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Categorie: Vacanze, Eventi, Arte, Turismo

A Firenze il bel mondo russo per conoscere Vicenza

Lunedi 28 Giugno 2010 alle 14:15
ArticleImage Davide Fiore, S.I.P.B.C., Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali  - A Firenze, al galà di Palazzo Corsini, un invito per conoscere Vicenza per il bel mondo russo.

Venerdì 25 giugno, in concomitanza con la 71° edizione di Pitti bimbo, Davide Fiore (nella foto con Ceccon) quale giornalista e presidente di SIPBC del Veneto, ha presentato il galà fiorentino del Club Viva Italia! Quest'associazione con sede a San Pietroburgo e Firenze, è stata fondata per permettere ai viaggiatori russi di conoscere il Bel Paese e di soddisfare le esigenze di lusso che trovano in Italia i più alti livelli artistici e artigianali.

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Lettera aperta al vicesindaco di Thiene

Martedi 23 Marzo 2010 alle 12:54
Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali (S.I.P.B.C.)
Sezione Regionale del Veneto- Il Presidente

 

Gentile vicesindaco di Thiene,
Dott. Antonello Amatori,

ho letto questa mattina sul Giornale di Vicenza della sua proposta di promuovere la realizzazione di una piazza attorno alla bella chiesa di San Girolamo, nella zona Conca. Intervengo personalmente sulla questione poiché si sta analizzando un contesto che conosco bene, essendo vissuto per anni a poca distanza dall'edificio, precisamente in via G.Zanella.

Se si considerano le foto dei primi anni del ‘900, si noterà come Thiene fosse una cittadina dal centro perfettamente equilibrato, secondo un disegno tipico dei comuni di media o piccola grandezza dell'alto vicentino, luogo che conservava i segni del suo passato, già da edifici di stile gotico e via fino ai nostri giorni. Le diverse epoche, indice di un gusto per l'architettura in continuo cambiamento, avevano lasciato nel centro quelle caratteristiche di armonia che tacitamente avevano regolato la crescita di questo come di altri centri in tutta Europa (l'altezza degli edifici, la regolarità di alcune aperture, l'uso di materiali e intonaci tradizionali).

Come ho sottolineato in una precedente lettera indirizzata alla sua amministrazione, dal secondo dopoguerra fino ai nostri giorni c'è stato uno continuo smantellamento di qualcosa che andava conservato o restaurato, mai imposto in un tessuto di per sé armonioso. Le energie impiegate per rovinare, di fatto, le piccole vie del centro potevano essere investite per creare una città nuova che assecondasse le esigenze di crescita con la richiesta di nuovi parametri costruttivi. Negli anni sono così sorti edifici come l'orribile condominio Everest, oppure altri interventi che hanno visto l'inserimento di edifici troppo alti e architettonicamente scadenti nelle vie più centrali, talvolta a spese di palazzi del XIV o XV secolo.
Gli anni '80 e '90 del ‘900 sono stati caratterizzati dall'eliminazione delle mura di sassi che dividevano le belle proprietà gentilizie e che davano testimonianza di una vicina tradizione agricola in un comune di vocazione commerciale, seguiti da operazioni legittimate dalle varie amministrazioni per eliminare i tettucci di accesso ai cortili (si veda il caso di viale Bassani) e l'utilizzo talvolta d'improbabili intonaci su palazzetti storici. Per proseguire, sarebbe meglio non menzionare i restauri mal eseguiti di decorazioni e affreschi sulle facciate di altre costruzioni.

Recentemente la sua amministrazione ha avuto l'idea infelice di proseguire nel deturpare Palazzo Cornaggia, già negli anni '60 sufficientemente manomesso con l'abbattimento di una sua ala storica, con l'alienazione della grande mura di recinzione.
L'istituzione, quindi, di una piazzetta attorno alla chiesa di San Girolamo non può che essere un‘ottima soluzione per offrire respiro alla chiesetta di San Girolamo, purché non si prosegua nell'abbattimento delle mura adiacenti (sempre referenti a Palazzo Cornaggia), rimuovendo così la memoria del secolare disegno. Gestire il delicato equilibrio di un tessuto urbanistico è un affare delicato che non può essere proposto in base a scelte architettoniche calate dall'alto dove si considerano i parametri contemporanei ignorando secoli di storia. La dimostrazione di questo la si può riscontrare nella chiesa di San Girolamo stessa, alla quale nei primi anni '90 è stata addossata quella pessima architettura che è la chiesa nuova, demolendo di fatto un piccolo chiostro coevo. Quell'edificio rimarrà sempre quale testimonianza di una amministrazione che non ha saputo consigliare la cittadinanza in termini di gusto e cultura storico-estetica.
Le propongo una passeggiata a Malo, o a Lonigo o a Sandrigo, dove, senza nessuna presunzione, sono state mantenute le caratteristiche di quella bella architettura che si sta perdendo attraverso interventi privi di conoscenza e analisi storica.

Con l'augurio di una buona settimana,


Davide Fiore
Presidente SIPBC- Sez. reg. del Veneto

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Categorie: Immigrazione, Arte

Fiore (Sipbc Veneto) per Arco della Pace-Mi

Martedi 16 Marzo 2010 alle 00:22

Sipbc Veneto           

 

Davide Fiore (Pres. Sipbc Veneto)Segnalo per conoscenza, con autorizzazione ad eventuale pubblicazione, questa denuncia deposta il 15 c.m. presso la Questura di Milano e inviata per conoscenza al Ministro per i Beni Culturali, Sen. Sandro Bondi, al Soprintendente per i Beni Architettonici e al Sindaco di Milano.

Dott. Davide Fiore
Il Presidente Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali (S.I.P.B.C.)
Sezione Regionale del Veneto

 

Oggetto: Segnalazione e denuncia di abbandono di sito monumentale nella città di Milano, rifugio di immigrati irregolari.

Onorevoli signori,

sabato 13 marzo 2010, mi sono trovato coinvolto in una situazione di una certa gravità per quanto concerne la salvaguardia di un bene architettonico e artistico significativo, e per il rischio alle cose e alle persone connesse.
Arco della Pace (Milano)Da turista ed ex cittadino milanese, mi trovavo ad osservare l'Arco della Pace di Milano, splendido esempio di arco di trionfo del governo napoleonico, realizzato dall'arch. Cagnola all'interno di un più articolato piano urbanistico che rivoluzionò l'aspetto della Milano di inizio ‘800. Nell'osservare la costruzione, difesa e celata da un'impalcatura posta per il restauro conservativo, ho notato almeno tre persone forzare una lamiera della recinzione di cantiere e accedere nell'area sottoposta a divieto d'accesso. Nessun impianto di sicurezza è scattato per segnalare l'intrusione. Ho prontamente avvisato le forze dell'ordine, le quali hanno inviato due pattuglie della polizia con cinque agenti che sono entrati nell'area di cantiere dal passaggio che ho indicato. Per riassumere brevemente, gli agenti hanno arrestato quattro clandestini di origine cinese (un quinto si è gettato dall'impalcatura ed è fuggito), dopo circa un'ora di inseguimento tra i piani di una fitta impalcatura che circonda l'Arco della Pace.
I poliziotti, ai quali ho espresso da subito la volontà di sporgere denuncia su quanto accaduto si dichiaravano sconcertati della situazione rilevata all'interno del cantiere e non visibile dall'esterno.
L'area di cantiere è un "albergo di clandestini", ridotto in condizioni pessime. Un cantiere da più mesi inoperativo, non controllato da antifurti o da una corretta revisione delle barriere anti intrusione (reti, lamiere, cancelli, ecc.).
Il cantiere sarebbe inoltre pieno di escrementi, materassi, oggetti di uso comune da riferire a situazioni di disagio o clandestinità, come di fatto riscontrato nel riconoscimento dei quattro clandestini e che prosegue da molto tempo.
Questura di MilanoL'indomani, domenica 14 marzo 2010, ho sporto regolare denuncia presso la Questura di Milano - Commissariato P.S. Sempione (ufficio denunce) alla presenza di due agenti (si veda copia del documento allegato alla presente segnalazione).
I poliziotti con i quali ho avuto modo di confrontarmi in sede di denuncia, nonostante la disponibilità, mi hanno più volte invitato a non segnalare il fatto in quanto non si tratterebbe di una questione di rilevanza penale. Insistendo, sono potuto arrivare al termine della denuncia, in attesa di informare chi di competenza sull'accaduto.
Personalmente ritengo disdicevole, come cittadino e come operatore per i beni culturali e per quanto attiene alle mie sensibilità o qualifiche personali, riscontrare l'abbandono del cantiere che protegge un monumento simbolo di Milano, vincolato dagli organi competenti, e posto in pieno centro storico. Credo inoltre che, salvo non siano già stati intrapresi provvedimenti a me sconosciuti, affidare il controllo di un sito patrimonio della collettività al libero accesso (con violazione di un cantiere contrassegnato dal divieto d'accesso), a persone in evidente stato di disagio, ma comunque clandestine, sia una mancanza di rispetto verso i beni culturali, la città di Milano e i suoi ospiti. Un accesso incontrollato di persone non accreditate, le quali possono usufruire dello stesso monumento quale abitazione, latrina o altre funzioni che potrebbero anche portare al vandalismo e allo sfregio dell'opera, potrebbe essere pericoloso anche per eventuali responsabilità o incidenti che occorressero agli stessi.

Sono certo, proprio perché perseguo nella fiducia nei confronti delle Istituzioni, che i destinatari di questa lettera sappiano cogliere la gravità della situazione che è stata riscontrata avviando una semplice segnalazione e agire tempestivamente anche con l'appoggio dei cittadini e della sensibilità mediatica.
Ringrazio per la cortese disponibilità inviando i miei migliori auguri per una buona settimana,

Dott. Davide Fiore
Il Presidente Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali (S.I.P.B.C.)
Sezione Regionale del Veneto

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Categorie: Libri

Davide Fiore su "Per Vicenza. 1945-2008"

Domenica 17 Gennaio 2010 alle 03:10

Davide Fiore 

Riceviamo e pubblichiamo lettera di Davide Fiore,Presidente SIPBC- Sez. reg. del Veneto, Conservatore Museo Diocesano di Vicenza

 

Davide Fiore, Conservatore Museo Diocesano di VicenzaInvio come "lettera aperta" e autografa*, la mia risposta alla prefazione dei fratelli Andrea e Tommaso Cevese al libro "Per Vicenza. 1945-2008" (Cierre edizioni) dedicato alla figura del prof. Renato Cevese, scomparso nell'autunno del 2009.

La lettera, necessariamente un po'corposa visto l'argomento trattato, è a disposizione di chiunque volesse contribuire ad un dibattito portato avanti con l'intelligenza e l'educazione dei Cevese e di tutti gli operatori per i Beni Culturali e la Cultura che popolano il territorio Veneto.

Grazie per la cortese disponibilità. Con l'augurio di un buon inizio d'anno.

Davide Fiore
Presidente SIPBC- Sez. Reg. del Veneto
Conservatore Museo Diocesano


*Gentili Andrea e Tommaso Cevese,

apprezzo la "lettera aperta" che avete pubblicato quale prefazione al volume dedicato al professor Renato Cevese, vostro padre, e che avete condiviso con i lettori. Questo metodo, che personalmente utilizzo è un modo per affidare alla "colomba della speranza" un messaggio destinato alla stampa e, di conseguenza, a chi vorrà farlo proprio.

Renato Cevese (foto ilgazzettino.it)Ricordo come sin da bambino fosse palese all'occhio la millenaria esperienza territoriale del Veneto, con le sue città storiche e i suoi borghi, con le campagne educate fino ai luoghi alpini più dispersi, e come i miei educatori mi portassero a ragionare sul recente passato, parlo degli anni '60 e '70 del 900, definendoli come carichi di errori architettonici e urbanistici, esempio con cui le nuove generazioni avrebbero dovuto confrontarsi.

Una lettura più attenta mi portò a ricercare il perché di un'armonia quasi magica ancora confrontabile con la pittura del Rinascimento locale, scoprendo un "valore materico" composto di materiali coi quali per secoli si è edificato attingendo dal territorio le stesse necessità del costruire, con la capacità di invecchiare: pietre, ciottoli, mattoni in cotto, tegole, travi in legno, solai di paglia, malte e terre colorate, pietra calcarea, tutti elementi per l'edilizia che stabilivano un legame tra le architetture universali di Andrea Palladio e le case per contadini nelle più disperse campagne. Nei materiali c'era una stessa origine, anche quando cambiavano le dimensioni, le proporzioni, le finiture e l'importanza degli edifici.

Il tipo di società che funzionava nel ‘500 era già mutato nel ‘700 per franare definitivamente nell'800 quando i cambiamenti economici e demografici portarono ai necessari ripensamenti del modo di vivere il territorio. La cesura vera e propria tra il passato e il futuro dell'Italia si avrà nel secondo dopoguerra, con il decollo industriale e la costruzione delle necessarie infrastrutture. Gli anni '80 del 900, con le conversioni industriali e l'avanzare dei problemi ambientali hanno visto l'Europa impegnata nella ricerca di una crescita compatibile con l'utilizzo del medio ambiente, per evitare un costo energetico e infrastrutturale esagerato. Con l'aumentata ricchezza economica, l'accessibilità all'istruzione e ai mezzi di informazione, il Veneto è andato in controtendenza rispetto agli altri, divenendo uno dei peggiori disastri urbanistici d'Europa, sostenuto da continue leggi e regolamenti pensati per dare potere ai singoli amministratori, lasciati liberi di ragionare sull'urbanistica del loro comune attraverso decisioni talvolta personalistiche, talvolta prive di nessi logici definiti. Il disastro urbanistico veneto è paragonabile in Italia, ma con dimensioni assai più vaste, a quella che fu conca d'oro fuori Palermo, che sorge alle pendici di Monreale. La più difficile tra le scienze, l'urbanistica, va governata tenendo conto d'innumerevoli fattori come la pianificazione, la zonizzazione, la giusta distribuzione delle risorse e l'impatto sulle infrastrutture (per essere urbanisti capaci sono necessari notevoli anni di preparazione unitamente alla conoscenza del territorio, della sua morfologia oltre ad un talento personale). Questa scienza antica sopravvive in una vergognosa assenza nella nostra regione, comportando un aumento degli sprechi e dei costi che poi la società paga, una difficile gestione delle emergenze ambientali e il conseguente abbassamento della sicurezza delle persone e danni sociali come stress e disagio psicologico diffuso, che si tramuta in una riduzione drastica della qualità di vita.

Questa lunga premessa, signori Cevese, per alcuni nuova e per altri forse scontata, vuole avvalorare le vostre osservazioni per cui l'emergenza dei beni Culturali oggi, non si trova ad operare con il palazzinaro o con il furbetto che vede nella tettoia in più l'aumento della sua presunta ricchezza in attesa di un primo condono. A essere distrutto oggi è il paesaggio che vive in una perenne "resistenza", dove chi restaura un edificio storico vive nel terrore di non trovarsi come vicino di casa un centro commerciale o, come è avvenuto per Villa Loschi Zileri Motterle di Monteviale, un distributore di benzina inutile nel pieno di una prospettiva secolare. Gli unici privilegiati sono i residenti dei centri storici che si trovano in luoghi sempre più riqualificati grazie anche all'intervento delle soprintendenze che hanno un parere competente sull'antico e questo aumenta di continuo il divario qualitativo tra centro e periferia. Il problema concreto resta lo "sfrangiamento" delle città che ha reso i centri italiani un ammassamento di edifici che avanzano per piccoli lotti come in una favela di lusso. Il risultato della necessità di colmare tutti gli spazi vuoti di un territorio lo si ha dalle alture o meglio ancora, atterrando all'aeroporto di Venezia o di Verona, dove si plana in una megalopoli impazzita di dimensioni sterminate che, ahimè, non rende onore al presunto orgoglio territoriale dei suoi abitanti.

L'altro nemico da richiamare per la difesa del territorio è l'indifferenza, quella stesso descritta da Moravia, che da noi diventa il "faccio finta di non vedere" per pensare a un benessere pagato a caro prezzo. Quale benessere? Grazie all'indifferenza molti centri turistici hanno trascurato o peggio distrutto la loro tipicità e ora piangono sul latte versato. La Recoaro storica è stata demolita o mal restaurata perdendo la sua attrattiva, così come l'altopiano di Asiago o il lago di Garda con il proliferare di casupole e scatoloni industriali stanno rovinando da sole il proprio futuro. Prima del Veneto la Liguria descritta anche da Italo Calvino ne "La speculazione edilizia"ha pagato pesantemente l'incapacità di coniugare crescita con compatibilità paesaggistica, riducendo quel potenziale turistico diffuso che invece ha mantenuto la Costa Azzurra.
Ospiti storici come i francesi, gli austriaci e tedeschi o gli inglesi che non sono parte del nostro autocompiacimento, gli occhi per guardare li hanno e restano inorriditi della cattiveria con cui la campagna è ingoiata dall'iniziativa singola, cosa che potranno testimoniare tutti gli operatori di questo settore. Una volta che l'operazione sarà definitivamente completata non serviranno recuperi, passanti stradali o promozioni, perché l'intelligenza diffusa di un paesaggio antropizzato la fanno i singoli cittadini.

Quello che fino a pochi anni fa era considerato un palese sfregio paesaggistico, parlo dei due pessimi condomini che danno il benvenuto dalla colline che guardano l'autostrada a Vicenza ovest, sono ad oggi la prassi diffusa e replicata in molti edifici anche privati, pur ingentiliti da mattoncini e tonalità variopinte. Ancora, negli ultimi 10 anni, alcune persone vivono una forma di asfissia da anonimato, dipingendo il proprio edificio con colori chimici fluorescenti o troppo deboli per essere il colore della nostra tradizione storica. Mi sono confrontato negli anni con alcuni costruttori o progettisti riguardo la necessità di attirare l'attenzione su qualcosa che già è brutto e la risposta è stata "il proprietario voleva così e poi è architettura moderna". Quello di parlare di "modernità"o meglio "contemporaneo", rispetto un edificio costruito oggi, è un mal costume che nasconde le bizzarre scelte personali e la necessità di differenziarsi per "essere migliori"a spese del paesaggio. Anche l'architettura vive la sindrome televisiva del "chi urla di più è più bravo" e le imprese di costruzione appiccicano timpani e frontoni in cemento su tutti gli edifici dando l'illusione ai futuri inquilini che la loro casetta possa concorrere con le celebri ville storiche e senza puntare su un progetto innovativo.

Le future politiche sul paesaggio dovranno fare i conti con l'istruzione, educando le persone ad una moderazione che va a vantaggio della collettività. Ciò che sta fuori dalle nostre case è di tutti, pertanto gli strumenti edilizi e urbanistici, o gli uffici d'ornato dei comuni, dovrebbero mettere un freno agli esibizionismi privati che altro non fanno che rafforzare il livello deficitario di un sistema che non funziona. Un paesaggio delicato come quello veneto ha prima di tutto bisogno di conoscitori di estetica, paesaggisti o scenografi capaci di mettere in comunicazione il nuovo, anche straordinariamente contemporaneo, con le preesistenze e il paesaggio, puntando su alcuni elementi necessari ad armonizzare le singole parti come la cura del verde o le cromie. L'educazione alla bellezza va fatta conoscere come materia base per le scuole, invitando le persone a leggere i segnali del territorio e a comprendere come una partecipazione sociale a queste tematiche ci migliora come persone e riduce il disagio sociale, anche se ci sono le industrie, anche se ci sono le autostrade. E il tutto serve poi a difendere la nostra ricchezza culturale e a garantire un'educazione basilare al gusto e al bello, a diretto vantaggio dei singoli.

Per concludere, la figura appassionata dell'eroe che voi descrivete in riferimento al professor Cevese, rientra già nel temperamento degli uomini e delle donne che in ogni epoca hanno cercato il valore aggiunto alle loro iniziative, con il pensiero sempre rivolto al plurale, alla comunità e umilmente disponibili a chiedere ad altri specialisti delle diverse discipline di farsi consigliare. Di esempi ce ne sarebbero tanti, come il caso di Alessandro Rossi di Schio e il suo architetto Antonio Caregaro Negrin, che fecero della modernità un'opera d'arte o l'imprenditore Olivetti con la sua azienda modello di Ivrea, esempio di come un cittadino possa intervenire sul territorio apportando uno sviluppo compatibile con la sua epoca.
Ben vengano strade più veloci o efficienti se servono realmente, ma almeno si abbia ben chiaro che il resto della Comunità Europea fa di tutto per rendere queste infrastrutture silenziose e discrete contrariamente alla selva di viadotti e di tralicci dell'alta tensione che incuranti della serenità e della salute delle persone passano sopra le campagne italiane imponendo la loro presenza. Pertanto, e concludo davvero, la complessità sociale è a tal punto aumentata che se associazioni, soprintendenze, amministrazioni, scuole e atenei ma soprattutto i privati cittadini con le amministrazioni non riterranno un valore imprescindibile dall'interesse economico la tutela del paesaggio, non basteranno i singoli eroi, per quanto carismatici, a mantenere alto il livello di guardia per la prevenzione, l'azione e il recupero dei luoghi e garantire a chi rispetta la propria cultura di non essere sopraffatto degli indifferenti privi di una coscienza sociale.


Davide Fiore
Presidente SIPBC- Sez. reg. del Veneto
Conservatore Museo Diocesano di Vicenza

 

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Categorie: Politica

Taglio dei fondi alla Cultura

Martedi 15 Dicembre 2009 alle 20:28
Sipbc Veneto  

 

Lettera aperta ai cittadini del Veneto, agli organi di stampa, alla politica, sul taglio dei fondi per la Cultura.

 

I tagli previsti dalla Regione del Veneto alla voce Cultura, rappresentano un anacronismo storico in cui più in generale l'Italia ama distinguersi. Perché anacronismo? Perché per molti, troppi anni in politica e programmazione territoriale si è parlato di cultura trasmettendo il concetto di cultura = incombenza per le casse pubbliche, vedendo nell'insieme "cultura"(che comprende Beni Culturali, esposizioni e mostre, spettacoli dal vivo, valorizzazione del territorio e degli artisti), il contorno frivolo ed estetico di un sistema che si regge sul capannone industriale o sulle mega infrastruttura. Certamente il mondo produttivo e commerciale sono il pilastro economico di una società fatta di uomini e donne che concorrono nella creazione e nel mantenimento di un territorio evoluto, dove la qualità della vita va perseguita come obiettivo per sé e per gli altri.

L'industria italiana è la dimostrazione di un sistema fortemente orientato verso l'esterno con esportazione e delocalizzazione che colgono le nuove possibilità su scala mondiale.
In quello stesso mondo dell'economia industriale si utilizza l'arte o l'artigianato per promuovere se stessi, facendo leva sui valori emozionali ed evocativi della "grande tradizione" e del "grande gusto", essenzialmente per vendere di più. La ditta che usa come logo l'immagine del David di Michelangelo, la brand di moda che coinvolge il ballerino conosciuto e poi a ricaduta, in aggiunta alle versioni local -pop del genio artistico, come il Palladio e le sue Ville riprodotti su tovagliette di bar, insegne di agenzie immobiliari, vetrine di negozi nel territorio vicentino, sono la manifestazione di come l'arte sia un fatto concretamente"utile"alle persone. Cinque anni fa il governo spagnolo investì in una campagna pubblicitaria che diceva "TUrismo", ovvero come il turismo sia una delle componenti fondamentali di un paese, e di come allora lo stesso rappresentasse ben il 14 per cento del PIL spagnolo, creando anche un benessere diffuso. Per questo motivo la nazione iberica, prima nel mondo per presenza turistica, prevedeva una rete ben strutturata di ospitalità+sistemi museali+spettacoli dal vivo+promozione dell'artigianato, stimolando una fetta consistente della ricchezza del paese.

Ben vengano le riorganizzazioni, i tagli agli sprechi, la necessità in alcuni casi di rendere più efficiente il sistema, com'è avvenuto per gli enti teatrali e lirici, ma ricevere fondi per la ricerca in campo culturale, difendere il paesaggio e restaurare e mantenere i Beni architettonici, oltre a invitare i Musei a rendersi più splendenti e contemporanei non è un vezzo, dovrebbe rappresentare un punto fisso intoccabile nella prima regione turistica d'Italia. Per fortuna in Veneto esistono le Fondazioni bancarie capaci di investire in progetti di respiro, a sopperire alla distrazione della maggior parte degli imprenditori che non riescono a superare il compiacimento del loro fare in nome della filantropia, ignorando che il bello è seduzione e quest'ultima è mezzo di espressione del potere dall'origine dell'umanità. Siamo lontani dal modello Inghilterra o Stati Uniti dove il settore culturale è sostenuto a piene mani dai privati con risultati spesso eccellenti, dove i magnati fanno a gara per donare ai musei o valorizzare le opere, ma se i risultati della tanto declamata "decentralizzazione", dell'urlato federalismo economico, significa mortificare la cultura ponendola quale accessorio di una società, allora forse si è persa la sfida del pensare che nella cultura, nell'istruzione, nell'educazione all'accoglienza e nella critica di ciò che siamo in rapporto al contesto, è fondato il ponte per il futuro di una società ricca economicamente. La cultura diffusa diventa patrimonio, perché avrà saputo coltivare nella propria conoscenza e creatività (passata e presente), le armi per combattere l'ignoranza, che ha poi costi sociali molto elevati e sottrae competitività sul piano internazionale. Dare solo un'elemosina a questo settore è infine la negazione stessa (negli ultimi anni trasversale a tutti i partiti) del parlare sovrabbondante di "radici", "passato", "identità", utilizzando questi termini per distrarre l'attenzione dall'effettivo sradicamento delle radici stesse, per mancanza di sussistenza.


Il Presidente

Dott. Davide Fiore

 

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Addio a Cevese, voce scomoda

Lunedi 21 Settembre 2009 alle 14:27

Foto: Vicenza.comÈ morto oggi Renato Cevese, uno dei "grandi vecchi" della cultura vicentina. Un nome noto anche al di fuori del ristretto circolo degli addetti ai lavori, grazie al suo impegno costante per la difesa e la valorizzazione del patrimonio storico e artistico della città (tra le altre cose, è stato tra i fondatori del Cisa, ha curato un'infinità di testi sulle ville venete, e la Guida di Vicenza che aveva scritto negli anni '50 con Barbieri e Magagnato è stata per decenni un punto di riferimento imprescindibile). A noi piace ricordarlo soprattutto perché è stato uno dei pochi intellettuali che non ha mai separato l'attività di ricerca e le pubblicazioni erudite dalla realtà concreta della città. Era sempre pronto a sporcarsi le mani con l'attualità, ad alzare la voce quando vedeva qualcosa che non andava - e di brutture nella sua lunga vita ne ha, ahinoi, viste davvero tante -, anche a costo di entrare in rotta di collisione con il potere politico o con i poteri forti. Una voce scomoda, e forse anche per questo negli ultimi anni tenuta un po' in disparte. Da qualche tempo, poi, a zittirlo ci aveva pensato la malattia. Oggi se n'è andato, e lascia un vuoto difficilmente colmabile. Perché di intellettuali fuori dal coro e senza peli sulla lingua come lui non è che se ne vedano molti in giro. E invece ce ne sarebbe un gran bisogno.

 

Luca Matteazzi 

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Thiene, danni a Palazzo Cornaggia

Martedi 8 Settembre 2009 alle 14:56

SIPBC Veneto, 8 settembre 2009

Palazzo CornaggiaQuale Presidente per il Veneto della Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali, sento il dovere di segnalare agli organi di stampa e alla Soprintendenza per i Beni Architettonici di competenza, quest'ultimo danno al Patrimonio storico e artistico, avviato con il benestare dell'Amministrazione Comunale e a danno permanente per la sua comunità.
Palazzo Cornaggia, sito al termine della zona della Conca di Thiene, è quasi certamente tra i cinque siti di interesse storico artistico più significativi della città, negli ultimi anni interessato da un piano di riqualificazione e di utilizzo per servizi quali la nuova biblioteca civica.

Da poche settimane il bel muro di cinta storico in sassi e cotto è stato in buona parte abbattuto, di fatto degradando il sito e la lettura della sua collocazione all'interno del contesto urbanistico. Questa operazione di eliminazione delle "mure" storiche, ha caratterizzato ormai tutte le amministrazioni comunali degli ultimi anni, togliendo la memoria dei vecchi orti e giardini storici, che sono poi immancabilmente edificati al loro interno con edifici di varia natura.
L'altro elemento che a Thiene è oramai sparito ma di cui il centro storico era ricco, sono i "tettucci"in travi di legno e coppi che coprivano e segnalavano l'ingresso delle vecchie corti.

Benvengano le iniziative urbanistiche sul nuovo, come l'intelligente riqualificazione del quartiere di San Vincenzo con l'asse che porta alla nuova chiesa, tuttavia i continui aggiustamenti della zona della Conca, che si poteva considerare l'ultima zona di pregio storico e occasione per la creazione di un quartiere suggestivo, hanno irrimediabilmente rovinato gli spazi nati in molti secoli di stratificazione, anche col ricorso al cemento a vista o tinte mai conosciute nell'architettura storica del Veneto.
Tornando alla mura di Palazzo Cornaggia, essa aveva la funzione di difendere quell' hortus conclusus che precede una grande significativa architettura tardogotica e che secondo un'idea che ho già espresso verbalmente all'assessore Paola Pasqualotto, potrebbe divenire sito di un roseto comunale magari istituendo un premio della Città di Thiene, supportato dai numerosi vivai della zona.

Da thienese posso affermare che la città storica è stata negli ultimi 50 anni soggetta a impoverimenti di varia natura, basti osservare le foto d'epoca che valgono come documento, dove i danni peggiori in ordine di tempo sono stati rivolti alle decorazioni degli edifici, quasi sempre mal restaurati (al contrario di Schio), a pessimi interventi sulle architetture ( il restauro del Teatro Comunale degli anni 80, la prima piazza del Piano Podrecca, visibilmente rimaneggiata rispetto il progetto, per non parlare dell'orribile chiesa addossata alla quattrocentesca chiesetta di Palazzo Cornaggia o l'abbattimento del settecentesco Palazzo di via Corradini che venne non a caso definito "vergogna di Thiene").

Credo di interpretare la volontà della SIPBC e di tutti i suoi soci, da sempre impegnati nel segnalare i danni al patrimonio storico artistico, nel chiedere al Comune di Thiene di essere consapevole che l'abbattimento della mura di Palazzo Cornaggia è un atto gratuito di imperdonabile mancanza di sensibilità verso il gusto e verso la memoria storica che in molte occasioni viene ribadita con il termine di "identità".

 

Vicenza, 8 settembre 2009 Davide Fiore
Presidente SIPBC- Sez. Regionale del Veneto

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Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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