Trieste: memoria e ricordo: La Voce del Sileno anno 3
Venerdi 9 Febbraio 2018 alle 20:51 | 0 commenti
 
				
		
		Tra i tanti, troppi luoghi, nei quali è possibile riflettere e toccare con mano, ma soprattutto con intelligenza e  rigore morale  uno è nello Stato Italiano il più importante: Trieste. Sparse in tutto il mondo a partire dal quel 1918 vi sono località tristemente note per esser stati luoghi di "rieducazione". Fin dai primi anni nell'Unione delle Repubblica Socialiste Sovietiche (URSS), nacquero i prima campi di rieducazione, i Vechecka e dal 1930 i Glavnoie upravleniye lagerei (Gulag): a partire dal 1933 i Lager voluti dall'ideologia nazionalsocialista in Germania, andata al potere.
		
L'inizio intorni agli anni venti del 1900 di questo grandissimo male fu nelle Isole Soloveckie o isole delle lacrime, dove i dissidenti politici, il clero ortodosso e cattolico, gli stranieri filoccidentali e chiunque avesse il più vago piglio da sabotatore controrivoluzionario, veniva confinati., In molti persero il bene prezioso della vita, a queste seguirono i campi, sempre denominati Gulag, in Siberia e in ogni repubblica sovietica; si stima che nel solo 1937 furono fucilati ben 400.000 comunisti fedeli, cui si aggiungono "gli infedeli", tanto che ancora nel 1953 nei Gulag vi erano vi erano rinchiusi 15 milioni di russi.
Questo esempio fu seguito ed è seguito a tutt'oggi da Stati che si richiamavano o si richiamano all'ideologia comunista e il numero stimato di vittime, colpevoli solo di "pensare diversamente dal regime" o di "essere di altra etnia" ovvero pulizia etnica di Kulaki, ebrei, tedeschi, cosacchi, ucraini, Ceceni, Ingusci, Tatari della Crimea, dei Caraciai, dei Balcari, dei Calmucchi, dei Tajiks, dei Bashkirs, e dei Kazani, deportati in massa, e decine di milioni di dissidenti.
A questa  pulizia si aggiungono quelle compiute in altri paesi comunisti, tra cui  dobbiamo ricordare il massacro dei Kmer da parte dei loro connazionali  che voleva instaurare un regime comunista. Un elenco di massacri  lunghissimo e di cui nessuno fa memoria, soprattutto coloro che parlano  dei massacri compiuti da altri  per far "dimenticare" quelli della  propria parte politica, prassi diffusissima soprattutto in Italia, dove  l'eredità comunista dei gulag è ignorata, diciamo taciuta e  volutamente  ignorata, una sorta di negazionismo.
      In Germania fin dal 1933   si istituirono dei Lager che aumentarono considerevolmente di numero a  partire dalla campagna antisemita, a partire dal pogrom della Notte dei  cristalli il 9 e 10 novembre 1938 in Germania, Austria e nei territori  occupati della Polonia e della  Cecoslovacchia e successivamente vennero  usati per la detenzione, per la pena di morte e lo sterminio degli  ebrei e di altre categorie di indesiderati (zingari, omosessuali,  apolidi, testimoni di Geova e altre minoranze), marcati con contrassegni  colorati.
Anche in Italia vi furono dei campi di concentramento: il  Ferramonti (campo di internamento), il campo di Fossoli (da campo di  prigionia divenne dal 1943 di concentramento in particolare degli ebrei  italiani, dal 1947 dei profughi e poi divenne Nomadelfia),  e altri a  Bolzano (campo di transito), Borgo San Dalmazzo, Roccatederighi  (Grosseto, Scipione di Salsomaggiore (campi di concentramento per gli  ebrei  per la successiva deportazione), a), in Puglia: ad Alberobello, a  Gioia del Colle, a Manfredonia e uno nell'isola di San Domino, nelle  Tremiti. L'unico di sterminio fu quello istituito e reso operativo a  Trieste, Risiera di San Sabba, territorio che, dopo l'8 settembre 1943,  con le province italiane di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e la  slovena Lubiana, furono sottoposte alla diretta amministrazione militare  tedesca e quindi di fatto sottratte al controllo della Repubblica  Sociale Italiana e denominate Zona d'operazioni del Litorale adriatico o  OZAK (acronimo di Operationszone Adriatisches Küstenland).
   Anche  se solo la Risiera triestina fu campo di sterminio, non vi sono certo  "giustificazioni" per gli altri, anch'essi quasi dimenticati perché,  come è noto, "Italiani brava gente".
   È storia non onesta e la  storia deve essere prima di tutto onesta ci ricorda ancor oggi dal  Medioevo il vescovo Ottone di Frisinga (1109 -1158), quella che vede la  fine dei Lager solo con la fine del totalitarismo fascista e  nazionalsocialista. Questa è ad uso dell'ideologia politica comunista,  che non vide nemmeno con la denuncia dei dissidenti sovietici il male  dei gulag e come già affermato tende anche oggi a "far finta di niente".
      I Gulag e i Lager sono i luoghi della persecuzione ideologica,  etnica razziale culturale che parte dalla considerazione intollerante  che solo la propria visione politica, assunta a visione del mondo  (Weltanschaunung) è l'unica possibile. Il totalitarismo, la forma  politica del Novecento con prosecuzioni anche nel XXI secolo ha come  caratteristica propria quella della negazione fisica, morale e culturale  di coloro che non sono "ammessi" nella cerchia degli esseri "eguali"  ovvero dove alcuni sono più uguali degli altri. Prassi che non è solo  fisica, i campi di sterminio, ma è anche appannaggio di una serie di  cosiddetti intellettuali, che esercitano per mestiere e sant'oro il  ruolo di politically correct.
      Proprio la condizione sopra  denunciata è quella che fu attiva dopo il 1945 soprattutto in Italia con  uccisioni, (ricordiamo solo la Volante Rossa, attiva a Milano e  Lombardia), deportazioni che possiamo chiamare per alcuni territori  occupati dalla Jugoslavia, pulizia etnica, che non è giustificabile,  come operano alcuni storici di parte, perché vi furono uccisioni ecc. da  parte dell'esercito italiano di occupazione di quei territori e di  quelli del poco noto Regno di Croazia.
      Tra il 1944 e gli anni  successivi nei Territori del Litorale e a Zara occupati dalle truppe  jugoslave si operò una vera e propria "caccia" agli italiani, con la  "scusa" che erano rastrellamenti di fascisti, ma miravano  all'eliminazione e la diffusione di terrore nella popolazione. Molti  furono letteralmente fatti cadere, assassinando il primo della fila e  facendo seguire gli altri legati, nelle "foibe", cavità carsiche, alcune  utilizzate anche come miniere (Bosovizza-Trieste). La popolazione  italiana dei territori occupati fu terrorizzata ed iniziò, come quella  tedesca della Prussia Orientale, un esodo massiccio, che non trovò molto  appoggio soprattutto da parte di coloro che parteggiavano per il  comunismo, veduto come panacea del mondo e unica soluzione politica  perseguibile.
  Quanti furono i morti? Si stima circa 10.137 persone  mancanti in seguito a deportazioni, eccidi e infoibamenti per mano  jugoslava. A questa cifra andrebbero poi aggiunte le vittime di ben  trentasette fra foibe e cave di bauxite per le quali non è stato  possibile alcun accertamento pur "essendo nella certezza che ivi furono  compiuti altri massacri". 
In questo modo la cifra finale sarebbe di  16.500 vittime. Il carico di dolore nel corpo e nell'anima di molti  profughi non è calcolabile, e ben  descrisse ciò Marco Perlini, esule da  Zara, in Non ho più patria (Vicenza, editrice Veneta, 2015, p.21) che  con coraggio afferma ciò che anche noi vorremo fosse vera prospettiva:  "Vi sono a questo mondo due idee superiori a tutte le altre; l'idea del  perdono e l'idea di giustizia", Che devono esser perseguite. Così,  prosegue l'Autore, "L'idea del perdono rimane l'idea superiore a tutte,  perché più semplice e più chiara (come tutto ciò che viene direttamente  dal cuore senza passare per il labirinto del cervello)."
   Con  questo nell'animo Trieste quindi proprio per le due terribili sedi di  massacri - Risiera di san Sabba - Foiba della Basovizza - dovrebbe  essere eletta a ricordo, a memoria di un'epoca nella quale la dignità  dell'uomo è stata vilipesa, uccisa per essere chiari, da prospettive  politiche indegne, oggi lo possiamo ben dire, dell'umanità e che  purtroppo si stanno ripresentando, come se non ne avessimo avuto  abbastanza. Non serve incolpare uno o l'altro dei protagonisti dei  macelli del novecento, e magari tacere di quello che ci è più vicino  ideologicamente, serve una vera coscienza dove all'analisi oggettiva e  onesta dei fatti  sia fatta seguire un abbandono sincero di tutte le  visioni totalitarie in politica, per costruire con una dialogo attivo  quel bene civile che deve essere irrinunciabile con il concorso di ogni  cittadino,  che si rende responsabile di ogni suo atto perché esso è  sempre per tutti e di un governo che non sia sospettabile di interessi  individualistici nemmeno nelle moglie e nei mariti.
 
Il secolo civile: fra gulag e olocausto
Ha ancora la terra il sapore amaro
Se hanno seminato odio
Intriso di sangue, 
Tra i campi il dolore
Tracimato da milioni di uomini
Avanza utile per il potere,
Là dove la vita è solo numero 
Legato ad un'idea troppo umana,
Era infelice quella che vide
In ogni momento
Ridotta in fumo l'anima,
Negato perfino il cielo.
 
Dedicato  agli studenti del Ginnasio-Liceo classico "A. Pigafetta" che trassero  vera lezione di vita dalla visita ai due luoghi triestini.
Si chiede a tutti coloro che leggono questo articolo di trasmetterlo ad amici e conoscenti.
Eventuali contributi vanno inviati al coordinatore all'indirizzo di posta elettronica: stoa@libero.
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