Veneto Banca, Zaia: «L'inizio della fine fu l'attacco a Bankitalia»
Sabato 19 Dicembre 2015 alle 12:13 | 0 commenti
Estratto da Il Corriere del Veneto, di Angela Pederiva
Deciderà all'ultimo se esserci o meno. «Ho fatto la scelta tre assemblee fa di non andarci più, ma non è detto», diceva ieri sera (venrdì 18 dicembre, ndr) Luca Zaia, ospite di XNews su Antennatre . Perciò il governatore, che di Veneto Banca è socio («con 500 azioni, l'ultima volta che ne ho venduta una è stato il 28 febbraio 2009 perché dovevo farmi dei lavori di casa, lo dico a quegli animatori di assemblee che raccontano che le ho cedute ieri mattina»), non sa come andrà a finire oggi. Ma un'idea su com'è cominciato tutto questo il leghista se l'è fatta e l'ha spiegata nel corso della trasmissione condotta dal direttore Domenico Basso, rispondendo ad una domanda sulle responsabilità dell'ex amministratore delegato e direttore generale Vincenzo Consoli: «L'errore politico del Consiglio di amministrazione è stato quello della contrapposizione con la Banca d'Italia».
La memoria di Zaia è andata indietro al 26 aprile 2014, quando si tenne la storica e per certi versi drammatica assemblea a cui il presidentissimo Flavio Trinca si presentò dimissionario, sferrando però insieme a Consoli un duro attacco nei confronti di via Nazionale. Se infatti quel giorno Zaia si limitò a stigmatizzare l'assalto «senza precedenti all'identità e all'autonomia» del gruppo di Montebelluna, Trinca parlò di un atteggiamento «distorto e strumentale» da parte di Bankitalia e Consoli bollò i rilievi di quest'ultima come «ingiusti, non fondati, sproporzionati e sicuramente eccessivi». Ecco, per il presidente della Regione è quello il momento in cui il castello cominciò a crollare: «Quell'assemblea, nella quale si mandò letteralmente a quel paese Banca d'Italia, fu l'inizio della fine. Non puoi pensare di gestire una banca strettamente vigilata dalla Banca d'Italia facendo la guerra alla Banca d'Italia, fermi restando i suoi errori e la sua arroganza. Forse valeva la pena di non crearla questa contrapposizione».
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