Terra bruciata attorno ai referendum. Per azzerare quesito su legittimo impedimento
Domenica 24 Aprile 2011 alle 16:29 | 0 commenti
Davide Orecchio, Rassegna.it - Dopo il nucleare, tocca all'acqua pubblica. Romani promette un "approfondimento legislativo". Dl Omnibus, oppure un decreto ad hoc. Resterebbe solo il quesito sul legittimo impedimento, e raggiungere il quorum sarebbe un'impresa. Siamo ostaggi di B.
Due indizi fanno una prova. Il governo ha annunciato, tramite il ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani, che forse occorre fare "un approfondimento legislativo" sul tema dell'acqua gestita dai privati, così da evitare un referendum che "divide" gli italiani.
Questo è il secondo indizio. Il primo, in settimana, è stato la rinuncia dell'esecutivo a costruire centrali nucleari, vanificando un altro quesito referendario: quello sull'atomo, che probabilmente la Corte di Cassazione finirà per annullare.
Il comitato referendario "Acqua bene comune" ha immediatamente replicato di mettere "giù le mani dai referendum sull'acqua". Felice Belisario dell'Italia dei Valori ha parlato di "colpo di stato" e "tentativo del governo di tappare la bocca ai cittadini". Nichi Vendola di Sel tuona contro il "furto della democrazia", e sostiene che "dopo il tentativo di scippare il referendum sul nucleare ora il governo sotto la spinta delle lobby affaristiche tenta di mettere mano anche al referendum contro la privatizzazione dell'acqua". Per il Pd parla Stella Bianchi, responsabile ambiente del partito, e chiede al governo di non togliere "ai cittadini il diritto di esprimersi". "Capiamo le difficoltà di un esecutivo che, essendo sempre più impopolare, teme giustamente il giudizio degli elettori", aggiunge Bianchi, ma "ora sarebbe davvero molto grave se il governo cercasse di non far esprimere gli elettori a difesa dell'acqua pubblica e contro la privatizzazione forzata imposta dal governo Berlusconi".
I Verdi prevedono che il "ripensamento legislativo" annunciato da Romani si concreterà in un emendamento al dl Omnibus nel suo passaggio alla Camera, con un meccanismo analogo a quello usato in Senato per disinnescare il referendum sul nucleare. Solo che la Camera ha un regolamento più severo in materia di proposte emendative e toccherà a Gianfranco Fini decidere se ammettere o no le eventuali modifiche sull'acqua presentate dal governo, giudicandole estranee al provvedimento o compatibili con esso. Ricordiamo che il decreto sulla privatizzazione dell'acqua è firmato da Andrea Ronchi, politico di spicco dell'area finiana. Una faccenda spinosa per il presidente della Camera e leader di Fli: aiuterà il governo o lo ostacolerà ?
In alternativa, il governo potrebbe varare un decreto apposito sull'acqua. Le agenzie di stampa riferiscono che i ministeri degli Affari regionali, dello Sviluppo economico e dell'Ambiente starebbero lavorando a un testo che modifica il decreto Ronchi consentendo "anche ai soggetti pubblici di partecipare alle gare". Il decreto dovrebbe anche istituire un'Autorità indipendente che vigili sul settore. Ma dev'essere approvato almeno un mese prima della data del referendum.
Se ne evince che il rischio di trovare tristemente vuote le urne referendarie, il 12 e 13 giugno, è veramente alto. Se il governo riuscisse a disinnescare anche la consultazione sull'acqua pubblica, infischiandosene di un milione e 400mila persone che hanno firmato perché il referendum si tenga, resterebbe in piedi solo un quesito, quello sul legittimo impedimento che consente al presidente del Consiglio e ai ministri di non comparire in udienza penale finché sono in carica. La Corte costituzionale ne ha già respinto alcune norme: quelle che restano sono affidate alla volontà degli italiani, che bocciandole scassinerebbero l'armatura antiprocessi costruita su misura per B.. Curiosamente, è l'unico tema sul quale i berluscones tacciono o smentiscono. Il convitato di pietra del referendum. Il quesito attorno al quale fare terra bruciata, sabotando il quorum e immolando sull'altare della legislazione ad personam (sempre più simile a una piramide sacrificale atzeca) due questioni che riguardano tutti gli italiani: le scelte energetiche e i criteri di gestione dei servizi pubblici.
È probabile che non avremo la possibilità di dire la nostra sul nucleare. Ora rischiamo di non avere voce neppure sull'acqua. È bene ricordare che il governo ha deciso che la gestione e il controllo dell'acqua possano essere affidati a imprese private dagli enti locali. I referendum sono due: il primo sulla gestione privata, il secondo sui profitti delle imprese: secondo la legge, infatti, i gestori devono portare a casa un rendimento non inferiore al 7%. Rendimento, profitto, gestione privata: trattano l'acqua come una merce qualsiasi, dimenticando che è un bene comune, un servizio essenziale.
Maggioranza e governo, ma anche settori liberal di sinistra, sostengono che la concorrenza non può che fare del bene ai servizi pubblici. Molti accusano la gestione corrotta, clientelare e inefficiente di diverse aziende di servizio pubblico locale. Su quest'ultimo argomento è difficile dargli torto. Ma in Italia corruzione, inefficienza e clientelismo affliggono in pari misura il settore pubblico e il privato, quindi l'argomento è davvero un cul-de-sac. Se vogliamo guardare la luna senza farci distrarre dal dito, dobbiamo tenere a mente un solo punto fermo: col passaggio alla gestione privata, il costo dell'acqua aumenterà , le bollette saliranno. E di certo non aumenteranno la trasparenza e il controllo da parte della cittadinanza, se la gestione passerà da un per quanto opaco pubblico (o partecipato) a un privato ben più inavvicinabile. Magari non la pensate allo stesso modo, ma sarebbe bene poter esprimere la vostra volontà il 12 e 13 giugno.
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