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Si allontana da Generali la Ferak della Palladio di Meneguzzo e di Veneto Banca e Amenduni

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 13 Luglio 2014 alle 12:24 | 0 commenti

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DI Duilio Lui, da Venezie Post
«Usciremo. Anche se non ci sono decisioni, la traiettoria è tracciata. Attendiamo che i prezzi arrivino a valori convenienti». La presa di posizione di Francesco Favotto, numero uno di Veneto Banca, ha portato alla luce un raffreddamento nei rapporti tra Generali e la galassia finanziaria del Nord-Est che già da tempo covava, indicando un’evoluzione inevitabile nei rapporti tra due mondi che hanno preso strade molto diverse nel tentativo di rilanciarsi dopo gli anni della lunga recessione.

Il neo-presidente dell’istituto di credito di Montebelluna è stato chiaro nei giorni scorsi spiegando che non vi sono più le condizioni per giustificare la permanenza nell’azionariato del Leone. Veneto Banca ha bisogno di far cassa (sul piatto delle cessioni c’è in primo luogo la controllata Banca Intermobiliare) per rafforzare il proprio patrimonio e superare gli esami europei, e così non ha più molto senso la quota in Generali, detenuta tramite la partecipazione in Ferak, holding che riunisce un gruppo di imprenditori veneti (è partecipata anche dalla Palladio di Roberto Meneguzzo, la Finint del duo Enrico Marchi e Andrea De Vido, nonché dalle famiglie Amenduni e Zoppas). Ferak detiene direttamente l’1,3% del Leone, oltre a un 2,2% in coabitazione con Crt. Il matrimonio con la Fondazione torinese, avvenuto tramite il veicolo Effeti, è destinato a concludersi appena le quotazioni della compagnia triestina torneranno ai valori di carico (intorno ai 16 euro): la scissione, già deliberata dal cda, consentirà ai due soci di gestire autonomamente la propria quota, rendendo così più facile l’eventuale cessione sul mercato.

La galassia di imprenditoria veneta che ruota intorno a Ferak è stata molto vicina a Generali nella stagione in cui il gruppo assicurativo era guidato da Giovanni Perissinotto, ma i rapporti si sono raffreddati con l’arrivo al timone di Mario Greco. Anche perché quest’ultimo ha da subito messo nel mirino alcune operazioni nei fondi speculativi condotte dalla passata gestione proprio in accoppiata con alcuni soci veneti. Una vicenda che poi è sfociata in un’indagine della Procura di Trieste, ancora in corso.

Le vicende giudiziarie che hanno coinvolto Meneguzzo e la pressione delle authority su Veneto Banca per rafforzare il patrimonio hanno fatto il resto, aumentando il solco tra due realtà proiettate su strade diverse. Da una parte Generali, che sotto la guida di Greco vuole assumere sempre più uno standing internazionale (in questo senso vanno intese anche le nomine manageriali dell’ultimo anno), liberandosi dagli intrecci che avevano caratterizzato la stagione dei “Salotti buoni”, causa secondo il manager napoletano della cattiva performance del gruppo. Dall’altra un nucleo di imprenditori che già da tempo aveva cominciato a sondare nuovi referenti finanziari, e che nelle ultime settimane ha accelerato in questa direzione, dopo aver visto svanire – con l’arresto di Meneguzzo – il sogno di una Mediobanca del Nord-Est. La sponda è stata trovata nel gruppo Intesa SanPaolo, da sempre desideroso di contrastare l’asse Unicredit-Mediobanca-Generali: nelle scorse settimane Palladio ha siglato un accordo con Ca’ de Sass per acquisire una partecipazione paritetica nel capitale di Rina, società erede del Registro Navale, che oggi fa affari soprattutto nel campo della certificazione industrial e ambientale. Rafforzando così un rapporto iniziato nel 2001, con l’investimento di Intesa nel capitale del fondo di private equity Vei (partecipato anche da Generali e protagonista di alcune operazioni contestate a Perissinotto) lanciato dalla stessa Palladio. 

Lo scorso anno, poi, la banca milanese-torinese è diventata azionista della finanziaria al 3%, per poi crescere al 9%. In parallelo, Intesa ha prima ridotto e poi completamente dismesso la quota in Generali, con la quale in passato aveva lanciato iniziative nel segmento del bancassurance. Adesso il gruppo finanziario guidato da Carlo Messina punta a giocare in proprio la partita assicurativa (nel 2013 è diventato leader nel ramo vita e da poco ha lanciato un’offerta nella Rc auto), e in questo senso Generali è diventato un avversario. Da contrastare anche attraverso alleanze sul territorio in cui un tempo dominava il Leone.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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