Un montecchiano a Vancouver: lo stadio in piedi per gli inni Usa e del Canada
Sabato 26 Maggio 2012 alle 19:52 | 0 commenti
Essendo nato, cresciuto e vissuto a Montecchio Maggiore, so benissimo cosa significhi la parola "derby". Senza contare quelle amatoriali, a Montecchio attualmente ci sono quattro squadre di calcio che giocano in campionati FIGC, alcune delle quali non di rado nella stessa categoria e nello stesso girone. Uscendo dalle mura della cittadina castellana, ognuno può facilmente farsi di cosa sia la rivalità nel calcio.
Basti pensare ai vari Vicenza-Verona, Vicenza-Padova senza contare le più blasonate sfide tra Inter, Juve, Milan, Roma, Lazio etc. A Vancouver (Canada) la rivalità più sentita è con la vicinissima Seattle (Stati Uniti): neanche 200 km separa le due città .
Per rendere l'idea della contiguità tra le due metropoli basti pensare che nei weekend molti vancouveriti non perdono l'occasione di fare la spesa settimanale in quel di Seattle, città sicuramente meno cara di quella canadese. Il giorno stesso della finale di Champions League tra Bayern e Chelsea, a Vancouver si gioca la sfida calcistica tra i Whitecaps, la formazione di casa, e i Sounders di Seattle. Mi tolgo lo sfizio di andarla a vedere dal vivo nel bellissimo BC Place, lo stadio che fu anche delle Olimpiadi invernali (photo gallery di Whitecaps Vancouver vs Sounders Seattle. Al suo interno si respira un clima di civiltà estrema: niente fumo né fumogeni; nessuna barriera né tra spalti e campo, né tra i diversi settori dello stadio; famiglie e bambini, anche di pochi mesi, come se piovessero.
Prima della partita vengono issate le bandiere nazionali di Canada e USA e dopo una breve e spettacolare coreografia arriva il tradizionale momento del canto degli inni (in nordamerica l'inno si canta prima di ogni partita). Tutto lo stadio si alza in piedi, composto e in silenzio. Una giovane cantante vestita con i colori dei Whitecaps intona per primo l'inno degli ospiti, l'inno statunitense. Non vola una mosca, tutti i canadesi ascoltano rispettosamente mentre gli ospiti cantano con trasporto. Finisce l'inno USA e tutti - tutti - i 21.000 presenti applaudono. Ora tocca all'inno locale e i ruoli si invertono: i locali cantano, gli statunitensi ascoltano rispettosamente in piedi. Come suona l'ultima nota, ancora una volta sono 42.000 le mani che iniziano ad applaudire, tutte quelle dei canadesi più quelle dei rivali di Seattle. Inizia la partita, tatticamente e tecnicamente non di livello eccelso, ma che porta a 4 gol e un pareggio al novantesimo: divertimento e spettacolo assicurati.
Il giorno dopo c'è la finale di Coppa Italia tra Juventus e Napoli. Trattandosi di una finale, anche da noi è tradizione che si suoni l'inno nazionale. Non è un inno di parte, non è l'inno dell'una o dell'altra squadra, è l'inno che dovrebbe essere quello di tutti i presenti. Anche se non unanimemente sentito da tutti alla stessa maniera - nessuno è costretto a sentire un ugual sentimento nazionale, per carità - comunque si tratta dell'inno che rappresenta molto per molte delle persone presenti. Cosa succede? Partono i fischi. E poi c'è chi ne trae pure giubilo e scrive comunicati stampa ai giornali locali.
Come spiegare questa cosa ai tifosi di calcio canadesi che sognano di poter vedere del vivo non dico un match, ma anche solo un giocatore della nostra Serie A? Forse meglio non dire niente...
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