Stefano Lorenzetto e il suo doppio articolo su Gianni Zonin: ecco i tagli inferti dal GdV al suo pezzo su La Verità. E poi taglierà la BPVi
Giovedi 13 Ottobre 2016 alle 22:48 | 0 commenti
«Stefano Lorenzetto, reprimende post datate ed elogi imprecisi a Gianni Zonin: un pezzo su La Verità , lo stesso ma "tagliato" sul GdV. E due titoli contraddittori sul "capitano" BPVi»: così titolavamo lunedì 10 ottobre un "passo doble" dell'attuale editore editoriale veronese de La Verità di Maurizio Belpietro che ha firmato su due quotidiani, quasi, lo stesso articolo, che abbiamo sottoposto alle vostre valutazioni nella nostra nota appena ricordata nota nella versione ridotta (tagliata?) de Il Giornale di Vicenza, con un titolo "amicale", e in quella completa de La Verità **, con un titolo ben diverso e corredata con una foto di Napolitano che premia Zonin... Abbiamo chiesto più volte un colloquio chiarificatore al collega Lorenzetto ma, dopo aver tollerato per rispetto suo e dei nostri lettori qualche risposta sprezzante, che ci dicono tipicamente sua, accogliamo il suo invito: "Se mi elenca «i mille elogi» e «qualche imprecisione», mi fa un regalo".
Ma lo facciamo parzialmente stasera sperando ancora che un navigato e valente giornalista sessantenne come lui, che ha avuto il privilegio della considerazione e degli inviti a pranzo di Zonin e non le sue denunce milionarie contro di noi che abbiamo svelato non i suoi gusti enogastronimici ma le magagne a danno della Fondazione Roi, non abbia timore di parlare con un collega più giovane, non di età , essendo io sessantacinquenne, ma di esperienza.
Lasciando ai lettori il compito di "pesare" i suoi elogi a Gianni Zonin, il grande lavoratore nonchè umano benefattore per come appare nel testo tagliato (e a volte arricchito) del GdV, in cui l'appunto reale che gli viene rivolto è quello di non rendere note le sue (buone?) ragioni per aver abbondonato la nave che affondava pur essendone il "capitano" (noi diremmo il pirata che ha affondato non la sua nave ma quella dei mozzi che avevano affidato la loro sicurezza ai suoi legni marci) sorvoliamo, quindi, sulle sue imprecisioni, tra cui le date: Monorchio divenne vice di Gianni Zonin non nel 2014 ma già nel 2011, la sua "vita" in Usa e il quando e il come della laurea in legge dell'ex presidente per far contenta mammà meritano di essere raccontate a parte, cosa che faremo...
Ma oggi, grazie al lavoro di redazione fatto per noi dalla nostra collaboratrice Sara Todisco, offriamo a lui e ai nostri lettori i tagli effettuati, da lui o dal GdV, al suo pezzo su La Verità , che, senza quei tagli, sembra in effetti più coraggioso e anche un pizzico sfrontato.
Ecco la prima frase tagliata all'inizio del racconto bucolico della sua vita: "Primogenito di otto fratelli. Ogni anno nasceva un figlio. L'unica volta che papà Attilio concesse a mamma Lucia di tirare il fiato fu nel 1940. Ma si sentì in dovere di rimettersi subito in pari nel 1941: due gemelli".
Tagliata perchè? Forse perchè nella Vicenza nel 2016 il fertility day è meno amato di quanto farebbe immaginare l'imprinting vetero cattolico e esibire la "virilità " di papà Zonin offende gli ultimi outing gay, di vertice? Mah?
E poi, elencando i poderi acquisiti nel tempo dal "capitano", il GdV aggiunge genericamente quelli "in Sicilia" per poi tagliare questa frase un po', ma solo un po', più ammiccante a mafia e influenza sul sindaco siculo che in 5 giorni concede al nuovo principe (barone?) vicentino i permessi richiesti: "Quando nel 1998 (è Lorenzetto che parla, ndr) tornai a Gambellara per conto di un altro mensile, A Tavola, Zonin aveva appena investito 25 miliardi di lire in provincia di Caltanissetta, nella zona che detiene il record italiano di omicidi mafiosi, il triangolo della morte tra Riesi, Butera e Mazzarino, regno del clan Cammarata e, prim' ancora, teatro della faida tra il boss Peppe Di Cristina e i corleonesi. Qui da generazioni la parola d' ordine è «ddabbanna», un' espressione di derivazione araba che significa «via, lontano». L'imprenditore aveva fatto l' esatto contrario: ci era arrivato, rilevando il feudo appartenuto ai principi Lanza di Scalea, una delle più antiche casate dell' isola, 210 ettari dai quali i vigneti erano stati sciaguratamente estirpati per coltivarvi pomodorini, melanzane, meloni e, soprattutto, per intascare 28 milioni di lire a ettaro di sovvenzioni pubbliche. In cinque giorni il sindaco gli aveva già rilasciato tutte le licenze per la cantina. Se si ruota il mappamondo, si scopre che Riesi è situata fra il 37° e il 38° parallelo, esattamente come la mitica Napa Valley americana. Anche lì, negli Stati Uniti, Zonin è di casa da oltre 40 anni".
Dove, ecco la frase rimasta che completa l'ammiccamento smussato, temuto?, a Vicenza, "nel 1975 acquistò una tenuta di 400 ettari a Barboursville. Mi rivelò che s' era comprato una Chevrolet nera per girare nella città della Virginia, ma che qualche giorno dopo fu costretto a venderla perché in città la chiamavano «mafia car».
Ma i tagli a... Lorenzetto non finiscono con quelli... inferti alla "mafia" ma continuano a go go sul GdV, che magari ne giusatificherà la necessità prendendo ad esempio quelli di migliaia di dipendenti dalla ex Popolare, la cui affidabilità Marino Smiderle & c. hanno strenuamente sostenuto per anni mentre noi invitavamo a diffidarne fin dal 13 agosto 2010, come dimostra il nostro libro testimonianza "Vicenza. La città sbancata" (a breve arriverà la seconda edizione, dopo l'esaurimento della seconda ristampa a meno di 4 mesi dall'uscita del libro, ndr).
E allora forbici anche per questo parte di testo che descriverebbe un padre rigido e duro con i figli anche se il condizionale è d'obbligo in questo caso da finto dramma: "A proposito di auto. Durante l'intervista per A Tavola, accadde un fatto che mi lasciò sbigottito. L'industriale vinicolo mi chiese di scusarlo un attimo. Fu ammesso nel suo ufficio un venditore della Rover, se non ricordo male. C'erano da scegliere i modelli per la flotta aziendale. Zonin convocò uno dei tre figli, gli mise sotto il naso il catalogo delle vetture e gli ingiunse: «Dà i, scegli quale auto vuoi dare ai rappresentanti. Svelto!». Il ragazzo, imbarazzato anche per la presenza di due estranei, sudava freddo. Puntò l'indice su una fotografia. Il genitore concluse soddisfatto: «Ecco, visto com'è facile? Va bene quella». A distanza di tanto tempo mi sto ancora chiedendo che senso abbia avuto quel crudele siparietto. Forse ci teneva a dimostrarmi di essere un imprenditore illuminato, moderno, il contrario di un accentratore vecchio stampo. Aveva delegato una decisione a suo figlio. Lo aveva «fatto crescere», come amano compiacersi i tycoon. Ma a che prezzo, mio Dio".
Se l'esclamazione "mio Dio", scusateci la divagazione, descrive il sentimento del Lorenzetto verso i "poveri" figli di Zonin, il sensibile collega veronese si suiciderebbe se vedesse qualche figlio delle decine di migliaia di padri, nonni e zii "azzerati" economicamente dal flop delle azioni della banca e messi di fronte al bivio della scelta tra un panino con o senza sopressa?
Ma torniamo ai tagli e il prossimo fa tanto pensare, male, al sussiego di Via Fermi, la sede del giornale confindustriale, verso i proprio editori che fino a giorni fa, e oggi no?, rispondevano al "capitano" silenzioso e ai vari poteri locali: "Del resto il metodo della casa vinicola è sempre stato questo, come potrebbero ben testimoniare procuratori della Repubblica, assessori regionali e sindaci, spesso compagni di caccia del banchiere nella sua tenuta friulana di Ca' Vescovo. I notabili, a cominciare dagli editori quotati in Borsa e dai giornalisti, meglio farseli amici. Nella vita non si sa mai".
Bell'accusa di questa di Stefano Lorenzetto che, ovviamente, "stralcia" il GdV (con il suo editore e i suoi giornalisti dice di fatto Lorenzetto su La Verità ma non sul Giornale di Vicenza) affascinato dai potenti, procuratori della Repubblica, assessori regionali e sindaci che fossero e siano.
Per finire in, somma, gloria ecco il taglio finale, forse il più significativo dell'indifferenza del quotidiano condindustriale verso i lettori che sempre più numerosi lo abbandonano, non si sa se causa o effetto di questa tipica e ingiustificabile censura: "«Maestri di vigna dal 1821», attesta il blasone aziendale. Sette generazioni consacrate al vino. E non uno Zonin che abbia mai sgarrato. Con il vino si celebra la messa. Ma i soldi sono un'altra cosa. Con quelli ti può anche capitare di officiare il sacrificio di un'intera regione. È capitato".
Ma se questo è capitato e diamo atto a Lorenzetto di averlo scritto a chiare lettere sul quotidiano di Belpietro, che sta proseguendo dal 9 ottobre, giorno in cui è stato scritto il doppio pezzo di cui stamo parlando, con una ricostruzione giornaliera della mala gestio di Zonin & c. che conferma quanto raccolto in "Vicenza. la città sbancata", perchè, esimio collega, è capitato che tu abbia firmato entrambe le diversissime versioni?
Ce lo vuoi spiegare?
Grazie
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