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Storie di ordinaria precarietà

Di Andrea Alba Sabato 24 Ottobre 2009 alle 14:33 | 0 commenti

Articolo pubblicato sul numero 168 di VicenzaPiù, da oggi in edicola a 50 cent.

 

La sparata di Tremonti riapre il dibattito su posto fisso e flessibilità
In provincia i contratti a tempo sono quasi 90mila
La storia di un trentenne troppo qualificato per un lavoro stabile


di Andrea Alba

 

Il ministro Giulio Tremonti"I cosiddetti atipici". Collaboratori a progetto, interinali, contratti a termine, lavoro somministrato, sostituti di dipendenti in maternità. Se ne parla in questi giorni, forse a sproposito. Di punto in bianco infatti un ministro dell'Economia e un premier che prima di ieri non avevano mai dato segni di interesse sull'argomento improvvisamente rivalutano l'importanza del "posto fisso", come fondamento di un nucleo familiare stabile e della sicurezza sociale. Ed è un vespaio: da un lato il mondo confindustriale e tre quarti del (medesimo) governo che alzano gli scudi a difesa della legge 30 (varata dal ministro Roberto Maroni nel 2003, più impropriamente conosciuta come legge Biagi) che ha introdotto la flessibilità e regolamentato i contratti atipici; dall'altro il mondo delle organizzazioni sindacali, per una volta apparentemente compatto, che saluta con favore la novità. Perché da tempo all'interno dei sindacati, anche quelli all'epoca in parte favorevoli alla legge 30, si è avviata una seria riflessione sulla "flessibilità". Ma quanti sono i precari vicentini? Un po' di numeri, locali e nazionali, possono inquadrare il fenomeno, quello che sta accadendo e quello che è accaduto. E il racconto, assolutamente vero, di un trentenne vicentino "doc" iper-qualificato può dire più di mille dati.

 

I numeri
Dimostrazione di precariQuanti sono gli atipici? Ma soprattutto, quanti sono i contratti a termine, in rapporto al totale dei "nuovi" contratti? Alla domanda ha iniziato a rispondere nei giorni scorsi il Corriere della Sera, con un articolo che stima (dati Istat) come in Italia oggi l'87% dei rapporti di lavoro sia a tempo indeterminato, e solo il 13% siano i contratti a termine. Dal che, molti ministri rimbeccavano la "boutade" di Giulio Tremonti come un falso problema. Le statistiche però si possono fare in molti modi. Guardando il totale dei contratti di lavoro oggi vigenti in Italia il valore è certamente quello Istat, ma guardiamo anche i dati del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) su quanto i contratti a termine (atipici, sostituzioni di maternità, cococo e cocopro) effettivamente incidano nel complesso delle nuove assunzioni: secondo il rapporto sul Mercato del Lavoro aggiornato a giugno 2009, in Italia negli ultimi tre anni (2006/07/08) i nuovi rapporti d'impiego a tempo indeterminato nel settore privato sono calati di circa 10 punti percentuali rispetto all'immediato passato, mentre le assunzioni "a termine" e variamente temporanee sono salite dal 30% del triennio precedente al 38,1 % del totale. La quota dei rapporti d'impiego considerati "flessibili" - che, è bene ricordarlo, non godono di ammortizzatori sociali - è arrivata vicina al 43% del totale dei nuovi contratti (www.portalecnel.it, il tema e le statistiche sono state recentemente approfondite al congresso Uilcem di Vicenza). Chi già faceva uso dei contratti flessibili ha quindi intensificato la scelta, che è diventata in molte aziende strutturale nelle politiche di assunzione e dell'uso della forza lavoro. La flessibilità, in quest'ultimo caso, diviene precarietà, organica al modello produttivo e gestionale dell'impresa: con tanti saluti alla produttività. Senza la possibilità di avere ambizioni infatti, efficienza ed efficacia vanno a farsi benedire. E' certamente una questione che va analizzata caso per caso, ma analogamente "puzzano" molto di precarietà e sfruttamento anche tante partite Iva: dei sottopagati a parità di prestazione dei lavoratori normali, sui quali l'azienda trasferisce tutto il rischio d'impresa, che accettano pur di lavorare e magari fare il lavoro cui aspirano.

Gli atipici veneti e vicentini
Corteo di precariSecondo dati recentissimi della Cgia di Mestre, sono 271 mila i precari veneti, pari al 12,6% sul totale degli occupati. Un numero in linea con le percentuali nazionali. Il dato vicentino più recente viene da un convegno berico della Nidil Cgil - la sezione dell'organizzazione che si occupa dei precari - del novembre 2008: si stimavano addirittura a quota 89.400 i precari vicentini. Inoltre, la Nidil distingueva nel complesso i "parasubordinati" iscritti alla gestione separata Inps: false collaborazioni nel settore privato e pubblico, falsi rapporti di associazione in partecipazione e tirocini o stage che vengono utilizzati in modo improprio. Secondo la coordinatrice Lia Colpo, questi a Vicenza a fine 2008 erano almeno 21.500, il 24 % sul totale dei precari, 5000 dei quali a rischio di non avere mai un posto fisso.

La storia
Università e master dopo un diploma tecnico, studi all'estero, conoscenza delle lingue straniere (master all'estero), specializzato in marketing e comunicazione commerciale. Pronto a spostarsi da casa, in altre province: l'ha già fatto, ma il posto fisso non arriva. E' la storia di Alberto (nome di fantasia), vicentino "doc" della provincia, classe 1979, trent'anni compiuti da poco. Ogni mattina Alberto parte da Brendola per venire a Schio al posto lavoro, il terzo in sei mesi: una sostituzione di maternità. Il racconto inizia con una constatazione di fatto: «Precariato uguale flessibilità. Le due parole sono sinonimi l'uno dell'altra, la seconda è solo un modo diplomatico di ribadire lo stesso concetto. Ho cambiato tre lavori in sei mesi. Erano tutti lavori a tempo determinato: il primo una sostituzione di maternità, il secondo un contratto a progetto a Mestre, per il quale mi ero trasferito, ora sostituisco di nuovo una maternità». Cosa è successo alla fine del contratto a progetto? «Mi hanno chiesto di farmi la partita Iva. Perché volevano tenermi legato all'azienda, ma pagandomi solo con una provvigione». Un professionista con partita Iva può avere altri clienti. «Non nel mio caso - ride - mi avevano chiesto l'esclusiva. Avrei lavorato solo per loro, con orari da ufficio e straordinari. Ora ho un'altra sostituzione di maternità, a Schio. Non ho prospettive di assunzione a lungo termine, del resto almeno sono stati onesti e non mi hanno illuso: mi hanno detto chiaramente che il contratto finisce quando la dipendente torna». Pacatamente, il trentenne spiega per sommi capi il proprio curriculum. «Dopo l'istituto tecnico, a Vicenza, ho fatto sei anni di università. Quindi un master all'estero, di due anni. La mia è stata una scelta: se avessi deciso di seguire la specializzazione dopo l'istituto tecnico, andando subito a lavorare, oggi avrei un posto fisso. Invece, il motivo per cui non ce l'ho, dopo i miei studi, è che non vogliono pagarmi così tanto perché sono troppo qualificato. Con un titolo di studio da perito trovavi subito lavoro, dodici anni fa ma anche adesso, le aziende vicentine e venete li cercano moltissimo: un ruolo in una piccola impresa, anche in produzione. Io ho avuto delle ambizioni in più, sono andato all'estero per imparare le lingue e diversi modi di fare impresa, e questo ora si sta ritorcendo contro di me. Tanto per essere chiari, mi piacerebbe sposarmi e avere un figlio. Ma anche la mia morosa ha una partita Iva, quindi fin che io non ottengo un posto a tempo indeterminato, non ci azzardiamo a fare il grande passo». Il lieto fine nella storia non c'è. Però, Alberto ha ancora qualcosa da dire. Qualcosa di buono, in tutto questo, lo trova: «L'esperienza umana che mi ha dato il fatto di andare in giro, parlare con persone diverse, vedere altri Paesi mi appaga molto di più che non l'avere un posto fisso dopo il diploma. Perché mi ha dato delle capacità e delle abilità personali che prima non avevo: il confronto con gli altri, la capacità di fare progetti, la capacità di mettersi in discussione, non ultimo una metodologia di lavoro che ti permette di acquisire competenze tecniche in modo molto veloce».

Leggi tutti gli articoli su: posto fisso, Precari, interinali, contratto a progetto

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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