 4 luglio come contraltare diretto alla festività americana, per tutta risposta hanno dovuto incassare un sostanziale autogol.

 

Fallimento

Manifestazione No Dal MolinMa se il cuore non ha smesso di battere, è il cervello a dare pochi segni di vita. Non si offendano, le menti pensanti di Rettorgole e i tutto l'arcipelago di sigle accomunate dall'opposizione al raddoppio Usa. Siamo consapevoli che fra loro c'è gente che s'informa, studia, ama documentarsi e discutere. Ma, come già scrivevamo mesi addietro, non hanno ancora saputo (o voluto?) accettare il fatto che la loro è una battaglia persa. Illudersi e illudere la città che vi sia ancora un filo di speranza è inutile. E anche controproducente. Perché, se intendono fare del No una bandiera perenne a cantiere avanzato, rischiano di rimetterci la faccia. Ora, il proposito del Presidio potrebbe essere mettere radici e fare del tendone un punto di ritrovo stabile per quello che loro chiamano l'Altrocomune. Una sorta di centro sociale un po' più aperto e creativo rispetto al modello classico, tutto zapatismo, concerti e disobbedienza. Un intento pienamente legittimo, sia chiaro, e in parte da accogliere con favore, se si pensa che a Vicenza un altro luogo fisico per idee "alternative" (ma non troppo) non c'è. Però, allora, non si vada avanti in eterno con la storia che si può ancora fare, che yes we can, l'Ederle bis può essere evitata. Più la tirano per le lunghe e più amaro sarà il sapore della sconfitta quando i rappresentanti di Roma e Washington taglieranno il nastro dell'inaugurazione.

 

Variati si defila

E siamo già curiosi di sapere come si comporterà in quel fatidico giorno il sindaco Achille Variati: ci sarà, fra ufficiali del Pentagono e dignitari della Difesa festanti per aver dato un altro colpo alla nostra sovranità nazionale? Lui, la exit strategy da questo pasticciaccio italo-americano la sta compiendo. In silenzio, quatto quatto, ha smesso i panni del pasdaran del No e praticamente della base parla soprattutto per questioni collaterali (come la scaramuccia sui soldati che invadono i parchi chiusi al pubblico, episodio su cui per altro Variati ha fatto benissimo a protestare a muso duro, e qualche lamentela sullo stato eccessivamente top-secret dei lavori). Non è un caso che il sindaco questo giro non partecipi alla sfilata: è il distacco, silenzioso ma ormai alla luce del sole, da un agitarsi che politicamente non porta più a nulla. E che soprattutto non gli porta più nulla, in termini di consenso e spendibilità mediatica.

 

Causa profonda

Il cervello, dicevamo. È questo, diciamo così, la parte deficitaria di un movimento che non sa comprendere e ammettere dove ha sbagliato. Un giudizio che accomuna l'esperienza vicentina con quella di tutte le realtà anti-imperialiste e no-global del pianeta. Siamo alla vigilia del G8 che quel genio del vittimismo di Berlusconi ha voluto far riunire all'Aquila in macerie. Ebbene, siamo sicuri che assisteremo alle solite marce, i soliti tafferugli, le solite trite e ritrite parole d'ordine contro i malvagi timonieri del neoliberismo internazionale, la fame nel mondo, l'ingiustizia fra Nord e Sud, lo sfruttamento dei paesi poveri eccetera. Tutto bello, tutto giusto. Tutto buono per compiacersi dei propri buoni sentimenti e autoassolversi dal dover chiedersi cosa possiamo fare noi qui, ora, nel nostro quotidiano, nel ripensare il nostro modo di vivere e nel riformulare le categorie concettuali di cui siamo impastati. Terra terra: la marcetta pacifista, solidale, terzomondista, biascicante slogan vecchi come il cucco ha fatto il suo tempo. La massa degli occidentali alle prese con la crisi ma lontani dal rinunciare allo stile di vita da infelici maiali se ne frega, né più né meno. E molti di coloro che in buona fede scendono in strada e assediano i potenti, il giorno dopo consumano, lavorano e soprattutto continuano a considerare la globalizzazione un fatto di per sé giusto purchè liberato dal liberismo. Per non dire che ancora si baloccano coi recinti di destra e sinistra e la democrazia di mercato come uniche chances dell'umanità. Come quelli che osteggiano il Dal Molin americano perché è una "base di guerra", insomma perché, essendo una caserma, ci sono delle armi dentro e degli uomini che le usano. Così si tiene un vita un cadavere artificiale. Per restituirgli vita, i No Dal Molin e tutti gli anti-imperialisti del globo dovrebbero invece lottare contro la causa ultima delle nostre disgrazie: il modello di vita che ha messo al centro l'Economia al posto dell'Uomo. Che poi è un prodotto inventato da noi europei con l'industrialismo ma esteso e imposto a tutti (globalizzazione) dagli Stati Uniti d'America. Obama, poverino, anzi poverino un corno, sta lì a difenderlo, tale modello foriero di guerre ingiuste, devastazioni sistematiche e colonialismi mascherati da esportazioni democratiche. Altro che invitarlo a Vicenza. Bisognerebbe augurargli di riscoprire la politica dei suoi predecessori dell'Ottocento, adepti dell'isolazionismo. Ma non può farlo, o il complesso militar-finanziario-industriale del suo impero crollerebbe. Buon 4 luglio.

Leggi tutti gli articoli su: variati, bottene, No Dal Molin

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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