Una valanga contro il Ptrc
Lunedi 13 Luglio 2009 alle 08:20 | 0 commenti
Oltre cento osservazioni, più di quindicimila firme, decine di associazioni e comitati coinvolti. In tutto il Veneto è scattata la mobilitazione contro il piano territoriale regionale. Che potrebbe spalancare le porte ad una nuova cementificazione
Non ne ha parlato quasi nessuno. Eppure la mobilitazione contro il nuovo Ptrc, il piano territoriale regionale di coordinamento approvato in primavera (in pratica si tratta del piano regolatore regionale), è di quelle che si sono viste poche volte in passato. Sotto lo slogan "Abbattiamo il Ptrc", e con la regia dei Cantieri sociali Estnord, si sono mobilitati associazioni, comitati spontanei, sindacati, urbanisti, architetti, intellettuali e semplici cittadini. Che hanno animato incontri, assemblee, feste, convegni e gazebo in giro per tutta la regione (il momento finale è stato a Festambiente, una decina di giorni fa) con l'obiettivo di spiegare alla gente quello che stava succedendo. Un lavorio che ha dato i suoi frutti: la settimana scorsa l'ufficio del protocollo di palazzo Balbi si è visto recapitare la bellezza di 105 osservazioni, sostenute da oltre 15 mila firme, permettendo agli organizzatori di gioire per "la più vasta mobilitazione territoriale degli ultimi anni".
Storia del Ptrc
Tutto nasce dal processo di revisione del Ptrc (quello in vigore risale al 1992) avviato dalla regione negli ultimi anni. Un percorso lungo, e a cui hanno partecipato anche personalità di spicco: basta ricordare la Carta di Asiago, un manifesto su dove avrebbe dovuto andare il Veneto di domani firmato da nomi come Mario Rigoni Stern, Paolo Feltrin, Eugenio Turri, Ulderico Bernardi e Ferruccio Bresolin. Accanto a questa prestigiosa dichiarazione di intenti, c'erano poi da pagine e pagine di analisi e studi preliminari che avrebbero dovuto essere la base del documento ufficiale, e che fotografavano spesso in maniera esatta i problemi con cui deve fare i conti il territorio regionale. Un consumo di suolo arrivato ormai a livelli insostenibili, un'edificazione incontrollata e dominata dal modello della "villettopoli", la scarsa attenzione per le risorse naturali, dall'acqua alle riserve naturali, il proliferare delle strade. E così via. Tutto bello, tutto giusto, tutto condivisibile. Il problema è che quando poi si è passati alla fase pratica, cioè alla stesura delle norme tecniche che dovranno regolare la pianificazione territoriale dei prossimi anni, le buone intenzioni sono rimaste sulla carta. La Regione ha scelto invece un documento in cui i vincoli sono ridotti al minimo, se non eliminati del tutto, e che a detta di molti potrebbe spalancare le porte ad una nuova, devastante, cementificazione di un territorio già in gran arte saturo.
Abbasso il Ptrc!
Così è scattata la mobilitazione. Che, come si diceva, ha coinvolto persone e associazioni molto diverse tra loro. "Ha tenuto assieme associazioni costituite e comitati spontanei, saperi consolidati, come quelli dei docenti dell'Istituto di urbanistica e dello Iuav, e saperi popolari", osserva Valentina Dovigo, di Legambiente Vicenza, uno degli organismi più attivi su questo tema a livello locale. Il risultato, oltre alla montagna di osservazioni e alla vagonata di firme recapitate a palazzo Balbi, è un documento in cui si fa un'analisi precisa, e molto critica, del piano regionale, e si propongo soluzioni alternative. Il titolo è "Per un altro Veneto", ed il testo è stato sottoscritto da ben 118 associazioni. Moltissime sono del Padovano e del veneziano, zona Riviera del Brenta, dove incombono alcuni maxi progetti edilizi-commrciali (Veneto city, Marco Polo city); tante arrivano dalla provincia di Verona, dova tra l'idea di costruire un nuovo autodromo e i progetti per i nuovi collegamenti stradali tra Verona e la Vallagarina, la preoccupazione è tanta; ma anche Vicenza ha fatto la sua parte. Tra i firmatari ci sono l'associazione Amici dei Parchi, quella per il No alla centrale dell'Ovest vicentino, la Cgil, il comitato intercomunale per la tutela del territorio dell'Area Berica, il comitato di San Pietro di Rosà , il coordinamento di comitati di Vicenza, il presidio permanente No Dal Molin, il gruppo partecipazione di Monteviale.
Belle parole, pochi fatti
L'analisi che esce dalla lettura del documento è impietosa. E si basa su una considerazione di fondo che, per i firmatari del documento, è la vera ragione di debolezza del piano, e cioè la sua vaghezza normativa. Detta in parole semplici, il ptrc fissa obiettivi condivisibili, ma poi non dice come raggiungerli, non mette i paletti da seguire per arrivarci. Indirizza, suggerisce, propone, ma non prescrive. Anzi, caso mai ne toglie qualcuna, di prescrizione, e in particolare quelle che potrebbero frenare l'attività edilizia. "Meno il piano è preciso, più è discrezionale l'azione dell'autorità che pianifica e che in ultima istanza ha il potere decisionale", si legge a pagina 3 del testo. Qualche paragrafo più avanti si aggiunge: "Mentre il piano afferma di voler tutelare l'ambiente e il paesaggio, contrastare il consumo di suolo, migliorare la vivibilità , rafforzare l'identità dei luoghi, migliorare la vivibilità , nella sostanza la giunta regionale attribuisce a se stessa il potere di decidere i grandi interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio e lascia mano libera ai piccoli, medi e grandi poteri immobiliari di trasformare a loro piacimento il resto del territorio, con una sostanziale finalizzazione al mero sviluppo immobiliare". E ancora. "Quando si parla di vincoli sembra che si parli unicamente di utilizzazioni del suolo che non comprendo l'edificabilità . Sembra che destinare un'area a un bosco, a un'attività agricola o a un'area archeologica significhi porre un vincolo: meno un vincolo, cioè meno si sottrae all'urbanizzazione del territorio, meglio è. [....] Si precisa che il Ptrc persegue gli obiettivi non mediante prescrizioni imposte ai cittadini e limitative dei loro diritti. Di quali diritti si preoccupa il piano appare evidente dal contesto: i cittadini a cui si rivolge sono i proprietari immobiliari, interessati a uno "sviluppo del territorio" senza fastidiosi "vincoli".
Cahier de doléances
Tanti i punti critici. Dai progetti strategici - cioè alcuni settori chiave per cui la regione tiene per sé il potere decisionale, ad esempio lo sviluppo attorno ai caselli autostradali - alla mancata tutela delle campagne, da previsioni di nuove abitazioni probabilmente destinate a restare invendute, all'eliminazione delle riserve naturali previste col vecchio piano, all'invito a prevedere grandi centri commerciali anche all'interno dei centri storici delle città . "Si dice di voler tutelare le risorse, ma non si tutela niente - aggiunge Valentina Dovigo -. L'idea di fondo è che il suolo ha valore solo se costruito. La convenzione europea del paesaggio dice che l'ambiente non ha solo un valore estetico, ma è un'identità da ricostruire e ricomporre. Qui invece non si danno vincoli, si rinvia ad altri documenti: ma quali, se è adesso che si stanno facendo i pat? La Regione, poi, scrive che decide lei sui progetti strategici, che saranno subito cantierabili, o quasi. In questo modo allarghiamo la città diffusa, senza servizi, senza mobilità : facciamo tante Padova Est. Ma non ci si rende conto che costruire il Veneto fisico è costruire anche il Veneto sociale e culturale: non si tratta solo di decidere dove mettere le case, perché queste sono decisioni che cambiano la vita delle persone". E l'elenco delle cose che non vanno potrebbe continuare. "Manca un qualsiasi riferimento al concetto di sostenibilità , anche parziale - aggiunge la Dovigo -. Non si parla di energia, né di risparmio energetico, né di limiti di consumo per le nuove costruzioni. Non c'è nessun collegamento ai problemi dell'inquinamento atmosferico, quando invece la questione delle infrastrutture è strategica in questo senso: se non si prevedono gli spazi per ciclabili, mobilità su rotaia, servizi pubblici, come si fa poi a realizzarli? Invece si dà per scontato che il traffico su gomma sia in crescita e non si decide di governarlo: si accompagna solo la crescita disordinata di strade, ma questa va di pari passo con la crescita disordinata della città ".
Adesso la palla torna alla Regione, che dovrà valutare ed esaminare tutte le osservazioni pervenute. La speranza, neanche tanto nascosta, è che la mole di documenti inviati a Venezia serva a far riaprire il dibattito e a far cambiare almeno i punti più critici di un documento che condizionerà lo sviluppo della regione per i prossimi decenni.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.