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Vendola, l'Obama italiano: VicenzaPiù n. 204

Di Alessio Mannino Domenica 19 Dicembre 2010 alle 19:48 | 0 commenti

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Pubblichiamo come un ulteriore contributo alla discussione (dopo gli interventi di Giorgio Langella e Luca Fantò oltre alle domande di Mannino) l'articolo pubblicato su VicenzaPiù n. 204 in edicola il giorno dell'arrivo a Vicenza di Nichi Vendola.

Il governatore pugliese (e leader di Sel) fa tappa a Vicenza. Ecco perché potrebbe deludere la sinistra

Nichi Vendola a Vicenza. Finalmente anche qui, nella ultramoderata ex sacrestia d'Italia, chi si professa di sinistra (a scanso di equivoci: noi non siamo fra quelli) sentirà dire qualcosa di sinistra. Già si staglia come l'Obama italiano, il governatore pugliese.

Barack è nero, lui è omosessuale. La differenza, razziale o sessuale, fa la differenza. L'eloquio, poi: forbito, fascinoso, immaginifico, ma spesso involuto. In ogni caso: vuole far sognare. Come il presidente Usa. E come Obama, secondo noi, una delusione annunciata.

Identikit

Tanto per cominciare: chi è Vendola? Nasce a Bari, penultimo di due fratelli e una sorella, nel 1958. La sua famiglia è cattolica e comunista. Lui erediterà entrambe le fedi, e di suo aggiungerà una caratteristica che gli rovinerà i rapporti coi genitori fino a solo qualche anno fa quando è avvenuta la riconciliazione: l'omosessualità. Divoratore di libri, autore prolifico lui stesso, appassionato di poesia, si laurea in lettere e filosofia con una tesi su uno scrittore comunista, omosessuale e guarda caso molto sensibile, come Nichi, al retaggio delle tradizioni rurali: Pierpaolo Pasolini. Più che il Capitale di Marx, la sua bibbia è la Bibbia che conosce attraverso l'insegnamento di don Tonino Bello, teologo della "differenza" e vescovo di Terlizzi, da lui riconosciuto come maestro morale (per farsi un'idea, basterà dire che ha firmato una «Teologia degli oppressi»). Iscrittosi nel 1972 alla Fgci, effettua un brillante cursus honorum nell'apparato del Pci fino a entrare nel 1990 nel comitato centrale del partito. Si oppone alla svolta della Bolognina con cui Occhetto mette fine a settant'anni di comunismo italiano e con Cossutta e Garavini fonda Rifondazione. Parlamentare dal '92 al 2001, non è ben chiaro se rivendichi ancor oggi la definizione di comunista. Nel 2005, a Bari, dichiara: «Io voglio mettere in discussione e bruciare la mia tradizione culturale, quella di chi non si dichiara ex, ma comunista». L'anno scorso, introducendo il seminario sulla Rifondazione per la Sinistra a Chianciano, afferma invece: «Siamo comunisti non per replicare, nei secoli dei secoli, una storia codificata, una liturgia monotona, una forma statica che contiene una verità rivelata: ma per liberarci dai fantasmi e dai feticci di un mondo che strumentalizza la vita, mercifica il lavoro, distrugge la socialità». Quel che è certo è che Vendola è un animale politico a tutto tondo, che ha capito che con la nostalgia masturbatoria della falce e martello non andrebbe da nessuna parte. A ben guardare, la realizzazione su fondamenta più solide, vissute e di sinistra del sogno (di cartapesta) veltroniano di mettere assieme «istanze cattolico-progressiste, movimentiste, post-berlingueriane, la cultura dell'antimafia e quella dei diritti civili», come ha scritto il Riformista, una volta tanto azzeccandoci, analizzando il vendolismo in gestazione.

Amici suoi

E difatti la gente di sinistra dovrebbe essere indotta al sospetto dal fatto che il loro homo novus riceva elogi sperticati dall'establishment "padronale". La presidentessa di Confindustria, Emma Marcegaglia, è una fan entusiasta del cattocomunista pugliese. E si capisce. Il generoso governatore ha donato su un piatto d'argento al gruppo di Emma un affarone: la costruzione di un inceneritore vicino Cerignola, nel mezzo di una zona agricola fra le più belle della Puglia. Vendola si schermisce chiamandolo col rassicurante nome di "termovalorizzatore". In realtà, come hanno dimostrato i comitati locali che vi si oppongono, si tratta di un impianto di incenerimento vero e proprio, che fa a pugni con l'epica dell'energia rinnovabile sbandierata ai quattro venti da Nichi il rosso(verde). Ma non è finita qui. Mentre è ansioso di dar battaglia al berlusconismo, il paroliere delle Puglie fa affari con Berlusconi e i suoi sodali. Il futuro complesso ospedaliero di Taranto se l'è accaparrato la Fondazione San Raffaele del Mediterraneo, filiazione meridionale di quella fondata a Milano da don Luigi Verzè, padre spirituale di Silvio (per farvi capire il tipo: è stato riammesso al sacerdozio dopo la sospensione decisa da papa Montini che così lo ammonì: «occupati più di sacramenti che degli affari»). Attenzione: il tutto senza gara d'appalto, come se la Fondazione fosse un ente di carità, quando al contrario il Consiglio di Stato ha stabilito che il San Raffaele svolge attività commerciale a tutti gli effetti. Il 15 febbraio scorso don Luigi dichiarò solennemente: "Vengo in Puglia per trovare un amico: Vendola. Nichi, fossero come te tutti i politici. Non dovrei parlare di politica ma ve lo confesso: Silvio Berlusconi è entusiasta di Vendola". E ti credo: il capo del governo ci guadagnerà direttamente perché nei nosocomi di Verzè lavora un'azienda specializzata nella cura del cancro, la MolMed Spa, partecipata al 24% dalla Fininvest (nonché dall'amico Ennio Doris della Mediolanum). Vicepresidente del San Raffaele del Mediterraneo è Renato Botti, contemporaneamente consigliere di amministrazione della MolMed e direttore dell'area sanità del San Raffaele di Milano.

Veltronismo rosso

Non che qualche buona idea non ce l'abbia, Nichi. Diamo per buona la sua condanna senza se e senza ma del precariato giovanile. E sottolineiamo con stupefatta ammirazione che nel Vendola-pensiero c'è posto per «un esercito europeo» da costituire per risparmiare, ad esempio, sui 20 miliardi spesi quest'anno dallo Stato italiano per i cacciabombardieri (ora chi si professa di sinistra, appena sente proferire parola su qualsiasi cosa abbia a che fare col mondo militare, cioè con la guerra - le "missioni umanitarie" sono rassicuranti menzogne - viene assalito da orticaria istantanea. Vendola è obbiettivamente coraggioso nell'affrontare il problema, in una situazione internazionale che vede le guerre moltiplicarsi anziché diminuire, alla faccia del pacifismo obbligato delle bandiere arcobaleno). Il problema è che, in concreto, il vendolismo finora non ha superato l'handicap del veltronismo: parlare molto per dire poco o nulla. Molto fumo e pochissimo arrosto. Gratta gratta, dopo aver ascoltato e letto il nuovo messia in innumerevoli presenze televisive e interviste sui giornali, non rimane in testa granché a parte un diluvio di metafore, similitudini, allitterazioni, allegorie con cui il freak in giacca, cravatta e orecchino copre di retorica una sostanziale mancanza di argomenti. Un esempio su tutti: la crisi economica mondiale, il fatto centrale di questi anni. Vendola sostiene correttamente che è sbagliato presentarla come «uno tsunami, una catastrofe naturale senza responsabilità». Se la prende, anche qui giustamente, col centrosinistra, che ha «un respiro corto che non porta da nessuna parte». Eppure, eccetto un fuggevole riferimento all'Fmi, si guarda bene dal fare i nomi dei colpevoli limitandosi a parlare genericamente di «tecnocrazia che ha legittimato la finanziarizzazione delle risorse e occultato le rapine degli speculatori». E soprattutto non s'arrischia a dare non diciamo una proposta di cambiamento del sistema intrinsecamente speculativo e autodistruttivo dell'economia globalizzata, ma neppure una diagnosi approfondita del criminogeno primato della finanza sovranazionale sulla "democrazia". Anzi, Nichi è abbarbicato al mito della crescita infinita, of course da riformare con la green economy, e sullo strapotere delle oligarchie affaristiche solo qualche parolone di rito. Ha detto bene, credendo di fargli un favore, l'iperliberista Bill Emmott, ex direttore dell'Economist, quando di recente lo ha paragonato a Obama, il lifting nero fatto al Potere, che «con l'oratoria e il carisma evoca i sogni». Beninteso facendoli restare tali, al puro stato di promesse oniriche. Perciò, caro Vendola, ci permetta di rivolgerle alcune domande. Così, per passare dal sogno alla realtà.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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