«È stato bello", a tutta pagina Repubblica sul volley rosa: si può vincere anche perdendo
Lunedi 13 Ottobre 2014 alle 15:21 | 0 commenti
«È stato bello», è lo "strillo" dell'apertura a tutta pagina dello sport di Repubblica di oggi dopo il quarto posto di ieri davanti a 13.000 spettatori al Forum di Assago e a milioni di telespettatori: un doppio record (nella foto). «Le azzurre del volley - scrive RSport nel sommario che accompagna il corsivo che pubblichiamo a seguire - restano ai piedi del podio, battute dal Brasile nella finale per il bronzo. La la loro avventura ai mondiali ha comunque lasciato un segno indelebile: tre settimane di emozioni e spettacolo che hanno conquistato milioni d italiani. La dimostrazione, semplice e pulita, che si può vincere anche perdendo»
Verrebbe da dedicare anche solo titolo e corsivo a due vecchietti saputelli, ma "ignoranti" di sport e di cosa significhi questa parola.
A due provincialotti che albergano da queste parti e calpestano il palasport, chiamando "palla rilanciata" lo sport che celebrano milioni di italiani e Repubblica.
Ma, ci siamo chiesto, perchè farne i nome che il web poi ricorderebbe per sempre, impacciando i posteri?
Meglio cancellarli quei nomi perchè, così titola Emanuela Audisio il pezzo che segue, «Un altro sport è possibile».
Il direttore
Un altro sport è possibile
di Emanuela Audisio
hakespeare in sport è meraviglioso. Ti attira, ti tira dentro, ti fa soffrire. Muri e respiri. L'Italia del volley donne è quarta nel mondiale in casa. Ha perso con Brasile e Cina. Ma ha vinto perché ha coinvolto: per pulizia di sentimenti, per tentativi di riscossa delle bisbetiche domate, perché lo sport quando ti dà la vita se ne frega di appassire e di morire. Ti concede la sua bella agonia. Che fa audience, quasi più del calcio. In un momento in cui i programmi d'informazione in tv sono nelle sabbie mobili, la pallavolo vola. Senza scandali, senza malizie in copertina. Solo con il patrimonio di un agonismo che non è mai troppo vintage e che non sfrutta il fattore campo (la Polonia al mondiale maschile si è invece aggiudicata il mondiale). C'è una generazione azzurra di donne che dice addio, sfinita e prevedibile, ma che molto ha attraversato, insegnato, e ora può lasciare un'eredità alle altre. In tempi in cui una ragazza in Iran è stata arrestata e imprigionata per voler assistere ad una partita di volley, le ragazze italiane hanno fatto scuola, dimostrando che si può uscire e andarsene di casa per cercare non solo una via sottorete, ma una nuova identità e indipendenza. Erano bambine, ora sono donne. Con case e figli. E non cambia che oggi siano sconfitte (sul campo). Hanno avuto spettatori ovunque: al centro, al sud e al nord. Sono state trasversali: hanno saputo raggrumare l'altra Italia, quella che fa sport di squadra senza isterie, senza ultrà , che non protesta per un punto contestato. Da oggi tocca alle figlie, molto miste, far volare la palla, innovare, cercare altre soluzioni, non accontentarsi del primato europeo. Valentina Diouf, 21 anni, stangona, mamma italiana e papà senegalese, è stata subito abbracciata da tutti, non come Balotelli. L'audience non è un premio di consolazione, ma il segno di rispetto verso uno sport giocato, praticato, ammirato. E su cui si misura (anche) la capacità delle donne di fare squadra. Certo, la Cina ha una coach donna mentre l'Italia da questo punto di vista è ancora assente. Ma il patrimonio c'è.
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