Stress test superati con affanni dalle banche: ora sarà stress in più per il credito?
Mercoledi 29 Ottobre 2014 alle 21:34 | 0 commenti
di Sandro Mangiaterra*
I banchieri di casa nostra sanno perfettamente di avere un «problema reputazionale»: i loro cassetti sono pieni di report interni (rigorosamente top secret) che mostrano la scarsa fiducia degli italiani verso il sistema creditizio e la bassa soddisfazione di chi si reca agli sportelli. Il guaio è che dal 15 settembre 2008, giorno del crac Lehman Brothers e dell’inizio della più pesante recessione dal Dopoguerra, le cose non sono affatto migliorate. Anzi. Il superamento o meno del Comprehensive assessment della Bce non sposta di una virgola i termini della questione. Anche se è chiaro che qualcuno è messo peggio di altri. La Popolare di Vicenza, per esempio, dovrà pur chiarire le ombre, messe lucidamente in evidenza dal Sole 24 Ore, riguardanti le operazioni di rafforzamento del capitale: dalla supervalutazione del titolo al modo in cui sono state piazzate le azioni (un imprenditore ha dichiarato che, dopo i suoi no alle reiterate proposte di acquisto, gli sono stati ridotti gli affidamenti).Â
Sempre lì si torna: alla mancanza di trasparenza e al pessimo rapporto con il «parco buoi», come ancora oggi viene chiamato il popolo dei correntisti-risparmiatori-investitori. Secondo l’Adusbef, una delle principali associazioni di difesa dei consumatori, il costo di un conto corrente è di 347 euro all’anno, contro i 114 della media europea. Quanto ai mutui sulla casa, le famiglie italiane sopportano uno spread superiore di un punto e mezzo rispetto al resto d’Europa. Ma il nodo più grave, davanti a una crisi che sembra non finire mai, è rappresentato dalla contrazione del credito. La Cgia di Mestre calcola che dal 2011 al 2014 i prestiti alle imprese si sono ridotti di 89 miliardi (meno 8,9 per cento). Riaffiorano dunque le domande cruciali. Che cosa succederà dopo gli stress test? Il credit crunch è destinato addirittura a inasprirsi?
Già nel febbraio 2012 le banche italiane hanno portato a casa 139 miliardi concessi dalla Bce al tasso dell’1 per cento. Peccato che sul mercato si siano riversati gli spiccioli. Adesso c’è il grande programma varato da Mario Draghi, con i discussi quanto attesi «strumenti non convenzionali». Il presupposto è che le ingenti risorse messe a disposizione, questa volta, finiscano effettivamente a sostenere l’economia reale. C’è da augurarselo. Perché qui a essere stressato è solamente chi varca la soglia di una filiale.
*da Venezie PostÂ
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